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 2014  gennaio 22 Mercoledì calendario

MINACCIARE E SCREDITARE I «NEMICI» IL TERRORISMO MEDIATICO DEI NOTAV

Secondo gli esperti del nostro Antiterrorismo la strategia dei violenti No-Tav per neutralizzare critici e avversari è chirurgica. Consiste nel prendere un nemico, isolarlo, sovraesporlo e togliere credibilità al suo lavoro. A questi ingredienti se ne aggiungono altri: intimidazioni ai famigliari o aggressioni fisiche. Il medesimo piano vale per magistrati, cronisti, politici, forze dell’ordine. Le informazioni sui bersagli, inseriti in speciali black-list e dossier, vengono raccolte da una specie di intelligence illegale formata da hacker e infiltrati in banche, tribunali o giornali. Tutti rigorosamente anonimi. Militanti che prediligono le azioni notturne, meglio se incappucciati. L’ultimo esempio in ordine di tempo è arrivato il 5 gennaio scorso, quando un gruppo di questi ardimentosi ha lanciato bombe carta nel giardino di casa di Massimo Numa, cronista della Stampa, da un decennio impegnato nel raccontare fatti e misfatti dei NoTav. L’8 gennaio gli hanno spedito via email la rivendicazione con allegati spezzoni dei video-pedinamenti a suo danno, realizzati dal 2011 al 2013. Su internet finiscono l’indirizzo di casa, il numero di cellulare e questo messaggio di accompagnamento: «Quest’anno Massimino ha fatto (ancora) il cattivo e la befana ha portato solo carboni (ancora ardenti ahimé). Passa anche tu a portare il tuo carbone a Massimino».
IL BERSAGLIO
Il cronista diventa così un bersaglio da additare al primo folle di passaggio. Echeggiano nelle orecchie le recenti dichiarazioni dell’anarcoinsurrezionalista torinese Alfredo Cospito, il quale, dopo aver gambizzato l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, ha detto in aula: «Ci volle poco a scoprire dove abitava Roberto Adinolfi, cinque appostamenti bastarono. Non c’è bisogno di una struttura militare, di un’associazione sovversiva o di una banda armata per colpire chiunque». Un’idea che può attecchire facilmente in cervelli labili. I «carboni ardenti» non sono però stati il solo regalo ricevuto dal cronista. Gli hacktivisti di Anonymous anarchist action hanno bucato la posta della sorella e hanno messo in Rete la corrispondenza personale dei due fratelli. Il 3 ottobre Numa ha ricevuto un omaggio ancora più sgradito: un hard disk pieno di nitrocellulosa, pronto a esplodere. Un gingillo che solo per un caso fortuito è stato disinnescato dalla Digos di GiuseppePetronzi. «Questi attacchi, dall’ordigno alle “istruttorie” in stile br, la diffamazione, le offese personali» continua Numa, «hanno un solo scopo: toglierti di mezzo in qualche modo». E non per forza fisicamente. Sul nemico viene sparato un riflettore, lo si coinvolge a livello personale, così da togliergli la serenità e metterlo in difficoltà sul posto di lavoro. «Nel mio caso anche attraverso il mobbing giudiziario, con piogge di querele presentate dai legali NoTav, spesso attivisti a pieno titolo del movimento», aggiunge il giornalista. Secondo Numa questa strategia ha una regia raffinata che potrebbe essere concertata all’interno di qualche media mainstream «da parte di addetti ai lavori che passano le informazioni necessarie all’area eversiva per creare un danno certo e provato, come la continua sovraesposizione delle persone». Un’ipotesi che non sorprende, visto che da tempo gli investigatori stanno approfondendo i collegamenti tra queste aree eversive o paraeversive e le redazioni dei giornali. Ha assaggiato il «metodo Numa» pure il deputato del Pd Stefano Esposito che per la sua battaglia Sì-Tav si è trovato isolato, a volte, persino dentro al suo partito. I suoi detrattori gli hanno disegnato una stella a cinque punte sul cofano dell’auto, gli hanno inviato minacce e proiettili. Il 13 gennaio hanno lasciato sul pianerottolo di casa sua, dove vive con moglie e figli, tre bottiglie di birra, piene però di benzina e alcol. Contestualmente lo stesso tipo di ordigni è stato abbandonato davanti a sei sezioni del partito, cinque in Lombardia e una in Piemonte. I mittenti hanno accompagnato il cadeaux con un messaggio in stile mafioso nella buca delle lettere: «Farai bum bum. Giancarlo Caselli (il procuratore di Torino andato in pensione a dicembre ndr) non può più proteggerti. Tu e il tuo amichetto (Numa, ndr) eravate proprio belli seduti sulla panchina ai giardinetti, vi vogliamo vedere così». Un modo per fargli sapere che i suoi spostamenti erano monitorati. Esposito nell’immediatezza è stato preso dallo sconforto e ha confessato di essersi stufato di quella sporca guerra. Con Libero aggiunge: «Questo avviene perché sono uno dei pochissimi che si espone e stigmatizza le violenze di questi signori». Si sente isolato? «Sentirsi in compagnia è diverso. Mentre, dall’altra parte, una moltitudine di personaggi importanti sostengono la campagna No-Tav e non prendono le distanze dai facinorosi e dalle loro azioni». Fuori i nomi: «Basti pensare all’ex esponente di Magistratura democratica Livio Pepino. Il suo libro “Non solo un treno”, scritto con Marco Revelli, è un vero e proprio manuale di diritto penale a uso e consumo dei NoTav, utilizzato per contrastare l’azione dei magistrati di Torino». Il figlio dell’ex pm, Daniele Pepino, trentasettenne anarchico, vive in Val di Susa ed è stato più volte segnalato dalle forze dell’ordine. Il suo amore per le cause perse lo avrebbe persino condotto in Asia tra i guerriglieri del Pkk. Ma Pepino non è il solo intellettuale a sostenere la crociata NoTav. Anzi, sono moltissimi gli esponenti dell’intellighenzia a parteggiare per i black bloc. Tanto che chi prova a difendere la legge e lo Stato si sente meno «indie» e di tendenza. O addirittura in trincea, come i magistrati antiterrorismo Andrea Padalino e Antonio Rinaudo. Sul sito anarchico Macerie si può avere un assaggio dell’odio rivolto contro le toghe. C’è la foto della scritta «Padalino, terrorista è tua madre», vergata sotto la casa del pm. I redattori offrono ai lettori anche una dettagliata cronaca (ricca di umorismo scatologico) del sabotaggio nei bagni del palazzo di giustizia da parte di manine anonime, che hanno lasciato sulle vaschette degli sciacquoni adesivi di solidarietà in favore dei quattro NoTav arrestati il 9 dicembre scorso. Con quest’azione, gli autori hanno voluto dimostrare a gip e pm di poter arrivare indisturbati a pochi passi dalle loro stanze private, ai «piani alti», quelli non frequentati da pubblico e imputati. Proprio per questo, secondo gli investigatori, coloro che hanno intasato i water del quarto e del sesto piano potrebbero essere complici (quasi) insospettabili.
CASELLI
Un capitolo a parte, infine, è dedicato al nemico principale, l’ex procuratore Caselli. Il quale in diverse occasioni pubbliche ha denunciato la tiepida sottolineatura delle violenze in Val di Susa da parte di certi organi di stampa. Un senso di frustrazione che ha sicuramente contribuito alla sua decisione di andare in pensione prima del previsto e di dimettersi dalla corrente che aveva contribuito a fondare, quella di Magistratura democratica. Una scelta annunciata a novembre e collegata alla decisione di Md di ospitare sulla propria agenda 2014 un contributo poco ortodosso sugli anni di piombo dello scrittore De Luca. De Luca e Caselli non si piacciono, soprattutto da quando l’autore napoletano è diventato un Masaniello No-Tav, una sorta di Madonna pellegrina della protesta radicale. La notizia dell’addio di Caselli a Md e quella del suo pensionamento sono state accolte con entusiasmo dal sito Infoaut (ideologicamente affine all’area dell’autonomia), dove è ospitata una sconnessa controbiografia a puntate del magistrato, «La notte del procuratore». Nella quarta e ultima parte, intitolata la «Sconfitta in Val Susa», l’anonimo estensore, rimarca la differenza tra De Luca, «sostenitore delle forme di lotta anche illegali dei No-Tav» (per lo scrittore «chi parla di terrorismo dice buffonate»), e Caselli, accusato di ogni genere di «fanatismo». L’autore della verbosa e diffamatoria biografia, a corredo, allega la foto di una macabra scritta: «Caselli ti ruberemo la salma». Un’assenza di pietas degna di chi si commuove solo in mezzo ai lacrimogeni. (2.Fine)