Chiara Pellegrini, Libero 23/1/2014, 23 gennaio 2014
TORNA IL BRIGATISTA SENZANI: MI PIACE RENZI
Il segretario del partito democratico, Matteo Renzi, è un uomo che piace, anche ai brigatisti. Il sindaco di Firenze, politico per tutte le stagioni, conquista sia a destra che e a sinistra. Lo apprezzano persino le donne, che chiudono un occhio, forse un orecchio, su quelle parole pronunciate quasi avesse una nespola in bocca. Giorgio Armani, Jovanotti, il ct della nazionale Cesare Prandelli, il concittadino Leonardo Pieraccioni e ancora Paolo Bonolis, Fausto Brizzi, l’imprenditore del tessile Brunello Cucinelli e persino l’onnipresente sacerdote della tv Don Mazzi, sono solo alcuni dei suoi endorser più famosi che nel tempo hanno fatto coming out.
Ma gli ammiratori, le conquiste, gli elettori non si scelgono. E così al Mr. Bean nostrano sono toccate le parole di plauso di Giovanni Senzani. Di lui l’ex terrorista ed ex esponente di primo piano delle Brigate Rosse, condannato a sette ergastoli per l’assassinio di Roberto Peci, in un’intervista al settimanale Panorama ha detto: «Ho dovuto ascoltare Massimo D’Alema dire che Renzi non è di sinistra. Perché, lui lo è? È assolutamente ridicolo. Renzi è veloce e un programma lo ha di sicuro. È paradossale che mi trovi qui a lodarlo». Sul segretario del Pd non aggiunge altro. Dei partiti invece parla e spiega che «le Br scardinarono la Dc, ma gli schieramenti che hanno governato fino ad oggi sono peggio di quelli di allora». Pur restando marxista, ha ammesso che «noi abbiamo compreso tardi che il comunismo realizzato è diverso da quello teorico. Solo la borghesia ha saputo usarlo bene: Carlo De Benedetti e Diego Della Valle, loro sì lo hanno capito».
Giovanni Senzani accetta di parlare dopo anni di silenzio. Ha 72 anni, è vedovo. E proprio con la morte della moglie Anna ha scoperto il «dolore di una perdita». Nell’intervista esclusiva, il professore universitario, criminologo ed ex consulente del ministero di Grazia e giustizia ripercorre i momenti che portarono all’esecuzione di Peci, colpevole di essere fratello di Patrizio primo brigatista pentito. Fu Senzani, compagno più tardi di cella dell’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, Ali Agcà, a svolgere in prima persona l’interrogatorio di Peci. L’esecuzione, con 11 proiettili, dopo 55 giorni di prigionia, fu filmata. Senzani viene arre stato il 13 gennaio 1982 a Roma. Del caso Peci dice: «Dovrei dire: scusatemi, ho ucciso? Io non credo nel perdono, non mi permetterei mai di chiedere perdono. Mi sembra un’offesa. Mi sembra pornografico andare davanti a qualcuno, cui hai ucciso il padre o il marito, e chiedere perdono ». Poi aggiunge di essere disponibile di incontrare la figlia di Peci, ma «non davanti alle telecamere come voleva lei». Eppure Senzani è avvezzo alle telecamere, almeno quelle cinematografiche.
L’ex rivoluzionario è infatti protagonista del film di Pippo DelBono Sangue , uscito nelle sale lo scorso 11 gennaio. La pellicola è stata vincitrice del Premio Don Chisciotte al Festival di Locarno e della Menzione d’Onore. Accompagnato da polemiche, retrospettive, eventi e incontri, il film è stato distribuito autonomamente dalla Compagnia Pippo Delbono in un circuito di sale indipendenti. Sangue, che si apre con sfilate di ex arrebrigatisti ai funerali di Prospero Gallinari all’Aquila, è la storia di uno strano incontro: quello tra Delbono e Senzani. Un incontro dove si incrociano le storie di due donne: la madre di Pippo, Margherita, fervente cattolica, ed Anna, la moglie di Giovanni, contraria da sempre alla lotta armata, che ha deciso di accudirlo e sostenerlo nei 23 anni di prigionia. Due donne che muoiono a pochi giorni di distanza lasciando i due uomini feriti e indifesi, improvvisamente soli. E attraverso la morte si parla delle rivoluzioni, del sangue, dell’amore, della vita. «L’amore lo capisci dopo la morte: io l’ho capito quando ho perso Anna», confessa Senzani. Delle rivoluzioni dice: «Come si poteva pensare di cambiare il mondo, di portare in poco tempo il proletariato al comando, quando la borghesia ci ha messo secoli per arrivare al potere? Pensavamo di arrivarci da una scorciatoia, ma abbiamo fallito, La rivoluzione ha fallito». Il futuro è Matteo Renzi.