Giovanni Cocconi, Europa 22/1/2014, 22 gennaio 2014
RENZI EREDE DEL CAIMANO O LIBERATORE
Nel giorno dello sciopero delle firme di Repubblica non c’era davvero bisogno di nome e cognome per capire che l’editoriale che campeggiava in prima pagina (“Una svolta di sistema”) esprimeva la linea della direzione, di Ezio Mauro e del suo vice Massimo Giannini, probabilmente l’estensore materiale del commento. Ma con altrettanta evidenza saltava agli occhi la paurosa sterzata rispetto alle parole lette sulle stesse colonne solo 48 ore prima.
Se per Eugenio Scalfari il Pd non c’è più, c’è solo Matteo Renzi e un Renzi sempre più simile a Berlusconi, per Mauro-Giannini al segretario del Pd è riuscita in un mese un’operazione «che la politica insegue vanamente dal 1993», cioè dal referendum Segni, «un ponte finalmente gettato verso la Terza Repubblica». Per il “fondatore” il patto del Nazareno tra Matteo e Silvio ha rappresentato un simbolico passaggio di testimone tra il Cavaliere e il suo erede politico, entrambi «capaci di incantare la gente», con la differenza che il primo «è vecchio e fisicamente un po’ provato» mentre il secondo «è giovane e quindi più efficace». Per la direzione, invece, il cantiere aperto dal segretario del Pd è «un enorme passo avanti per una democrazia bloccata per cinquant’anni dal fattore K e per 20 anni dal fattore B»: Renzi è colui che può finalmente aprire una nuova stagione e chiudere il ventennio berlusconiano.
Il dualismo Mauro-Scalfari non è una novità assoluta per il giornale della sinistra italiana. Con il Cavaliere a palazzo Chigi era tutto più facile. Già in alcuni passaggi parlamentari, per esempio sul caso Cancellieri, si era misurata la distanza tra i due, con il direttore che chiedeva le dimissioni del ministro e il fondatore che lo difendeva in nome della stabilità del governo voluto da Giorgio Napolitano. Con l’arrivo al Nazareno del Rottamatore, però, le due linee sono sempre meno conciliabili, non solo e non tanto per l’endorsement renziano dell’editore Carlo De Benedetti, quanto perché il giornale-partito per eccellenza nella sua storia ha sempre puntato le proprie fiche su un leader, di volta in volta colui che sembrava incarnare il rinnovamento e la modernizzazione, anche prendendo qualche abbaglio.
Al tramonto del ventennio berlusconiano, con un Renzi considerato da alcuni l’erede del Caimano e da altri il liberatore dal Caimano, trovare la quadra è più complicato. Di qui il disorientamento che può prendere sempre più spesso chi legge il quotidiano di largo Fochetti. La rupture renziana sembra aver spiazzato anche le principali firme del giornale, tra le quali Renzi ha strappato aperture di credito sorprendenti (come quella di Michele Serra) e stroncature clamorose come quella di un giornalista senza una storia di sinistra come Francesco Merlo. Ogni giorno ha il suo Renzi. Ci dovremo abituare a una Repubblica à la carte?