Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 22 Mercoledì calendario

LA DIFESA RISPARMIERÀ UN MILIARDO IN 10 ANNI


Per la Difesa ci sono in ballo risparmi da un miliardo di euro in dieci anni. «Minori esigenze di spesa» precisano i tecnici del ministero. Una scommessa, comunque, enorme: incide sul destino di tre forze armate, di decine di migliaia di militari, di un sistema con una storia ultracentenaria che non cambia – e non si fa cambiare – soltanto con una legge e più decreti. Una rivoluzione che necessita di moltissimi atti e provvedimenti mentre punta a riequilibrare strategie e obiettivi.
«In realtà abbiamo inciso nella carne viva» ammette il ministro Mario Mauro, fresco di approvazione definitiva di due decreti legislativi a Palazzo Chigi del riordino dello strumento militare, la legge 31 dicembre 2012 n. 244 voluta dal suo predecessore, Giampaolo Di Paola. La sfida degli investimenti sulla ricerca, la formazione, l’innovazione e il rilancio dell’industria della Difesa si condensa in tre numeri magici: 50-25-25. Sono le percentuali di ripartizione delle risorse a bilancio del ministero destinate a regime, nel 2024, al personale, all’esercizio e agli investimenti, secondo la riforma. Oggi, invece, sono ripartite in ben altro modo: 70-12-18. Non solo soltanto numeri, c’è un cambiamento di scenario e di visione strategica che deve dimostrare di arrivare in porto.
In realtà, mentre porta avanti il progetto Di Paola, Mario Mauro prova a guardare oltre. «Tocca al Parlamento, nella sua piena titolarità, stilare un libro bianco sulla Difesa e ci auguriamo che possa avvenire presto, già nelle prossime settimane. Oggi, con i provvedimenti approvati e in approvazione, non stiamo a rivedere il nostro modello. Ma si tratta invece di un processo necessario, che spetta alle Camere, nel loro protagonismo, indicare. Per definire un assetto strategico in linea con l’integrazione europea, un’interazione differente con i nostri alleati, un sistema diverso delle competenze, gli obiettivi nazionali e gli scenari geopolitici internazionali dei prossimi 30 o forse 50 anni. Il nuovo modello di Difesa italiana, appunto».
È un quadro più ampio dove anche l’industria italiana militare può e deve giocare un ruolo molto più ampio. Ma già con l’applicazione della legge n. 244 del governo di Mario Monti le imprese del settore Difesa possono scommettere in un rilancio: se davvero, anche grazie alle «minori esigenze di spesa» nei prossimi anni, circoleranno più risorse sugli investimenti.
«Stiamo parlando, in molti casi, di imprese di eccellenza assoluta non soltanto in Italia ma anche nel mondo. È scontato che la sfida sull’efficienza e la competitività tocca a noi come al settore privato. Ed è altrettanto scontato che il mio ministero non può che avere procedure rigorose sugli appalti - sottolinea Mauro - aperti anche all’estero. Resta comunque logico e fondamentale che il lavoro in atto punta a rinnovare le tecnologie, a stimolare la ricerca, a migliorare la conoscenza».
È un impegno politico non da poco che deve fare i conti «con i tempi lunghi delle riforme» nonché le trappole infernali delle norme e della burocrazia. Non è uno scherzo, per esempio, stabilire la soppressione del 31,52% delle strutture di Esercito, Marina e Aeronautica: implica 368 provvedimenti collegati, di cui 166 sono soppressioni e 202 riconfigurazioni. Le cifre della riduzione del personale sono note: tra il 2016 e fino al 2024 i militari si riducono di 20mila unità per arrivare a regime a 150mila; i civili di 7mila800 unità, da 30mila attuali a 20mila.
Mauro però chiede di allargare la visione «mantenendo comunque al centro la persona, la sua professionalità, la sua qualità di lavoro e di vita. Del resto siamo un caso del mondo di "modello italiano" di peace-keeping. I risparmi dovranno essere reinvestiti anche per il personale. Ora però dobbiamo tenere presente che se 30 anni fa i due terzi delle Forze Armate erano dislocate tra Friuli-Venezia Giulia, Veneto e Trentino-Alto Adige, oggi sono soprattutto in Campania, Sicilia e Puglia. Per forza: lo scenario si è rivoluzionato, l’area euromediterranea è al centro delle linee di instabilità che giungono dal Nord Africa così come dall’Est».
Ma tornando ai conti italiani del ministero guidato da Mauro, tra le norme dei due decreti appena varati spunta anche una novità: la «valorizzazione d’onore» - così l’hanno chiamata - degli immobili militari da rendere disponibili al mercato.
Fallita - tranne rare e volenterose eccezioni - l’offerta agli enti locali, il sistema di immobili e altre strutture della Difesa da decenni oggetto di ipotesi di vendita, o di dismissioni, o di altre operazioni più o meno rimaste al palo, tenta una nuova strada. Si offre ai privati la possibilità di acquisire con una concessione decennale, a titolo gratuito, una delle unità messe a disposizione dal ministero, se agli enti territoriali non interessa. Il privato ha l’onere di valorizzare e utilizzare l’immobile per la durata della concessione. C’è una lista di 800 unità già pronta.
marco.ludovico@ilsole24ore.com