Sergio Romano, Corriere della Sera 23/1/2014, 23 gennaio 2014
TRUMAN E LA CUSTODIA DELLA BOMBA MEGLIO AI CIVILI CHE AI MILITARI
Leggendo le memorie di Harry Truman, risulta che il presidente americano non ebbe alcun dubbio nell’utilizzo dell’arma atomica in Giappone. Dal momento che la Bomba fu esclusivamente nelle mani Usa per almeno altri quattro anni (la prima atomica sovietica esplose nel ’49) rendendo di fatto gli Stati Uniti l’unica vera superpotenza militare in quel periodo, perché Harry Truman subì il ricatto del blocco di Berlino da parte di Stalin?
Riccardo Sigismondi
Caro Sigismondi,
Potrei risponderle che l’uso dell’arma atomica, in quelle circostanze, sarebbe stato del tutto stravagante e irrazionale. I sovietici avevano cominciato l’assedio di Berlino nell’aprile 1948 e avevano nel cuore della Germania una netta superiorità. Mentre i militari di stanza nei settori occidentali della città erano 6.500 (3.000 americani, 2.000 britannici, 1.500 francesi), l’Armata Rossa aveva 18.000 uomini nel settore orientale della capitale tedesca e alle loro spalle, nella Germania orientale, non meno di 300.000. Quale sarebbe stato, in un tale contesto, il possibile bersaglio di un ordigno nucleare? Certo, gli americani avrebbero potuto colpire una grande città dell’Urss. Ma un gesto così dissennato avrebbe reso la reazione dei sovietici in Europa centrale, dove disponevano di forze considerevoli, ancora più ferma, legittima e patriottica. Truman dichiarò più volte che gli americani non avrebbero abbandonato Berlino e non ebbe altra strategia fuorché quella dello straordinario ponte aereo con cui la città venne alimentata sino al giorno in cui Mosca, consapevole dell’insuccesso, levò l’assedio.
Sulla bomba, d’altro canto, Truman aveva maturato idee alquanto diverse da quelle del giorno in cui aveva ordinato il suo primo uso. L’assedio di Berlino coincise con la discussione, in seno all’amministrazione, sull’autorità che avrebbe dovuto custodire l’arma atomica in tempo di pace. Il 21 luglio si tenne alla Casa Bianca una riunione a cui parteciparono, sotto la presidenza di Truman, il segretario della Marina James Forrestal, quattro membri del Commissariato per l’energia atomica, il segretario dell’Esercito, quello dell’Aeronautica e i capi di stato maggiore. Qualcuno citò l’affermazione di uno scienziato secondo cui la bomba era stata costruita per verificarne le capacità, non per essere usata e Truman disse subito di essere d’accordo: «Occorre comprendere — aggiunse — che questa non è un’arma militare. Viene usata per distruggere donne, bambini, persone inermi, non per usi militari. Dobbiamo quindi trattarla diversamente dal modo in cui trattiamo fucili, cannoni e roba del genere». Nonostante queste parole, i militari insistettero perché l’arma venisse affidata alla loro custodia e il segretario dell’Aeronautica, in particolare, sostenne che le forze armate dovevano abituarsi a «maneggiarla». Truman taglio cortò, disse bruscamente che vi erano altre considerazioni di cui occorreva tenere conto e aggiunse: «Questi non sono tempi in cui giocherellare con una bomba atomica». Pensava naturalmente alla crisi di Berlino, ma era chiaro, scrisse nel suo diario un consigliere di Truman (David Lilienthal), che non si fidava dei militari. Ne dette una prova nell’aprile del 1951 quando tolse al generale Douglas MacArthur il comando delle truppe in Corea.