Pierluigi Battista, Corriere della Sera 23/1/2014, 23 gennaio 2014
DA SARKOZY A OBAMA (E FANTOZZI): LA POLITICA DEL SALUTISMO
Come Fantozzi, no. Ma come i grandi leader del mondo, certo, eccome. Il penitenziale passaggio nella beauty-farm assieme a Silvio Berlusconi, la di lui compagna e il di lui cagnolino, sarà durissimo per Giovanni Toti. La scena del celebre impiegato incarnato da Paolo Villaggio che cerca disperatamente di ingurgitare di nascosto un pezzetto di cibo nel tetro centro benessere in cui l’ha segregato il Capo rivivrà nel deambulare affamato di Toti, ma avrà come risultato un traguardo gratificante: una tonicità da far invidia agli statisti oggi in circolazione, una forma invidiabile, chili in meno e agilità da esibire nei prossimi, impegnativi cimenti politici.
Non viviamo più nell’epoca di Winston Churchill, il cui acume di stratega e di grande punto di riferimento della storia britannica non gli ha impedito di concedersi ogni genere di ebbrezza gastronomica e tabagista, lui sempre con il grande sigaro e il whiskey a portata di mano. Viviamo invece nell’epoca del culto salutista in cui anche il leader deve presentarsi come immagine di un «corretto stile di vita» e di un modello sano e vigoroso. Obama ha buttato le sigarette, sua moglie, la neo-cinquantenne Michelle, fa campagne contro l’obesità infantile. Ma l’imperativo della forma fisica è diventato un precetto ineludibile. Berlusconi ha dedicato alla sua immagine una cura quasi maniacale, ciò che tuttavia non ha impedito ultimamente, malgrado arditezze tricologiche e colorazioni del viso accentuate, una certa inclinazione a quello che volgarmente a Roma viene detto «inquartamento», con doppiopetto che tende a stringersi e colletti sempre più soffocanti. Per questo la visita al centro benessere è obbligatoria, e deve esserlo anche per il delfino che non potrebbe presentarsi agli elettori con una mole non consona ai dettami della snellezza che oggi esercitano un’influenza dittatoriale sui comportamenti dei grandi leader.
Indimenticabili le istantanee di Bill Clinton con la maglietta sudata e le guardie del corpo a fargli da protezione mentre sgambettava sia a Washington che nel verde di Central Park nel suo quotidiano esercizio di jogging. Indimenticabili come quelle di Nicolas Sarkozy, per il quale la fitness-mania era diventata quasi una religione e un imprescindibile comandamento fisico e morale. I tedeschi oscillano di più. Helmut Kohl certo non sembrava avere alcun problema con la sua monumentale stazza. Di Angela Merkel non sarebbe elegante segnalare la costanza degli esercizi per tenersi in forma, ma forse un’eco salutista si trova anche nella sua predilezione per lo sci di fondo, attività che peraltro le è recentemente costata la dolorosa frattura del bacino.
Poi c’è la bicicletta. Ai leader moderni e spigliati piace molto farsi ritrarre sulla bici, perché in questo modo si trasmettono due messaggi con un unico mezzo: il messaggio di una corretta coscienza ecologica, contro l’inquinamento, contro i gas di scarico, contro l’odiata automobile, eccetera, eccetera. E poi il messaggio della forma, del movimento fisico, della vita all’aria aperta, della giovinezza, della salute. Il premier inglese Cameron, conservatore nel nome e nella linea politica ma progressista nello «stile di vita», ama farsi fotografare sulla sua bicicletta, con divisa di ordinanza e casco di sicurezza secondo le norme. In Italia essere sindaco progressista e moderno fa tutt’uno con la bicicletta. Poi si può anche sgarrare con Slow Food o Eataly che vanno molto di moda, ma l’importante è mantenere il carattere magro di Matteo Renzi, che nelle sue più vecchie fotografie appare con qualche chilo di troppo. Per cui, forma, dieta, vita sana anche per Toti. Una dura vita di sacrificio. Ma nell’interesse del Paese.