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 2014  gennaio 21 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL GIORNO DOPO IL COLPO DI RENZI: CUPERLO SI DIMETTE


REPUBBLICA.IT
ROMA - Gianni Cuperlo si dimette da presidente del Pd. Lo annuncia lui stesso durante la riunione della minoranza alla Camera, leggendo la lettera inviata a Matteo Renzi e pubblicata anche sulla sua pagina Facebook, che motiva la sua decisione. Nel testo della missiva, Cuperlo ammette di essersi dimesso perché "allarmato" dalla concenzione che il segretario ha del partito. E di averlo fatto non per "rancore, ma per essere libero".
La risposta dell’ex rottamatore non tarda ad arrivare. Renzi in una lettera rivolta a Cuperlo afferma di rispettare la sua scelta, pur sottolineando che bisogna saper accettare le critiche: "In un Partito democratico le critiche si fanno, come hai fatto tu - scrive il segretario- ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il Pd e per il centrosinistra. Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l’Italia (...) Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo e che - pur con funzioni diverse - ripartiremo insieme".
La rottura di Cuperlo in direzione. Il botta e risposta tra il presidente (ormai ex) e il segretario arriva dopo lo strappo di ieri sera in direzione Pd, quando Cuperlo ha duramente criticato il sistema proposto dal segretario, per poi lasciare in silenzio l’assemblea per dissenso con le parole "sopra le righe" di Renzi. Sembrava che in un primo momento dovesse prevalere la linea morbida della richiesta di chiarimento con il segretario. E invece ha vinto la contrapposizione netta, che ha portato il presidente alle dimissioni.
La partita legata al pacchetto delle riforme, dunque, si complica. Perché se è vero che il segretario ha vinto il primo round sulla via che dovrebbe portare a una legge elettorale in grado di favorire governabilità e alternanza (listini corti in un territorio suddiviso in molti collegi, doppio turno se nessuna coalizione raggiunge la soglia minima del 35% per ottenere il premio di maggioranza), è pur vero che queste dimissioni sono la conferma della profonda frattura interna con la minoranza del partito. Minoranza che però rappresenta, in Parlamento, la maggioranza dei deputati e senatori democratici. Una circostanza che non renderà facile il percorso del segretario. La battaglia su cui si sono schierati infatti sia alcuni esponenti della minoranza Pd (come il cuperliano Alfredo D’Attorre) che il Movimento Cinque Stelle è quella sulle preferenze. Benché anche all’interno della componente cuperliana ci sia una spaccatura: Matteo Orfini, ad esempio, leader di spicco dei ’giovani turchi’ ha dichiarato di appoggiare il pacchetto di riforme proposte dal segretario.
Le reazioni. Il primo commento al gesto di Cuperlo è del ’ministro-sentinella’ di Renzi, Graziano Delrio che si dichiara sorpreso: "Non riesco a capire, non vedo le ragioni di un gesto del genere, anche perché il Paese attraversa un momento davvero importante. Abbiamo messo in piedi un quadro di portata storica che può far nascere la terza Repubblica e tutti, sia i partiti di maggioranza che di opposizione, sono impegnati perchè questa riforma venga approvata".
Gianni Pittella, che già aveva partecipato alle primarie Pd uscendo al primo turno, si dice rammaricato e parla di "occasione persa", mentre il deputato Dario Nardella, fedelissimo del segretario, aggiunge: "Cuperlo sarebbe stato un ottimo presidente ma capisco che il ruolo di garanzia mal si concilia con la volontà di guidare la minoranza. Non condivido invece le critiche fatte all’idea di partito di Renzi".
Diverse le posizioni dei parlamentari di area cuperliana, che chiedono di verificare se c’è accordo ampio sulle riforme. "Il punto - sottolinea Andrea Giorgis, componente Pd della commissione Affari Costituzionali della Camera - è che questa mattina in commissione ci sono stati diversi interventi critici come quelli di Scelta Civica e Sel".
"Bisogna verificare - sottolinea Daniele Marantelli - se sull’accordo c’è una maggioranza larga perchè in commissione in diversi, a partire da Sc hanno posto questioni di merito". Mentre per Danilo Leva le dimissioni di Cuperlo sono un "gesto politico che pone un tema al segretario del partito: capire come continuiamo a stare insieme" perchè "non si può gestire un partito secondo una logica padronale e il dileggio non è possibile. Ci vuole un chiarimento da parte di Renzi".
Pippo Civati, arrivato terzo alle primarie Pd, prova a sdrammatizzare e annuncia sul suo blog che non si candiderà alla presidenza del partito: "Lo avevo detto un mese fa - spiega il deputato dem - non è il caso che uno dei tre candidati alla segreteria faccia il presidente del partito, soprattutto se non è d’accordo con il segretario, ma in ogni caso perché il presidente ha una funzione di garanzia, che un già-candidato per sua natura difficilmente può assolvere. Non si può insomma fare presidente e capocorrente (absit iniuria verbis) insieme, e ovviamente la regola vale per tutti".
Meno delicata l’ironia de Il Mattinale, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia alla Camera: "Cuperlo si dimette, dunque esiste - si legge nel comunicato dei deputati forzisti- Pare che il citato Cuperlo si sia ritirato in una stanza offeso poichè Renzi gli ha ricordato che lui ora invoca le preferenze, ma in passato si è fatto piazzare sul burro del listino fabbricato per gli ultra garantiti da Bersani. Ehi, che ignorante che è Renzi: è il materialismo dialettico, compagni". E la deputata di Fi Sandra Savino sentenzia: "Le dimissioni di Cuperlo sono il segno che una parte del Pd non vuole cambiare".
Beffardo il tweet di Riccardo Fraccaro, deputato del M5S:
No al diktat di Renzi. Oltre al tema delle preferenze, l’altro bersaglio delle critiche interne al partito democratico è il diktat imposto dal segretario, che ieri in direzione ha precisato: "Il pacchetto di riforme non è à la carte. O si vota in blocco così com’è o salta tutto". E questa mattina Rosy Bindi, pur apprezzando l’impianto del doppio turno di coalizione e lodando la spinta impressa dal segretario alle riforme costituzionali, critica: "E’ anche vero che le cose importanti si fanno insieme e si fanno sempre rispettando le regole. E’ però impensabile - ha aggiunto - che un accordo così importante sulla legge elettorale arrivi in Parlamento blindato, senza nessuna possibilità di modifica".
Anche il deputato Pd Davide Zoggia ha criticato, ad Agorà, su Rai3, la chiusura di Matteo Renzi a qualsiasi modifica alla legge elettorale. "Io non ho mai visto una direzione del nostro partito in cui il segretario si presenta e dice: questo è il nostro pacchetto, prendere o lasciare. Si può anche fare a meno di fare la direzione se questo è il punto di approdo".

COSA SAREBBE SUCCESSO CON L’ITALICUM

"Majority assuring". Il cosiddetto "Italicum", la proposta di legge elettorale uscita dal confronto Renzi-Berlusconi-Alfano ha una caratteristica, quella che più stava a cuore a Matteo Renzi: individua in ogni caso una maggioranza politica. Niente più governi di "larghe intese", dunque. Lo dimostrano anche le simulazioni di YouTrend, che hanno applicato il sistema (illustrato da Renzi nel corso della direzione Pd) sia ai risultati delle elezioni politiche 2013 che all’attuale situazione, fotografata dai sondaggi degli ultimi 15 giorni.

COSA SAREBBE SUCCESSO NEL 2013
Nessun partito o coalizione avrebbe vinto il premio di maggioranza al primo turno, non avendo raggiunto il 35% dei voti. Facciamo quindi alcune ipotesi: visto il meccanismo contro le liste civetta annunciato da Renzi, consideriamo prima i dati dei partiti, ignorando le coalizioni.

In questo primo caso, vi sarebbe stato un ballottaggio tra Pd e M5s: il vincitore al ballottaggio avrebbe avuto il 53% dei seggi, ossia 334. Al primo dei perdenti - Pd o M5s - sarebbero andati 136-137 seggi, al Pdl 115, a Scelta Civica 44-45 (il totale fa 630 perché Renzi non ha menzionato l’esistenza di seggi riservati alle circoscrizioni estere).

Politiche 2013: PD vince al ballottaggio
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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Politiche 2013: M5S vince al ballottaggio
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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Se invece consideriamo le coalizioni come "liste uniche" (per via delle alte soglie di sbarramento e delle norme anti-liste civetta annunciate da Renzi), sarebbero andati al ballottaggio la lista Bersani e quella Berlusconi, considerando i voti presi dalle coalizioni di centrodestra e centrosinistra. Se al ballottaggio avesse vinto Bersani, avrebbe ottenuto 334 seggi, Berlusconi 132, il M5S 116 e i montiani 48; se invece a prevalere fosse stato Berlusconi, Bersani ne avrebbe ottenuti 134, 115 per Grillo e 47 per Monti.

Politiche 2013: Bersani vince al ballottaggio
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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Politiche 2013: Berlusconi vince al ballottaggio
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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COSA SUCCEDEREBBE OGGI
Se si andasse a votare oggi con questo sistema, e fossero confermate le intenzioni di voto rilevate dagli istituti demoscopici negli ultimi 15 giorni, ci sarebbe ugualmente bisogno di un ballottaggio, poiché nessun partito arriverebbe al 35%. Solo 3 partiti supererebbero le alte soglie di (5% per i partiti coalizzasbarramento ti, 8% per i non coalizzati), e sono gli stessi che competerebbero per arrivare al ballottaggio: certamente il Pd, dato sopra il 30%, e che se vincesse al ballottaggio otterrebbe 334 seggi, contro i 150 di Forza Italia e i 146 del M5S; se invece vincesse al ballottaggio Forza Italia, al Pd andrebbero 177 seggi e al M5S 119; infine, se fosse il partito di Grillo ad accedere al ballottaggio ed a battere il PD, sarebbero i grillini a vincere i 334 seggi, lasciando il PD a 175 e Forza Italia a 121.


2014: se il PD vince (al ballottaggio)
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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2014: se Forza Italia vince (al ballottaggio)
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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2014: se il M5S vince (al ballottaggio)
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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Anche in questo caso abbiamo voluto testare un secondo scenario: perché sia il centrosinistra che il centrodestra sono dati dai sondaggi proprio intorno al 35%, con la possibilità quindi di vincere il premio di maggioranza al primo turno. In questo caso potrebbe non esservi ballottaggio, e i 334 seggi (oppure 340, in caso di vittoria con il 36%, o ancora 346 seggi in caso di vittoria con il 37% o oltre) sarebbero subito assegnati alla coalizione di Renzi o a quella di centrodestra. Al secondo arrivato spetterebbero comunque 184-185 seggi, mentre il M5S, terzo, ne avrebbe 111-112.


2014: se il centrosinistra ottiene il 35% al primo turno
Le Politiche con l’Italicum, la simulazione: fuori Ncd e Sc, e solo tre partiti alla Camera
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2014: se il centrodestra ottiene il 35% al primo turno