Roberto Giardina, ItaliaOggi 21/1/2014, 21 gennaio 2014
HELMUT SCHMIDT COMPIE 95 ANNI
In Germania si ricordano dei compleanni: i giornali dedicano articoli a scrittori, sportivi, politici, artisti vari, quando varcano la soglia dei 70, degli 80, e così via. Non si limitano a scrivere «coccodrilli» quando muoiono. Io ho scritto il Nachruf, che sarebbe il coccodrillo teutonico, per Helmut Schmidt almeno da una quindicina d’anni.
I giornalisti sanno che ciò porta fortuna. L’ex Cancelliere domenica ha compiuto 95 anni, ed è stato festeggiato come si conviene. Capisco che questa, in fondo, non sarebbe una notizia, ma il personaggio suscita qualche riflessione, in rapporto con l’Italia.
Renzi si prepara a guidare il paese, ma è sempre e ancora il sindaco di Firenze. Come sta lavorando per la sua città? Non lo so, i miei amici «viola», guarda caso tutti di sinistra, non ne sono soddisfatti. Quando qualche inverno fa cadde la neve, per tre giorni nessuno se ne occupò. Tanto meno il borgomastro Renzi. Helmut Schmidt fu lanciato sulla ribalta nazionale dall’Elba in piena nel 1962, che provocò oltre duecento vittime nella sua Amburgo. Era il senatore all’interno della città anseatica, come dire il ministro degli Interni, e si prodigò per giorni e notti salvando la vita a centinaia di concittadini. Se fa bene a casa sua, pensarono i tedeschi, agirà bene anche nel resto del paese.
Oggi è il politico più amato anche se è in pensione da tempo. I soliti politologi si meravigliano: perché? Non ha compiuto alcun gesto storico, come Helmut Kohl, il Cancelliere della riunificazione. Non sono d’accordo. Sarà retorico ma un buono statista si vede da come risolve quei problemi che sembrano ordinari, ma trascurati provocano disastri. Insieme con Giscard d’Estaing, mise spalle al muro gli Stati Uniti che continuavano a stampare dollari per finanziare a spese nostre la guerra in Vietnam, ribellandosi all’ordine a stelle a strisce di comprare la loro valuta di carta straccia. Perché nessuno oggi osa ribellarsi a Obama? Angela protesta, ma la lasciano sola. Anche a lei rimproverano di non avere visioni come Kohl o Brandt. A suo tempo, Schmidt osservò che quando un politico ha visioni è il momento di chiamare la neurodeliri.
È stato un grande politico perché ha avuto il coraggio di agire di volta in volta seguendo i suoi istinti, o contro. Il che è la stessa cosa, al di là della prima impressione. E durante la festa di compleanno ha ammesso di aver compiuto molti errori. Non ci stimava, ma nel 1974 ci salvò dalla crisi accordandoci un prestito garantito dal nostro oro (che restituimmo puntualmente). Da socialdemocratico, sempre negli Anni Settanta, ai responsabili della VW in difficoltà che chiedevano un aiuto statale (allora possibile), rispose: fate auto migliori o chiudete. Loro le fecero, e le fanno. E se fosse avvenuto lo stesso in Italia con la Fiat?
Per questo lo chiamavano «Die Schnautze», il grugno, ed era poco simpatico anche ai suoi, mentre spesso era d’accordo con Franz Josef Strauss, il falco della destra. Nel ’77, prima di Moro, affrontò il caso di Hans-Martin Schleyer, il capo della Confindustria, rapito dai terroristi della Baader-Meinhof, rimase fermo, ordinò il colpo di mano a Mogadiscio per liberare l’aereo della Lufthansa dirottato in contemporanea, e Schleyer fu assassinato. «Fui troppo duro?» si chiede adesso.
Non dimenticava di essere socialdemocratico, e quando gli alleati liberali nell’82, preoccupati dall’inflazione, gli chiesero misure che avrebbero messo in pericolo i posti di lavoro, rispose: «Questo non lo farò mai», e preferì perdere la Cancelleria. Al suo posto arrivò Kohl. Fosse stato pronto al compromesso, forse la storia tedesca e d’Europa sarebbe cambiata. Per essere stimato un politico non deve cercare di piacere, tutto qui. E i tedeschi gli permettono di continuare a fumare in tv le sue amate e troppe sigarette al mentolo, violando la legge.