Gabriele Beccaria, La Stampa 22/1/2014, 22 gennaio 2014
IL PRIMO FASCIO DI ANTIMATERIA È REALTÀ
Eccola, l’antimateria. Un enigma per i fisici, una parola magica per tutti gli altri.
Ieri è arrivato l’annuncio. La fantascienza cede il passo all’osservazione scientifica. Per la prima volta è stato prodotto un fascio di antimateria. E il luogo non poteva essere che il Cern di Ginevra, il più grande laboratorio di fisica al mondo, celebre per il suo super-acceleratore sotterraneo di particelle e per la scoperta del Bosone di Higgs, la particella-chiave dell’Universo.
Ora un altro enigma del cosmo sembra un po’ meno intrattabile, a partire da questo nuovo successo, tra vertigine teorica e bravura tecnologica: il gruppo che collabora all’esperimento internazionale chiamato «Asacusa» è riuscito a intrappolare un gruppo di 80 atomi di anti-idrogeno in un punto preciso del grande tubo intorno al quale sono indaffarati da tempo: per i pignoli si trova a 2.7 metri dalla sorgente di produzione, dove le perturbazioni dei campi magnetici della struttura sono ridotte al minimo e si crea un specie di zona franca, dove le osservazioni più ambiziose diventano possibili.
«A significant step», hanno commentato, laconici, i ricercatori, autori di un articolo su «Nature». Un passo significativo, che si può tentare di capire facendo un bel po’ di passi indietro. L’antimateria primordiale, quella che si suppone esistesse all’inizio di tutto, non è mai stata osservata e la sua assenza - vale a dire la mancanza di particelle con uguale massa ma carica elettrica opposta a quella della materia ordinaria - fa impazzire alcune tra le menti migliori della scienza. Dov’è finita, se subito dopo il Big Bang era presente in quantità pari a quella della controparte?
Adesso è come se si fosse attraversato lo specchio della realtà, gettando un primo sguardo sulle meraviglie di un mondo parallelo al nostro. Mischiando un po’ di anti-elettroni (i positroni) con un po’ di anti-protoni a bassa energia, ecco che si sono materializzati gli atomi di anti-idrogeno. Una delle sfide era impedire che questi si annichilissero subito e il team è stato così abile da tenerli lontani dai loro «cloni rovesciati» - gli atomi di idrogeno - e li ha poi fatti letteralmente volare in una zona dove li si può studiare con (relativa) calma.
Il bello della ricerca, quindi, è appena all’inizio. Se la teoria del Modello Standard sostiene che questi atomi e anti-atomi debbano essere identici, ogni minima differenza che verrà alla luce - spiegano al Cern - «aprirà immediatamente una finestra su una fisica tutta nuova, aiutandoci a risolvere il mistero dell’antimateria». Mistero a cui ci si avvicina con macchinari dove c’è il meglio della tecnologia - come il «Deceleratore di antiprotoni» più una serie di super-computer - e le cui manifestazioni sono lontanissime dall’ampolla luminescente - mistica e ridicola al tempo stesso - immaginata nel bestseller «Angeli e Demoni» di Dan Brown.
«Asacusa» - acronimo bizzarro per «Atomic spectroscopy and collisions using slow antiprotons» - continua e c’è anche un contributo italiano a cura dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare: testimonia la bravura dei nostri ricercatori che partecipano a un’impresa ai limiti del sapere, destinata a fare storia. E c’è già chi giura che un giorno le applicazioni di questi studi potrebbero cambiare il mondo. Per esempio con una nuova fonte di energia illimitata.