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 2014  gennaio 22 Mercoledì calendario

PERISCOPIO


Antimafia. In considerazione dei risultati ottenuti in Sicilia, il superprefetto De Francesco è stato nominato prefetto. Amurri & Verde, News. Mondadori.

Spero che ci sia nel Pd il ricambio generale, Il ricambio è vitale, guardiamo la Chiesa. La Chiesa veniva da uno stallo clamoroso: le dimissioni di un Papa, una cosa mai vista negli ultimi sette secoli. E in due giorni di conclave si sono inventati un nome, un sorriso, ed è comparso Francesco. Alfredo Reichlin, Pd. il venerdì.

L’avvocato Ghedina gioca l’ultima carta: «Il mio assistito accetta la pena, ma vorrebbe scontarla in un carcere femminile». Alessandro Robecchi. Il Fatto quotidiano.

Io chiedo che Letta e Alfano si confrontino apertamente con le linee che sono emerse negli ultimi giorni. Alfano deve dire qualcosa di destra. Io rimango una sostenitrice dell’economia sociale di mercato, e lui? Io sono per il bipolarismo, lui? Io sono per conservare la Bossi-Fini, lui? Io rimango garantista e ritengo che la giustizia sia un punto qualificante della nostra offerta politica, lui? Voglio sapere qual è il progetto di Alfano per l’Italia e per il Nord. Che vuole fare del cuneo fiscale? E dell’Imu? Boh. Giovanardi, Cichitto, Quagliariello e lo stesso Alfano rispondono usando una sola parola, «stabilità», come se questo termine fosse dotato di capacità salvifiche. Mariastella Gelmini, Forza Italia, il Foglio.

Un tempo alle assemblee del Pci (e sigle a seguire) bastava alzarsi, mettere su la faccia di Deleuze, sostenere le peggio cose con «Come disse Gramsci» (i più raffinati dicevano: Terracini) e ci si trovava rappresentanti di istituti o funzionari di partito. Daniela Ranieri. Il Fatto.

Era da anni che non si vedeva l’opposizione in Parlamento. Adesso, dopo mesi di apprendistato, i 5 Stelle hanno imparato il mestiere. Anziché restare in aula per garantire il numero legale come fa Sel, l’opposizione di Sua Maestà, escono al momento giusto. Presenziano, Spulciano. Scovano porcate come il Milleproroghe. È vivamente sconsigliato avvicinarli con strizzatine d’occhio per offrire qualcosa in cambio del silenzio: si rischia di essere filmati e sputtanati in rete. Il classico granello di sabbia che inceppa l’ingranaggio. Sono 160 fra camera e senato eppure riescono a restringere le «larghe intese» fino a minacciare di mandare sotto il governo (quello che, alla dipartita di B., Napo & Letta definirono «più forte e coeso»). Marco Travaglio. Il Fatto.

La scienza è certa che la terra si sta desertificando. O per il troppo caldo o per il troppo freddo. Massimo Bucchi. il venerdì.

La mia generazione è stata notevolmente infelice. Essere presi a vent’anni, com’è successo a noi, portati in guerra: io ero ufficiale e mandavo contro il fuoco nemico dei disgraziati che avevano 15 anni più di me, senza sapere per quale ragione, senza scopo, senza nessuna ideologia, o peggio con un’ideologia contraria. Giorgio Strehler intervistato da Enzo Biagi a Linea diretta, Rai, 1989.

Qual è il posto più bello d’Italia, quindi del mondo? Napoli vista da Capri? Piazza del Pantheon a Roma? La Cappella Brancacci a Firenze? L’isola di Salina? Il cielo lombardo quando è bello»? La discussione è aperta. Secondo me, il posto più bello d’Italia e quindi del mondo, è la Basilica di San Marco a Venezia. In particolare il primo mosaico dell’atrio, entrando a destra, quello che raffigura la Creazione. È una cupola d’oro di commovente bellezza. Oltretutto la cupola della Creazione non è mai stata così bella, ora che è stata sottoposta a un costoso restauro a cura delle Venice Foundation. Ebbene, una simile meraviglia non si può vedere. Infatti c’è sempre un fettuccia rossa che impedisce al visitatore di andare sotto la cupola e di guardarla da vicino. Aldo Cazzullo. Sette.

Al tempo dell’antica Roma i diversi culti erano, per il volgo, tutti veri; per il saggio, tutti falsi; per l’autorità, tutti utili. Augusto Guerriero, Tempo perduto. Mondadori, 1959.

Signore cinquantenni con i labbroni che si sentono tanto veline, look zingaresco, tette rifatte al vento, stivali; e i mariti che si sentono tutti George Clooney, alla guida di gipponi inutili, occhiali da star, cappelletti alla Brad Pitt, ma sempre con il giornale sportivo sottobraccio per sapere se Cassano firma o se ne va. Il tutto, in un tripudio di pesce. Perché in queste vacanze rottamate il pesce fa chic. Ci avete fatto caso? In estate nessuno mangia più la carne. Siamo diventati dei giapponesi all’amatriciana perché i nuovi ricchi di questa Italia in crisi si sentono vip mangiando il rombo con le patate. Enrico Vanzina, Commedia all’Italiana. Newton Compton editori.

Mi ricordo di Domenique Jamet e della sua affermazione: «Chirac sarebbe capace di scatenare una guerra senza accorgersene». Paul Vermuz, On m’a dit de ne pas le dire!, mi hanno detto di non dirlo. l’Archipel.

Quando i figli erano bambini, al mare, nei giorni di brutto tempo andavamo alla piccola stazione del paese a guardare i treni passare. Ed era bello, seduti su una panchina davanti ai binari, stringermeli addosso come una chioccia mentre iniziava a suonare acuto il campanello che avverte dell’avvicinarsi di un treno. Treni che, sulla linea tra Genova e Roma, piombavano nella stazioncina rapidi come sparvieri, senza fermarsi; e in un attimo erano già lontani, in un clangore di vento e di acciaio. I bambini ridevano di quella corsa folle, di quel mostro metallico che li sfiorava e scappava. Ma io, non avrei allora saputo dire che cosa, in quella piccola stazione, mi attirava; altro non c’era che una casa, e binari in corsa verso l’infinito. E arriva infine il treno che aspettavo, eccolo che si profila laggiù coi suoi occhi lucenti. Ecco l’affollarsi alle portiere di chi parte, e gli sguardi incerti di quelli che, scesi, cercano chi è a aspettarli. Anche noi ce ne andiamo. Lancio un’ultima occhiata ai binari scintillanti, tesi a un costante altrove. Le rotaie, parallele qui davanti, sembrano, nel gioco della prospettiva, riunirsi finalmente, in un punto all’orizzonte. Metafora buona, mi accorgo, del camminare verso il nostro destino; non nel nulla, ma attesi sempre da qualcuno - in quel punto, che si perde all’orizzonte. Marina Corradi. Avvenire.

Il cinico è un uomo che conosce il prezzo di tutto e il valore di niente. Oscar Wilde. il venerdì.

Com’è bello viaggiare in poltrona leggendo le opere dei grandi viaggiatori. Roberto Gervaso. il Messaggero.