La Repubblica 23/1/2014, 23 gennaio 2014
E DAVOS ACCENDE UN FARO SU MATTEO
DAVOS — La novità Renzi guadagna spazio e interesse nel club dei potenti di Davos. Merito anche di due articoli, comparsi sul Financial Times, che lo presentano come la persona capace di «rompere i tabù politici con riforme a tutto campo», come l’uomo che darà a Roma «la chance del cambiamento ». Così, nella tavola rotonda dedicata all’Europa che sta uscendo dalla recessione, dove ci sono il banchiere tedesco Weber, l’economista Usa Rogoff, il manager francese Nanterme e il suo collega inglese Sorrell, il presidente dell’Eni Giuseppe Recchi dice di lui che «è molto energico, sta cambiando la scena politica con una nuova spinta e questo potrebbe riattivare gli investimenti. Vediamo cosa succederà».
La platea applaude. Però poi, nonostante gli articoli e nonostante Recchi, è in realtà sempre difficile per un osservatore straniero seguire la politica italiana e i suoi bizantinismi. Così per esempio lo stesso Rogoff, a domanda risponde: «Renzi? Ne ho solo letto un po’ e non posso commentare». Salvo poi aggiungere che l’Italia è un paese che «dà l’impressione di un cambiamento molto lento». Il suo collega Roubini, che invece segue da sempre e più da vicino le storie nazionali, avendo studiato e vissuto in Italia, vede nel neo segretario Pd il nuovo che avanza: «Mi piace, ha buone idee e in Italia c’è bisogno di cambiamenti politici». Stessa sensibilità anche da parte del politologo venezuelano Naim: se la partita per la nuova premiership si svolge tra persone come lui e come Letta beh «il mondo è più tranquillo».
Comunque sia il nome di Renzi risuona nel salone dei congressi, suscita curiosità. È il suo momento, insomma. I big di Davos, d’altra parte, sono abituati ad altri leader: Monti, per esempio, lo conoscevano tutti e qui è stato accolto con tutti gli onori. Anche Letta, per via dell’Aspen e delle sue conoscenze economiche, è guardato con rispetto. Renzi invece nessuno di loro l’ha mai visto. Non ancora, almeno. Ma sanno che ha stilato un job plan e che s’è accordato con Berlusconi sulla legge elettorale: un «male necessario», chiosa il Ft.
Quelli tra loro di origine italiana, pur vivendo altrove, sono attenti e prudenti. Stefano Aversa (Alix Partners) rivela che gli investitori «fanno domande» su Renzi, ma poi alla fin fine la politica nazionale «interessa poco». Davide Serra (Algebris) riconosce che sì, certo, il nuovo leader ha dato una «grande accelerazione» alle riforme, «è riuscito in quattro settimane a presentare una proposta di legge elettorale dopo 8 anni di fallimenti» e, soprattutto, «dice le cose come stanno, tirando fuori un programma in un foglio excel e non in 70 pagine incomprensibili ». A suo modo dunque, è «una rivoluzione ». Ma Serra, e gli interlocutori che abitualmente sente con il suo fondo d’investimento, l’aspettano «alla prova dei fatti». «Attesa e interesse» anche da parte dell’ex ministro Siniscalco, (Morgan Stanley): le sue idee, i suoi plan, spiega, vengono vagliati.