22 gennaio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - CHE SUCCEDE SE SI CAMBIA L’ITALICUM. IL CASO DELLA LEGA
ROMA - Primo rinvio per la proposta di legge elettorale lanciata da Renzi. Il testo della riforma elettorale non è ancora pronto e la sua presentazione in commissione Affari Costituzionali alla Camera slitta a una seduta serale. Lo ha annunciato il relatore Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), che ha chiesto rassicurazioni sulla presentazione del ddl entro stasera. Altrimenti sarà necessario convocare la commissione venerdì, sabato e domenica per rispettare i tempi dell’approdo in aula che, ufficialmente previsto per il 27, dovrebbe slittare al 29.
Il nodo della clausola ’salva-Lega’. La seduta della commissione, inizialmente prevista per le 14, è slittata da un lato perché il Pd sta ancora apportando alcune modifiche al documento. Dall’altro perché Sisto avrebbe chiesto più tempo per lavorare al testo base e per venire incontro alle richieste della Lega che, se si andasse a votare con l’Italicum con lo sbarramento al 5 per cento, rischierebbe di rimanere fuori dal Parlamento. La cosiddetta clausola ’salva-Lega’ starebbe dunque creando qualche problema per la stesura definitiva del testo, tuttora atteso in commissione. La norma, riferiscono fonti parlamentari, riprende infatti un comma del Porcellum, in base al quale un partito, pur non superando la soglia di sbarramento, ottiene comunque seggi se in almeno tre Regioni supera una soglia più alta di quella ordinaria. Dunque premierebbe il Carroccio ma non i partiti diffusi omogeneamente su tutto il territorio nazionale. Ad esempio, da Fratelli d’Italia si fa sapere che se "clausole di ’salvaguardia’ vengono previste per alcuni, non vediamo perchè non valgano per tutti".
Il capogruppo Pd in commissione, Emanuele Fiano, conferma l’esistenza di questo ’nodo’. E una parte dei democratici è contraria. Come il deputato lettiano Francesco Sanna che osserva: "Sinceramente non c’è nessuna ragione perchè ci siano aggregazioni interregionali. La Padania non esiste, quindi, marameo...".
Non tarda ad arrivare la risposta del segretario del Carroccio Matteo Salvini, che su Facebook afferma:
In campo anche Umberto Bossi:"Se ci fanno scomparire dal Parlamento siamo pronti a fare una lotta di liberazione".
Dopo alcune ore di incertezza, Sisto annuncia in una nota che questa sera presenterà "il testo base della legge elettorale perchè possa essere in aula lunedì 27 gennaio. Questa è la data che, in assenza di formali delibere della conferenza dei capigruppo che differiscano tale data, sarà rispettata". E nega che nel testo ci sia la norma per salvare il Carroccio: "Quanto alle voci sulla presenza nel testo base di una clausola cosiddetta ’salva lega’, posso riferire che si tratta di notizie prive di fondamento".
Le altre forze politiche. Il leader di Sel Vendola avverte: se arriva in Parlamento così com’è stato presentato "votiamo no". Quagliariello ribadisce: sulle preferenze il Ncd non molla. Il ministro D’Alia aggiunge: "Liste bloccate da abolire". Il collega Mauro ripete: "Alzare la soglia per il premio, sì alle preferenze". E il relatore di Sc sulla legge sul finanziamento ai partiti Alessandro Maran lascia il proprio incarico in polemica con Renzi. Mentre sul blog di Beppe Grillo gli iscritti al movimento votano fino alle 19 il referendum online sulla riforma elettorale.
Lo scontro nel Pd. "Nel Pd la democrazia interna è praticata. Rischio scissione? Assolutamente no". Così Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria del Pd, parlando stamattina con i giornalisti al suo arrivo alla riunione della segreteria del partito.
Sulla successione del dimissionario Gianni Cuperlo alla presidenza del Pd, Guerini sottolinea: "La presidenza viene decisa dall’assemblea, voteranno i membri. Cuperlo credo si trovasse stretto tra le funzioni di presidente e il ruolo di riferimento della minoranza interna. Supereremo questa situazione, non mi pare molto drammatica".
Da Parigi, a margine di un convegno della fondazione Jean Jaures, interviene anche Massimo D’Alema a rimarcare la sovranità del Parlamento sul tema delle riforme istituzionali: "Che ci sia la volontà comune di arrivare a delle riforme è certamente un fatto molto positivo -aggiunge D’Alema - si è aperto un processo che spero si concluda con le migliori soluzioni. Certo, naturalmente nella libertà del Parlamento di approfondire, correggere, decidere, secondo le regole democratiche normali".
I malumori della minoranza dem. Intanto esponenti dem della minoranza del partito continuano a manifestare insofferenza. Come il deputato Cesare Damiano che, intervistato nel corso della Telefonata di Maurizio Belpietro, ha detto di non volere "un partito a comando unico Ma questo vale sempre in democrazia. Abbiamo una nostra autonomia non siamo dei passacarte e facciamo delle osservazioni di merito". O come la senatrice Doris Lo Moro, capogruppo Pd in commissione Affari costituzionali, che non esclude dimissioni nel
caso in cui il testo della riforma elettorale dovesse arrivare blindato alla discussione parlamentare. Più ottimista Danilo Leva, ex responsabile giustizia della segreteria Bersani, secondo cui "con la riunione dei deputati che si è tenuta ieri sera abbiamo fatto un passo in avanti. Credo che il segretario abbia ben compreso come le nostre posizioni, nel merito della proposta che è riuscito a mettere in campo, non vogliono ostacolare l’opportunità di raggiungere un risultato straordinario. Ci siamo parlati a viso aperto. Ora si può lavorare per migliorare la proposta e tutti insieme puntare al successo del pd in questo difficile passaggio". Quanto a Pippo Civati, ribadisce questa mattina a Radio 24 quel che aveva già precisato ieri, ossia di non avere intenzione a prendere il posto di Cuperlo alla presidenza. E tra i possibili successori fa i nomi, già circolati, di Guglielmo Epifani e della vicepresidente prodiana Sandra Zampa. Più tardi scrive anche un tweet: "Preferirei di no", citando la celebre frase di Bartleby lo scrivano, protagonista di un racconto di Herman Melville.
Prossima settimana documento per Agenda 2014. Il Pd terrà la prossima settimana una direzione nella quale verrà approvato un documento con le proposte del partito per la realizzazione di ’Impegno 2014’, cioè il programma del governo Letta per il prossimo anno.
Avviso ai Dis-Informatori di professione.
La Lega non ha bisogno di "aiutini" o leggi elettorali fatte su misura: il consenso lo chiediamo ai Cittadini, alla luce del sole, non con accordi o accordini "salva Lega".
La Lega si occupa dei problemi del LAVORO, lasciamo volentieri al PD i litigi sulla legge elettorale e le chiacchiere (per fortuna solo quelle) della sciura Kyenge.
CRISI ELECTROLUX - REPUBBLICA.IT
MILANO - La crisi Electrolux spacca il Pd. Il presidente del Friuli Venezia Giulia, la renziana Debora Serracchiani, chiede le dimissioni del ministro dello Sviluppo economico, il bersaniano Flavio Zanonato, che a stretto giro di posta le risponde picche. "Nella gestione della crisi Electrolux - dice la Serracchiani - il ministro Zanonato ha dimostrato di non avere l’equilibrio necessario per ricoprire il suo delicato incarico: dovrebbe dimettersi". A scatenare Serracchiani, membro anche della direzione nazionale del Partito democratico, sono state le affermazioni del ministro secondo cui "i problemi e le difficoltà del gruppo svedese riguardano solo lo stabilimento di Porcia e non quello di Susegana". Tradotto: lo stabilimento a rischio nel nord est sarebbe quello friulano e non quello veneto. Ma, qualche minuto dopo, su Twitter Zanonato è perentorio: "Mia nota a Zaia dice il contrario di quanto ha inteso la Serracchiani. Mi concentro su Porcia, le polemiche sono dannose". Sempre su Twitter, il segretario della Lega, Matteo Salvini, annuncia una mozione di sfiducia del Carroccio nei confronti del ministro. La partica che riguarda il colosso svedese di elettrodomestici resta complessa. In Italia la società, infatti, ha quattro stabilimenti per i diversi settori produttivi: a Porcia (Pordenone) sono occupati 1.200 operai che producono lavatrici, a Susegana (Treviso), 1.000 occupati per i frigoriferi, a Solaro (Milano), 900 unità per le lavastoviglie e a Forlì, 800 persone che fabbricano forni
e piani cottura.
Lo scorso anno la società ha avviato una verifica sulla fabbriche italiane che si concluderà ad aprile, ma la convinzione è che le problematiche più gravi riguardino proprio Porcia. L’azienda intende infatti concentrare i suoi investimenti futuri sui prodotti con maggiori possibilità di crescita e con più ampie prospettive di profittabilità nelle aree del built-in e dell’home comfort, con la riorganizzazione dei suoi uffici a livello europeo. Il progetto, che dovrà essere concluso entro il 2015, prevede un’organizzazione meno complessa, più veloce ed efficace nel raggiungere e gestire il mercato. In Italia, in particolare, coinvolgerà 200 dipedenti (7.500 gli esuberi a livello globale) distribuiti tra vendita e marketing, information technology, progettazione, industrial design, amministrazione, supply chain e logistica.
"Come presidente di Regione - ha proseguito Serracchiani - devo esprimere un vivissimo rammarico per la condotta tenuta dal ministro Zanonato, che ha preferito saltare tutti i livelli di mediazione, inclusi quelli istituzionali, credendo di risolvere la crisi buttando a mare lo stabilimento di Porcia. Per noi è inaccettabile il metodo e soprattutto il merito. Ricordo che il 26 novembre in prefettura a Trieste, alla mia presenza, il ministro ha assicurato ai lavoratori di Electrolux che sarebbe andato in visita a Porcia: siccome lo stanno ancora aspettando, ci vada lui ora a dirgli che solo loro devono chiudere".
A Roma, invecec, il presidente di Unindustria Pordenone ha incontrato Zanonato e ha annunciato che "il Governo sta elaborando una proposta di intervento sulla vertenza Electrolux che tiene conto delle proposte avanzate da Unindustria". Nel corso dell’incontro, Zanonato ha ribadito il proprio impegno a individuare, in tempi rapidi, misure di intervento utili alla risoluzione dei problemi di competitività evidenziati dal gruppo Electrolux, tenendo in considerazione le proposte sulla flessibilità e sulla riduzione del costo unitario del lavoro proposte da Unindustria.
CORRIERE.IT
ROMA - Primo rinvio e primo intoppo per la commissione Affari costituzionali della Camera che mercoledì alle 14 avrebbe dovuto iniziare ad esaminare il testo base della legge elettorale Renzi-Berlusconi. Ma il testo non è ancora pronto e la seduta è slittata alla sera. Motivo non ufficiale: gli uffici della Camera che assistono il relatore Francesco Paolo Sisto (FI) stanno cercando di confezionare la cosiddetta norma «salva Lega».
Il Carroccio, infatti, con lo sbarramento al 5% per i partiti coalizzati rischia di rimanere fuori dal Parlamento se si andasse a votare con l’Italicum (la legge Renzi-Berlusconi, appunto) visto che alle ultime elezioni di febbraio 2013 il bottino fu assai magro: 3,9% a livello nazionale.
REAZIONI - Amaro il commento di Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia): «La cosa strana è che Berlusconi vuole salvare la Lega e ammazzare gli altri alleati». Di segno opposto l’intervento del neo segretario leghista, Matteo Salvini: «La Lega non ha bisogno di “aiutini” o leggi elettorali fatte su misura. Il consenso lo chiediamo ai cittadini, alla luce del sole, non con accordi o accordini “salva Lega”».
UN AIUTINO PER LA LEGA - Maria Elena Boschi, la responsabile del settore riforme del Partito democratico, ha chiesto lumi ai colleghi del Senato. In particolare alla senatrice Doris Lo Moro (Pd) che fino a qualche settimana fa era relatrice insieme a Donato Bruno (FI) del cosidetto «pillolato», ovvero il penultimo schema della legge elettorale. In quel testo, la norma «salva Lega» prevedeva che, alla Camera, superano lo sbarramento nazionale anche i partiti che raggiungono il 10 per cento in tre circoscrizioni e, al Senato, i partiti che ottengono il 15 per cento in una Regione. Questa norma, concordata a suo tempo al senato tra Pd, FI e Lega, dovrebbe essere il punto di caduta anche nel testo Renzi-Berlusconi. Il problema infatti ora si ripropone e il Carroccio ha fatto le sue richieste all’alleato di Forza Italia anche perché il risultato di febbraio 2012 ha prodotto un esito incerto: tanto da mettere a rischio la stessa costituzione dei gruppi parlamentari della Lega che, non avendo parlamentari e senatori sufficienti, hanno dovuto chiedere in prestito due senatori e due deputati. L’aiutino per il Carroccio è arrivato da un drappello di parlamentari eletti in Sicilia. I gruppi infatti si chiamano Lega e Autonomie.
LE PLURICANDIDATURE - Un altro problema messo sul tavolo dai rappresentanti del Nuovo centro destra di Angelino Alfano è quello delle multicandidature che però potrebbe presentare profili di costituzionalità. L’Italicum prevede un meccanismo casuale che non mette direttamente in collegamento i voti espressi e il candidato eletto. Non sapendo dove scatta il quorum (visto che il riparto dei seggi è nazionale su base proporzionale) il partito di Alfano ritiene irrinunciabile la necessità di poter presentare i candidati forti in più collegi.
SEI MILIONI DI VOTI AL MACERO - Secondo una simulazione prodotta dal deputato Pino Pisicchio (Centro democratico) la legge Renzi-Berlusconi farebbe entrare in Parlamento (se si utilizzano i risultati di febbraio 2012) soltanto 4 partiti: M5S, Pd, Pdl (oggi Forza Italia più Ncd di Alfano), Scelta civica. In totale, puntualizza Pisicchio, «questi 4 partiti hanno raccolto 27,4 milioni espressi su 34 milioni. Ne consegue che con questo nuovo modello elettorale 6,6 milioni di italiani rimarrebbero senza rappresentanza in Parlamento».