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 2014  gennaio 21 Martedì calendario

“VENT’ANNI FA LA MIA AN HO SOGNATO E HO SBAGLIATO PER UNA DESTRA CHE NON C’È”


ROMA — 22 Gennaio 1994: Gianfranco Fini tiene a battesimo l’assemblea fondativa dei Circoli di Alleanza Nazionale, il primo atto costituente del nuovo partito — Alleanza Nazionale — che nascerà l’anno dopo a Fiuggi. Vent’anni dopo, l’ex leader di An è nel suo studio di ex presidente della Camera, affollato delle foto delle figlie più piccole, sei e quattro anni. Sereno, un po’ amaro, tranchant: «Oggi in questo Paese non c’è più un partito di destra, di una destra repubblicana, europeista, aperta sulle questioni dei diritti civili e dell’immigrazione». E’ così: 20 anni dopo, la destra italiana non batte un colpo. Ci sono i rancori, i sopravvissuti, i nostalgici del potere distribuiti qua e là: dentro la Lega, dentro Forza Italia, dentro Fratelli d’Italia, un po’ da Storace, un po’ da Alfano, un po’ cani sciolti. Ci sono gli elettori potenziali, ricorda Fini, quelli sì, ma sono al momento orfani. La chiacchierata parte dal tempo che fu ma guarda al panorama attuale: «Oggi siamo arrivati alla caricatura delle ragioni e dei valori della destra come le intendevo io e, con me, Alleanza Nazionale».
Partiamo da lì, dal ‘94, quando prende forma una nuova offerta politica. E’ l’anno in cui muore Karl Popper, si inaugura il tunnel della Manica, nasce il Ppi di Martinazzoli. Un secolo fa...
«Ricordo il fervore, l’entusiasmo, l’ottimismo di quel periodo. Eravamo convinti di poter superare la complessità dei problemi. Erano cadute le pregiudiziali sul Msi. Venivamo dal ‘93, anno formidabile in cui la destra missina aveva incassato risultati straordinari alle amministrative, io a Roma, la Mussolini a Napoli e poi la vittoria di nostri sindaci a Chieti, Benevento, Latina, a Cerignola, patria di Di Vittorio. Fu chiaro a me, e alla classe dirigente di allora, Pinuccio Tatarella in testa, che si era creato uno spazio politico elettorale per la destra. Un’intuizione che fu anche di Domenico Fisichella, non missino, cui va il merito di aver teorizzato le ragioni della svolta.
Non si trattava di fare il restyling al Msi ma di elaborare una piattaforma di valori e programmi che segnasse una discontinuità — l’anno dopo, a Fiuggi, arrivò lo strappo storico con il giudizio sul fascismo — volevamo un partito aperto alla società e a quel ceto politico, soprattutto democristiano, ma non solo, rimasto travolto dal crollo della Dc».
Rileggo i nomi di allora: Domenico Fisichella, Publio Fiori, Gustavo Selva, Gaetano Rebecchini, Pietro Armani. Democristiani, socialisti, liberali, repubblicani... Più i missini, più i monarchici. Questo era Alleanza Nazionale. Oggi è modernariato.
«Ne do ancora un giudizio positivo. Fu il tentativo, con luci e ombre, di fondare una destra repubblicana che si riconoscesse senza ambiguità nei valori fondanti della Costituzione, recidendo il legame storico che il Msi aveva con il fascismo. Dirò meglio: passammo, anche in ragione del cambio della legge elettorale, dalla volontà missina di alternativa al sistema alla volontà di An di governare il Paese attraverso una politica di alleanze e in forza del consenso elettorale».
An ha governato, ha conosciuto il potere, alcuni dei suoi
ne sono stati contaminati, e poi c’è stata la morte per confluenza
nel Pdl.
«Lo considero il mio errore capitale: non ho capito che la confluenza di An dentro il Pdl avrebbe innescato in Berlusconi l’abbandono di ogni mediazione. Io sono il Capo, io decido e chi non è d’accordo lo caccio... Il Pdl doveva essere una risposta al Pd di Veltroni. E’ stato un fallimento».
E adesso dov’è la destra politica in Italia?
«Quella che intendevo io, aperta sulle questioni di fondo, europeista, non c’è. Però vedo con sorpresa che, su integrazione e diritti civili, l’enfant prodige della politica, Matteo Renzi, dice le stesse cose che dicevo io anni fa, ma non perché io sia diventato di sinistra e lui di destra, semplicemente perché le vecchie etichette vanno superate. Destra non significa fare la campagna per uscire dall’euro ma battersi per una politica monetaria comune, destra significa etica della responsabilità e cultura della legalità, niente di più lontano dalle leggi ad personam e dal berlusconismo».
Oggi la Lega corteggia Marine Le Pen.
«E’ alla ricerca di un’identità, dopo il flop del federalismo, la perdità della verginità con la corruzione in casa. Per noi di An fu impensabile, per un problema valoriale, confermare il rapporto stretto che aveva avuto l’Msi con Le Pen padre. Noi guardavamo all’Ump di Sarkozy».
Vent’anni dopo c’è chi vuole riesumare il simbolo di An per le Europee.
«Alleanza Nazionale nacque da un progetto politico. Volerla resuscitare mi sembra più il tentativo da parte di un ceto politico di salvare se stesso dal rischio di non raggiungere il quattro per cento».
Fuori dall’intervista, così Gianfranco Fini, quasi interrogando se stesso: «Mi chiedo cosa ne penserebbero, di questa politica, Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante».