Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 22/1/2014, 22 gennaio 2014
FASSINA QUALE?
Stefano Fassina dice che si è “vergognato come dirigente Pd nel vedere l’incontro di Renzi con Berlusconi”. E nessuno meglio di noi lo può capire. Del resto, già dopo le elezioni dell’anno scorso, il 5 marzo 2013, aveva proclamato: “Noi non siamo disponibili a sostenere un governo col Pdl, lo consideriamo incompatibile sul terreno della ricostruzione morale che deve avvenire nel Paese. Se da Grillo non c’è disponibilità a sostenere un governo presieduto da chi è arrivato primo alle elezioni, è inevitabile un altro passaggio elettorale”. L’aveva ribadito due giorni dopo: “Non siamo disponibili ad alcun accordo con il Pdl. Se non ci sono le condizioni per fare un governo di cambiamento con il M5S, si deve tornare alle elezioni”. E il 20 marzo: “Noi un governo con un partito che convoca i parlamentari davanti al tribunale e compra i deputati non lo faremo mai”. E il 10 aprile: “Berlusconi è inaffidabile. Nessun governo è possibile con il Pdl. I tavoli per il capo dello Stato e per il governo devono restare diversi”. Due settimane dopo nacque il governo Letta e lui niente, tetragono: “Non ne faccio parte perché è prevalsa la continuità col governo Monti che una figura come la mia non poteva garantire”. Due giorni dopo entrò: viceministro dell’Economia. E risolse il lacerante conflitto interiore con la supercazzola: “Noi scommettiamo sulla nostra cultura politica alternativa al berlusconismo, ma autonoma dal berlusconismo. Una cultura politica in fieri, segnata da contraddizioni. Ma autonoma e sufficientemente forte per affrontare la sfida del governo di compromesso e respingere la reazionaria retorica dell’inciucio dei Travaglio e della Trilateral Grillo-Casaleggio e Associati” (l’Unità, 17 maggio). Alternativo al berlusconismo, autonomo dal berlusconismo, ma alleato di Berlusconi, il Fassina double face si fece fotografare a fine giugno sulla copertina di Panorama per un’intervista doppia con Renato Brunetta: “La strana coppia. Brunetta e Fassina: la nostra grande intesa”. Due gocce d’acqua, due gemelli siamesi. Brunetta: “La pensiamo allo stesso modo sull’Europa e sul futuro dell’Europa”. Fassina: “Ma non basta: molto simile è anche la nostra analisi sul passato. È maturata in questi anni col Pdl una valutazione condivisa. Una straordinaria possibilità di dialogo fra di noi, una posizione di forza per il governo Letta”.
Brunina: “Fassina ha ragione!”. Fassetta: “Un grande passo avanti culturale, perché oggi destra e sinistra insieme hanno il merito di aver rimesso in moto la politica”. Purtroppo c’era ancora chi non coglieva i balsamici effluvi delle larghe intese. Chi? Per Brunetta “Repubblica e De Benedetti”. Per Fassina “quel filone che ha vissuto di antiberlusconismo e che, in parte, è penetrato anche nel nostro mondo... e nel momento dell’accordo col Pdl ha perso la sua ragion d’essere: Travaglio e il Fatto. Per loro ogni accordo, compromesso, scelta responsabile sono un inciucio”. Brunetta: “Stefano dice bene”. Il duo annunciò un patto d’acciaio contro l’aumento dell’Iva (che puntualmente aumentò). E si corrispose amorosi sensi anche sulla giustizia. “A Palermo o altrove – tuonò Brunetta – atti coperti da segreto, e tanto più se riguardavano Berlusconi, passavano ai giornali in tempo reale facendosi beffe della legge”. ”Brunetta – flautò Fassina – afferma cose più che ragionevoli”. Il 25 luglio, vigilia della sentenza di Cassazione sul Cavaliere per frode fiscale, il viceministro Pd giustificò “l’evasione di sopravvivenza” causata dalla “pressione fiscale insostenibile”. E mancò poco che il capogruppo Pdl lo baciasse: “È quel che dice sempre Silvio”. Poi Fassina accusò Renzi di “ripetere a pappagallo ricette di destra” e di essere “come Berlusconi”. Il 4 gennaio lasciò il governo sbattendo la porta. Ma non contro l’alleato pregiudicato (dal 1 agosto), bensì contro Renzi, neosegretario del suo partito. Ecco perché Fassina si vergogna tanto: non perché Renzi ha incontrato Berlusconi, ma perché Berlusconi ha incontrato Renzi.