Carlo Mercuri, Il Messaggero 21/1/2014, 21 gennaio 2014
LO SBARCO DI NETTUNO
NETTUNO
Converrà ridisegnare l’atlante storico e aggiornare le mappe. Per ristabilire la verità. Che cioè lo sbarco degli Alleati ad Anzio, il 22 gennaio 1944 (domani cade l’anniversario dei 70 anni), in realtà non fu ad Anzio ma a Nettuno. O per meglio dire, il punto X dello sbarco della Terza divisione della fanteria americana fu certamente nel tratto di spiaggia (X Ray beach) tra Nettuno e Torre Astura, all’interno dell’attuale Poligono militare.
LE TESTIMONIANZE
A Nord di Anzio, in quel tratto di litorale che sulle carte è segnato con il nome di Peter beach, sbarcò invece la Prima divisione britannica. Al centro tra i due litorali, al porto di Anzio, si diressero i Rangers Usa che avevano il compito di organizzare la logistica e che finirono successivamente massacrati sotto il fuoco tedesco (di 1.500 circa ne restarono in vita una settantina. In generale, furono 40 mila circa le vittime tra gli Alleati e 25.000 le perdite tedesche). Poi ad Anzio arrivò il generale John Lucas, comandante del V° Corpo d’armata e l’operazione Shingle si dispiegò. Ma il primo soldato americano che saltò a terra e si sporcò gli stivali con l’acqua e con la sabbia del litorale laziale, lo fece a Nettuno. I giornali dell’epoca parlarono di un «cerchio di fuoco intorno a Nettuno» e di sbarco effettuato «ai due lati di Nettuno» e un testimone oculare dello sbarco, Harry Schindler, che all’epoca era militare nelle truppe britanniche e che è rimasto a vivere a Nettuno dopo esservi arrivato via mare, riferisce: «Ricordo bene quella notte. Lo sbarco ha preso il nome di Anzio ma in verità il punto in cui avvenne fu a Nettuno».
IL LUOGO
Il tratto di spiaggia X Ray beach è, per un singolare gioco del destino, rimasto uguale a quello di 70 anni fa. Stesso golfo, stesse dune, stesse piante marittime. Non un bagnante d’estate ad alterarne la filosofia, non un ombrellone a modificarne il profilo, non un chiosco, niente mai. È rimasto intatto, come dopo lo sbarco alleato. A visitarlo, sembra di entrare in una foto d’epoca. Si vedono ancora le tracce del passaggio americano. A un pelo dall’acqua riaffiorano i resti delle zattere che facevano da ponte tra la nave anfibia e la terraferma, così da permettere a camion e cingolati di toccare la terraferma senza correre il rischio di danneggiarsi. Il segreto di tanta capacità di conservazione, che rende X Ray beach una pagina viva di storia custodita sotto teca, consiste nel fatto che il litorale dello sbarco americano sta all’interno di un poligono militare. E quindi è proibito al pubblico.
I MILITARI
Curioso destino, quello dei militari di oggi che si trovano ad essere custodi involontari della memoria dei militari di ieri. Involontari, perché il poligono di Nettuno non è propriamente un museo delle cere. Anzi, è molto attivo e serve a tutt’altro che a conservare. Il direttore, colonnello Antonino Affrunti, spiega che all’interno del perimetro di 1.700 ettari, dove lavorano una cinquantina di militari e 280 civili, si collaudano sistemi d’arma e si verifica l’efficienza del munizionamento stoccato nei vari magazzini della Penisola. Il poligono di Nettuno è anzi l’unica struttura italiana in cui si conducono attività di collaudo e sperimentazione di armamenti. I tecnici con le stellette operano per conto delle aziende belliche del nostro Paese, ne testano i prodotti e vengono pagati per il loro lavoro. In più, sul terreno del poligono, ci sono alcune eccellenze, come la camera climatica e la camera a irraggiamento solare. Sono pezzi unici, in Italia. Nella camera a irraggiamento solare si studia la resistenza dei sistemi d’arma alle temperature elevate, come nel deserto. Nella camera climatica, ad esempio, sono stati effettuati i test per i tram di San Francisco, costruiti da un’azienda italiana.
Tutte queste attività devono essere condotte nel rispetto della natura circostante: ci sono leggi europee a prescriverlo. I militari non possono sparare ovunque e a caso. Sia che si esercitino nel tiro terra-terra o terra-mare (in una direzione parallela al bagnasciuga) essi devono seguire dei percorsi. E dopo aver sparato devono bonificare il terreno, recuperando i proiettili. La controprova della natura non invasiva delle attività del poligono è data da un giro dell’area selvosa alle spalle della baia: si vedono aironi cinerini e garzette a bagno nelle pozze d’acqua, poiane a volo radente, coppie di variopinti fagiani a zonzo nel sottobosco. E ci sono pure cinghiali e volpi. Tutto insomma evoca conservazione e non distruzione.
Domani il Poligono aprirà le porte per celebrare i 70 anni dello sbarco. I “custodi della memoria” faranno entrare i visitatori. Poi, a celebrazioni finite, le porte del tempio si richiuderanno. E aironi, fagiani, volpi e cinghiali continueranno a vivere la loro vita protetta.