Simona Antonucci, Il Messaggero 22/1/2014, 22 gennaio 2014
LA FILOSOFA VASSALLO: SESSO, NON BASTA LA PAROLA
«Amami Alfredo!»... Violetta è disperata, senza alcun dubbio. Ha il cuore lacerato e prima di congedarsi dal suo uomo, lo supplica «Amami, quant’io t’amo». Chi non si è commosso durante questo celebre passaggio di Traviata? Attenzione, però, c’è chi consiglia di ripiegare i fazzoletti e rileggere il brano utilizzando un altro vocabolario, per arrivare alla conclusione che le preghiere della signora, seppur strazianti, potrebbero contenere ordini, imposizioni, altro. Le parole dell’amore sono ingannevoli. «E in ambito sessuale - spiega la filosofa Nicla Vassallo - il linguaggio parlato spesso è il più insidioso». Quando si utilizza la comunicazione dei corpi - aggiunge la professoressa di Filosofia teoretica all’Università di Genova che sull’argomento terrà venerdì una lectio magistralis al Festival delle Scienze all’Auditorium - menzogna e verità si colgono subito a livello intuitivo, animalesco. Le espressioni verbali, invece, spesso traghettano tutt’altro. Trappole, come quelle che tende Cocciante in Bella senz’anima quando intona: «E adesso spogliati come sai fare tu». Un invito seduttivo che nasconde rabbia.
Quindi, quale linguaggio va utilizzato, quando parliamo di sessualità?
«Il linguaggio che ci distingue dagli animali è quello parlato. È la base della nostra società. E della nostra sessualità. Se la comunicazione corporea è più diretta, in qualche modo più sincera, con le parole si riesce a mentire. Ci possono sedurre in modo benevolo, ma anche malevolo. Si cade più facilmente in trappola».
Quali sono le parole trappola?
«Bisogna sempre porsi un interrogativo e cercare di capire se un’affermazione o una frase descrivono una situazione o la ingabbiano».
Facciamo esempi: ti desidero, si può dire?
«Se finisce senza punto esclamativo, sì. Altrimenti, può assomigliare a un ordine. Il tono fa la differenza».
Sei mia, sei mio: espressioni da bandire?
«Lì per lì, l’uomo o la donna la ricevono come un’affermazione positiva. E invece... Anche nei momenti di trasporto sarebbe bene non dimenticare che si può desiderare di possedere oggetti e non persone. Ma lasciamo perdere! Sei mia/mio è comunque l’espressione ambigua per eccellenza. Ci ingabbia e ci costringe a ciò che non siamo».
Da buttare quasi tutte le canzoni, la maggior parte delle poesie... Che resta: ti amo?
«Per carità, conserviamo tutto. E usiamo Ti amo con la consapevolezza della portata di queste parole. Con responsabilità».
Nella sessualità il linguaggio si è adeguato alle mutazioni sociali? Matrimonio, relazione, amica, compagno: che si fa?
«La parola matrimonio sopravvive, ma i termini del legame sono cambiati. Che il matrimonio coinvolga scelte d’amore è un’acquisizione moderna. In passato era diverso. E in ogni caso l’espressione che preferisco è partner: non specifica il sesso e neanche il tipo di patto. È libera. Così come relazione: suggerisce uno scambio».
Lei afferma che le parole ingannano e i corpi meno: se la ricorda Meg Ryan in “Harry ti presento Sally”? Mentiva e non parlava...
«L’orgasmo femminile è un grande dilemma. Finora sono stati fatti molti errori. Noi presupponiamo che appartenga al linguaggio corporeo. E invece non ce n’è certezza. Nel film, però, una cosa è certa: l’attrice sta mentendo utilizzando il linguaggio parlato».
Quindi il più onesto di tutti è Kevin Kline in “Un pesce di nome Wanda”: nel suo approccio sessuale le annusa gli stivali (linguaggio corporeo) e le parla in spagnolo (linguaggio parlato). Giusto?
«I film sono specchio della realtà. Ci dicono molte cose».