Anna Maria D’Urso, Corriere della Sera 22/1/2014, 22 gennaio 2014
IL MARCHIO AERONAUTICA? VALE 2 MILIONI
Il giubbotto da pilota ha più appeal della T-shirt da marinaio. Il marchio dell’Aeronautica fattura più di quello della Marina. La storica rivalità tra i reparti delle Forze Armate si combatte sul campo del merchandising. La Marina concede di usare l’immagine dell’Amerigo Vespucci nella pubblicità di un orologio. L’Aeronautica risponde prestando un’intera unità per lo spot Fastweb: le Frecce Tricolori. Anche Lapo Elkann punta alla pattuglia acrobatica: è in fase avanzata la trattativa con Italia Independent per una linea di occhiali dedicata alle Frecce.
Con i piloti anche le royalty decollano: «Per il 2014 è previsto un incremento del 40% dell’importo del 2013 delle royalties militari», dice Roberto Grassi, titolare di Plg (Professional licensing group) la società che si è aggiudicata, tramite gara, l’affidamento della licenza d’uso e lo sfruttamento commerciale degli emblemi dell’Aeronautica Militare, dell’Esercito Italiano e della Marina Militare. «La vendita di scarpe, orologi, accappatoi, con i simboli delle Forze Armate è in crescita costante», continua Grassi, «l’importo delle royalty dei marchi di Aeronautica, Marina ed Esercito nel 2012 è stato di circa 2,3 milioni; è salito a 3,6 milioni nel 2013». Il mito della divisa fa cassa: il valore dei contratti viene corrisposto a Difesa Spa, una società creata per gestire l’autofinanziamento delle Forze Armate. Il marchio più redditizio è quello dell’Aeronautica, con un logo creato ad hoc per l’abbigliamento: l’aquila d’oro ad ali spiegate sulla scritta Aeronautica Militare. «Nel 2014 i diritti frutteranno all’Aeronautica Militare circa 2 milioni e mezzo», dice Grassi. Al secondo posto per fatturato-stemma c’è la Marina Militare (un milione e mezzo di incasso da diritti). Per l’Esercito Italiano è di circa 700 mila euro. «Ogni Forza Armata dispone della somma ricavata dal proprio marchio, cifre destinate alla manutenzione degli immobili e all’acquisto di equipaggiamenti», dice Lino Girometta, amministratore delegato di Difesa spa. «L’importo delle royalty 2014 dovrebbe essere di circa 4,6 milioni, comprensivo degli introiti del marchio Carabinieri». Il più difficile da vendere: per motivi di sicurezza il simbolo dei Carabinieri non può essere stampato su magliette e giubbotti ed è gestito da Difesa spa che, per la prima volta nel 2013, l’ha concesso in uso a ditte di giocattoli e prodotti alimentari. Impensabili, fino a pochi anni fa, le mega insegne dei monomarca Marina Militare (della ditta Iccab srl) e Aeronautica Militare (dell’azienda Cristiano di Thiene spa). I negozi Marina Militare (con i brand Aviazione navale, Reggimento San Marco e Amerigo Vespucci) sono 40 solo in Italia. Stile hangar le vetrine di Aeronautica Militare, con 20 monomarca in Italia e 20 all’estero. «Quest’anno apriremo altri 10-15 monomarca, in Russia, nei Paesi arabi e in Nord America», dice Armando Pio Sperotto, proprietario con il fratello Paolo dell’azienda che da più di 30 anni produce giubbotti per i (veri) piloti dell’Aeronautica. Dal 2004 producono collezioni moda per uomo, donna, bambino, con il gettonatissimo stemma delle Frecce Tricolori.
Grassi, titolare di Plg, il primo a intravedere le potenzialità commerciali dei marchi militari, guarda al futuro. «Si è aperta la fase due delle royalty: l’unione di due brand forti con caratteristiche in comune. I brand delle Forze Armate possono veicolare l’idea di incisività operativa, di sicurezza, di energia. Possiamo stipulare contratti con banche, assicurazioni e, nel food, con energetici e integratori». Tutto fa spot. Max Biaggi ha testato i pneumatici Pirelli sul ponte della portaerei Cavour. Sul sito del Meteo dell’Aeronautica compaiono spazi pubblicitari. Il Faro di Capo San Marco (Oristano) della Marina è stato affittato come location per «Una piccola impresa meridionale», l’ultimo film con Rocco Papaleo e Riccardo Scamarcio. Le Forze Armate costano allo Stato circa 20 miliardi all’anno. Nel 2014 prevedono di guadagnare 4,6 milioni cedendo stemmi, emblemi e distintivi militari. «Non abbiamo la pretesa di risolvere tutti i problemi di bilancio della Difesa. I 15 milioni di fatturato che ci prefiggiamo di realizzare quest’anno, non solo con i marchi, rappresentano una risorsa significativa, soprattutto in tempi di spending review, da mettere a disposizione per la realizzazione di diversi progetti delle Forze Armate», sottolinea Lino Girometta, ad di Difesa spa.
Il vero business per Esercito, Marina e Aeronautica sembra essere il ritorno d’immagine, la visibilità ottenuta abbinando i simboli storici a prodotti di qualità. Come dire, pubblicità a costo zero. Anzi, con un guadagno di quasi 5 milioni di euro.
Anna Maria D’Urso