Marta Paterlini, La Stampa - Tutto Scienze Salute 22/1/2014, 22 gennaio 2014
IL NOBEL KARPLUS: “ECCO COME NASCERANNO I FARMACI DEL FUTURO”
Catene colorate che cambiano conformazione e interagiscono con il blocco di un altro colore. Con un clic, infatti, il complesso appena formato si può fare roteare. Non è un gioco al computer, ma una delle applicazioni alla base del Nobel per la chimica assegnato lo scorso ottobre a Stoccolma. Si tratta di una simulazione che crea un modello per calcolare come una medicina sperimentale reagisca con una particolare proteina-bersaglio, elaborando l’interazione degli atomi. Ma allo stesso modo si possono progettare anche celle solari, basandosi su simulazioni del processo di fotosintesi con cui le foglie assorbono la luce e producono ossigeno.
Il protagonista è Martin Karplus: 83 anni, professore emerito dell’Università di Harvard, a Boston, ha vinto il Premio con i colleghi Michael Levitt e Arieh Warshel. A lui si attribuisce la paternità della prima simulazione di dinamica molecolare di una proteina. Uno sforzo computazionale che ha messo a braccetto la fisica classica newtoniana, che cattura il movimento delle proteine, con la fisica quantistica, che spiega formazione e rottura dei legami chimici.
Professore, questo Nobel ha ricadute straordinarie in biologia, in settori d’avanguardia per la medicina del XXI secolo: può spiegare?
«Il Premio consacra l’intera chimica teorica, a volte snobbata dagli sperimentalisti. Quando iniziammo a lavorare sui modelli, i colleghi chimici erano convinti che fosse una perdita di tempo e i biologi, con cui ancora non interagivo, pensavano che questi studi non sarebbero stati di alcun interesse. Eppure “giocare” con i modelli è prassi comune nei laboratori».
Lei è di origine austriaca, ma nel 1938 in seguito all’invasione nazista la sua famiglia fu costretta a fuggire: che ricordo ha?
«Quando ho visto “La vita è bella” di Roberto Benigni, ho trovato un parallelo con la mia vita. Mio padre era stato imprigionato e mia madre riuscì a portarci in salvo in Svizzera. Mia madre ci ha protetto in tutti i modi ed ebbe la forza di trasformare un momento tragico della nostra esistenza in una dimensione avventurosa. Così io e mio fratello non avvertimmo il pericolo. Per fortuna nostro padre riuscì a raggiungerci e insieme lasciammo l’Europa per arrivare negli Usa, ma in un certo senso l’Europa non l’ho mai abbandonata. Dico sempre che la situazione ideale sarebbe quella di vivere in Europa e lavorare negli Usa».
Quando si è avvicinato alla scienza?
«Venivo da una famiglia ebrea di medici ed era abbastanza scontato che anch’io avrei dovuto intraprendere quella strada».
C’è stato qualcuno che l’ha ispirata più di altri?
«Eravamo da poco arrivati negli Usa e i miei avevano regalato un set da piccolo chimico a mio fratello di qualche anno più grande. Ci rimasi male e loro, per riparare, mi regalarono un microscopio. Mi misi a raccogliere dalla strada qualsiasi cosa e scoprii che c’erano microrganismi ovunque. Ne rimasi affascinato e da lì che cominciò il mio desiderio di osservazione. Finché mi sono appassionato all’ornitologia».
Ornitologia? Un campo molto distante dalla chimica.
«Durante l’adolescenza avevo una vera passione per gli uccelli. Ho maturato la capacità di osservazione, di focalizzarsi sui dettagli senza perdere di vista quello che succede intorno. Una capacità di osservazione che ho applicato ad un’altra mia passione, la fotografia, e ovviamente alla chimica».
Come si è avvicinato alla chimica?
«Mi interessava la biologia, ma pensai che per capirla dovevo studiare chimica e fisica. Negli Anni 50 ho avuto la fortuna di essere stato l’ultimo studente di Linus Pauling, il padre della chimica moderna».
C’è un’equazione che porta il suo nome: è quello l’inizio della sua carriera scientifica?
«Nel 1959, quando ero professore di chimica alle prime armi all’Università dell’Illinois, formulai un’equazione che i chimici organici avrebbero trovato indispensabile per aiutare a stabilire la conformazione di piccole molecole. L’equazione di Karplus descrive la correlazione fra coppie di costanti e angoli diedrali. Senza entrare in dettagli tecnici l’equazione ha gettato le basi per creare la simulazione della dinamica molecolare delle proteine».
Oggi le variazioni dell’«equazione Karplus» vengono usate per definire la struttura delle proteine. È la sua rivincita sugli sperimentalisti?
«All’inizio ci fu un po’ di scetticismo. Poi, con gli anni, la mia equazione è stata modificata ed è diventata uno strumento comune. Adesso il mio sentimento è quello di padre orgoglioso!».
Quale è il segreto per mantenere viva la creatività?
«Ogni cinque anni ho cercato di cambiare e fare nuove scoperte. La creatività si alimenta buttandosi in qualcosa che non si conosce».
Che raccomandazione fa a un aspirante scienziato?
«Oggi fare ricerca è difficile, ma consiglierei di studiare il cervello, una realtà affascinante di cui si sa pochissimo».
Che cosa farà con i soldi del Premio Nobel?
«Non ci ho ancora pensato! Data la scarsezza dei fondi una parte la utilizzerò per finanziare le mie ricerche».