Gianluca Paolucci, La Stampa 22/1/2014, 22 gennaio 2014
“UN SOCIO STRATEGICO PER MPS”
Un socio strategico per Mps, che sappia dare stabilità all’azionariato della banca. Chiusa - per il momento - la partita dell’aumento, pace fatta con i vertici di Mps, che incontrerà nei prossimi giorni, la presidente della Fondazione Mps Antonella Mansi ha la consapevolezza che il lavoro che l’aspetta è ancora tanto. A un anno dallo scoppio dello scandalo che rischiato di far sparire la banca più antica del mondo, la sfida per lei è la messa in sicurezza dell’ente senese, schiacciato da 340 milioni di debiti, prima dell’aumento da almeno 3 miliardi del Monte dei paschi. Trentanove anni, imprenditrice, vicepresidente di Confindustria, da settembre scorso guida con determinazione quella che era la prima fondazione europea e che adesso lotta per la sua sopravvivenza.
Come sono i rapporti con i vertici di Mps?
«Ci stiamo misurando con situazioni complicate. Ci siamo rimboccati le maniche, da una parte e dall’altra, in una logica d’interesse comune, ma non sempre è possibile. A volte per forza di cose gli interessi divergono, ma con Alessandro Profumo e Fabrizio Viola non ho mai avuto di difficoltà personali»
Cioè non toglie che nelle settimane scorse ci sia stata una forte tensione tra banca e Fondazione. Adesso è superata?Avete in programma incontri?
«Per quel che mi riguarda è superata. E sì, ci vedremo nei prossimi giorni».
Quindi possiamo parlare di collaborazione ritrovata?
«Da parte mia non è mai venuta meno la disponibilità. Vede, quello che è successo con l’assemblea del 28 dicembre è importante: si è rotto il cordone ombelicale tra la banca e l’ente. Oggi la Fondazione ha l’onere di lavorare per la sua messa in sicurezza».
Soddisfatta della decisione dei manager di restare al loro posto?
«È una decisione che va secondo i nostri auspici. Il passaggio sull’aumento, nonostante quanto è stato scritto, non è mai stato un atto di sfiducia verso i manager».
Adesso però dovete vendere la partecipazione. Come sta andando il vostro lavoro?
«Senza entrare nei dettagli, adesso è ancora più intenso. Tutto il tema dell’anticipo dell’aumento a gennaio ci ha fatto perdere un mese. Il nostro impegno su questo fronte adesso è totale».
Qual è il profilo dell’acquirente o degli acquirenti ideali, secondo voi?
«Dal nostro punto di vista ovviamente un socio strategico sarebbe preferibile, darebbe stabilità all’azionariato e alla banca. Vediamo se sarà possibile e a che condizioni, stiamo lavorando».
Si è parlato molto di un interesse delle fondazioni per una soluzione “di sistema”. È ancora attuale?
«Facciamo parte di quel mondo, per noi sono dei partner a prescindere. Devo precisare però che non abbiamo mai ricevuto proposte specifiche né partecipato a tavoli con le fondazioni».
Quanto venderete?
«La nostra premessa è la messa in sicurezza dell’ente. Non c’è una quota che ci siamo prefissi. Se all’interno di questo processo riusciremo a mantenere una quota di Monte dei Paschi ben venga, ma questo sarà possibile solo quando la Fondazione potrà tornare a camminare sulle sue gambe. Vede, per il territorio, la Fondazione ha un valore che prescinde dal suo legame con la banca e questo valore è quello che noi dobbiamo difendere».
Dopo lo scontro in assemblea lei è diventata la paladina della difesa della senesità.
«Ho letto sui giornali cose nelle quali non mi riconosco e non riconosco la nostra azione. Debbo dire però che verifico in questa vicenda una sorta di “ghettizzazione”, che da fuori liquida tutto con questo concetto della “senesità”, vista in chiave retriva. Quello che è sfuggito a molti è che forse per la prima volta la Fondazione Mps ha fatto una scelta autonoma, e non per rispondere a interessi di altri. Abbiamo fatto scelte in discontinuità condivise con una deputazione che rappresenta anche il territorio e gli enti locali. Oggi dobbiamo ricostruire, ma partendo da ciò che abbiamo e che vogliamo mantenere. Quando leggo che vogliamo ossessivamente mantenere il controllo della banca sinceramente mi stupisco, significa non capire ciò che stiamo facendo e che abbiamo fatto. Non cercavo certo la popolarità e non è detto che sia un vantaggio. E poi mezza Italia mi ha dato addosso».
In questi giorni si è scritto che state vendendo piccole quote sul mercato. È vero?
«Lei sa benissimo che non posso risponderle. Posso dire solo che abbiamo condiviso un piano d’azione organico preciso per la messa in sicurezza della Fondazione, non un’operazione di liquidazione “goccia a goccia”».
Come sono i rapporti con i creditori?
«Chiari, come devono essere i rapporti tra creditore e debitore. Non le sarà sfuggito la partecipazione è tutta in pegno alle 12 banche del pool, alle quali l’ente deve 340 milioni di euro. E che il nostro 33,5% vale molto di più di quanto è il nostro debito. Ci sono le dovute garanzie».
E con le autorità di controllo?
«Con il Tesoro, che è il soggetto che deve vigilare sulle fondazioni, sono costanti. Abbiamo fatto un percorso in totale trasparenza. Ci vediamo o sentiamo quasi tutte le settimane.
Ha qualche rimpianto per quanto fatto in questi mesi?
«In tutta onestà no, anche se certamente tutto è migliorabile».
Mi dica sinceramente. Riaccettare quest’incarico?
«Vuol sapere se quel giorno non avrei preferito andare al mare? (Ride) Cosa vuole che le dica, non sono così sicura... A parte le battute, ho affrontato questa sfida con spirito di servizio. Cercando di portare con me il mio patrimonio di esperienza, quella di imprenditore. Certamente questa è un’esperienza che, seppur nel breve periodo, mi ha segnato e insegnato tanto, ma io per carattere non guardo mai indietro».