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 2014  gennaio 21 Martedì calendario

FALCIANI: PRONTO A COLLABORARE CON I PM


NIZZA. Dal nostro inviato
Hervé Falciani conferma le rivelazioni del Sole 24 Ore sulla presenza in Spagna di oltre 120mila conti correnti della Hsbc Private Bank rimasti finora segreti, annuncia di essere pronto a collaborare con la giustizia del nostro Paese e svela che nel 2011 i servizi d’intelligence italiani ebbero accesso ai file segreti della Hsbc sui quali iniziarono a lavorare prima di essere improvvisamente bloccati. L’ex dipendente della Hsbc Private Bank spiega anche - per la prima volta - come è riuscito a copiare il sistema informatico della banca risucchiando le informazioni sui clienti contenute nel software. Rivela che i file erano nascosti dove nessuno avrebbe mai immaginato di andare a guardare, mimetizzati in un cloud del web profondo, dove i motori di ricerca non sono in grado di arrivare, e confida la sua simpatia per il Movimento 5 Stelle.
Falciani, 42 anni, ingegnere informatico, vive oggi sotto protezione tra Parigi e Madrid e collabora con le autorità giudiziarie e fiscali dei due Paesi. Di tanto in tanto torna sulla Costa Azzurra, dove è nato e dove ha vissuto fino al trasferimento a Ginevra. È qui che Il Sole 24 Ore lo ha incontrato.
Il Sole 24 Ore ha rivelato l’esistenza in Spagna di informazioni su oltre 120mila conti di clienti della Hsbc Private Bank di Montecarlo, Lussemburgo, Zurigo, Lugano e di altre filiali della banca. Lei conferma queste rivelazioni?
Il sistema informatico di Ginevra, dove lavoravo, era utilizzato nelle sedi della Hsbc Private Bank di diversi Paesi. Quindi dentro il sistema ci sono tutte le informazioni, non solo quelle di Ginevra.
Quindi conferma che ciò che ha scritto Il Sole 24 Ore è corretto?
Sì, lo confermo.
Cosa dovrebbero fare ora i magistrati italiani?
La giustizia italiana dovrebbe chiedere il materiale. Ma per prima cosa i magistrati dovrebbero creare una rete con i giudici di altri Paesi. L’avvio delle indagini in Spagna sui clienti della banca ha fatto sì che anche la Francia aprisse un’inchiesta. Bisogna lavorare insieme per evitare che le indagini vengano bloccate e come cittadino italiano voglio che l’Italia faccia parte di questa rete.
E lei collaborerebbe con la giustizia italiana?
Sì, sono pronto a venire in Italia e a collaborare con i magistrati.
Perché i nuovi file custoditi in Spagna sono emersi soltanto oggi?
Perché a un certo punto ho spiegato ai magistrati di Madrid che potevano ottenere tutto il materiale contenuto nel cloud.
Il cloud?
Sì, i file erano in un cloud. Quando sono andato via dalla Svizzera non avevo con me nessun computer. Insomma, non avevo memorizzato il materiale in un pc ma su Internet, in un cloud.
E perché i magistrati francesi nel 2009 hanno sequestrato soltanto i file dei clienti di Ginevra della Hsbc Private Bank?
Dopo il mio arrivo in Francia alla fine del 2008 ho copiato nel mio computer soltanto una piccola parte del materiale: una lista di pochi nomi di cittadini francesi che avrebbero potuto far avviare un’inchiesta giudiziaria.
E poi?
E poi ho scritto al procuratore di Nizza, Eric de Montgolfier, dicendogli che volevo collaborare con la giustizia e che avevo molto più materiale. Il Governo francese, però, mi aveva detto di estrarre dal cloud soltanto i file dei clienti di Ginevra, quelli che sono stati consegnati alla procura di Nizza. Oggi invece gli spagnoli hanno tutto ciò che c’era nel web.
Quindi il governo francese era al corrente dell’esistenza di questo materiale?
Sì.
Chi altri sapeva dei file delle altre filiali?
Nel periodo in cui collaboravo con la procura di Torino, i magistrati non riuscivano a ottenere questi file dalla Francia. A quel punto alcuni funzionari dei servizi di informazione italiani hanno visionato il materiale e hanno iniziato a lavorarci per trovare prove di eventuali reati. Ma a un certo punto, nel 2011, hanno smesso di occuparsene. Uno di loro mi ha detto: "Siamo stati bloccati"». Mi avevano anche offerto dei soldi: ho rifiutato.
Da chi sono stati bloccati?
Non saprei. Sono stati fermati per ragioni politiche. Il materiale metteva in pericolo il sistema dell’opacità bancaria svizzera.
Il giornale svizzero L’Agefi sostiene che nel dossier della polizia elvetica ci sono documenti che dimostrano che lei avrebbe chiesto mille dollari per ognuno dei 127mila nomi di titolari di conti cifrati di cui era entrato in possesso e che avrebbe ricevuto 4 milioni di euro dai servizi segreti tedeschi.
Queste carte sono state trasmesse anche ai magistrati spagnoli che dovevano decidere se estradarmi in Svizzera. I giudici le hanno analizzate, hanno stabilito che non ci sono prove di queste accuse e hanno deciso di respingere la richiesta di estradizione. Si tratta di un’email che Georgina Mikhael (l’ex dipendente della Hsbc che con Falciani compì un viaggio in Libano, ndr) inviò a un banchiere libanese ma siccome l’inchiesta svizzera riguarda entrambi, allora dicono che sia stato io a inviare quella email. Questo l’ho già detto nell’aula dell’Audiencia Nacional di Madrid. Niente di nuovo.
Perché questi nuovi file sono così importanti?
Perché contengono anche i nomi degli intermediari, cioè di coloro che nel sistema della banca privata mettono in contatto il cliente con la banca stessa. È un ruolo regolamentato con contratti scritti che assegnano agli intermediari percentuali rilevanti sul guadagno della banca.
E allora?
E allora, per rintracciare ciò che interessa alla giustizia italiana e alla Guardia di Finanza è fondamentale capire chi erano gli intermediari italiani. Il loro è un ruolo molto importante anche se non sono dipendenti della banca. E queste informazioni sono particolarmente utili all’Italia per indagare sulla criminalità organizzata, perché i clienti che hanno qualcosa da nascondere non si presentano con il loro nome. Nei file ci sono informazioni che rivelano la rete di contatti della banca. L’analisi di questa rete è stata fatta dagli americani e dagli spagnoli utilizzando un software che ho creato io stesso.
Cosa è cambiato in questi mesi?
La procura anticorruzione di Madrid ha firmato un accordo di collaborazione con il pool dei reati finanziari di Parigi. È stato il primo passo per realizzare una rete tra sistemi giudiziari di Paesi diversi con l’obiettivo di collaborare nelle indagini sulla Hsbc.
E l’Italia cosa dovrebbe fare, secondo lei?
Bisogna che l’Italia applichi concretamente la Convenzione Onu firmata a Merida nel 2003. In Spagna sono protetto grazie a questa convenzione, ma la Spagna è l’unico Paese che la applica davvero. Non solo. La legge spagnola consente alla procura anticorruzione di avviare indagini anche sulla base di prove frutto di reato.
Da qualche mese lei è consigliere della Direzione generale delle Finanze pubbliche al ministero delle Finanze di Parigi. Cosa fa esattamente?
Aiuto l’amministrazione fiscale francese a usare strumenti che si avvicinano a quelli utilizzati dalle banche. Dal giugno 2013 a oggi 11mila francesi hanno regolarizzato i soldi depositati in Svizzera ed è stato recuperato un miliardo di euro di imposte. E solo perché ormai è chiaro che il fisco fa sul serio. Stiamo lavorando per far adottare tecnologie che servano a controllare le reti finanziarie. Penso a un sistema sull’esempio dell’Hadopi, che in Francia analizza i movimenti su Internet per capire chi scarica illegalmente file musicali o video. È costato 20 milioni di euro e controlla milioni di utenti. Per le seimila banche europee si potrebbe realizzare un sistema di controllo delle transazioni che costerebbe molto meno.
Come funzionerebbe?
Si tratta di monitorare le transazioni bancarie in forma anonima, senza cioè che si conoscano i titolari dei conti. Questo garantirebbe la privacy ma darebbe a investigatori e ricercatori la possibilità di avere dei dati quantitativi e di conoscere gli schemi operativi, cioè - per esempio - quanto denaro di una banca va in Svizzera e se ci sono movimenti anomali rispetto alla media del sistema bancario. È un modo per capire dove potrebbero annidarsi riciclaggio e frode fiscale. Ma non è l’unica iniziativa a cui sto lavorando.
Che altro c’è?
Un altro obiettivo è quello di costituire una piattaforma che aiuti i whistleblower, cioè gli informatori, le gole profonde, e che riunisca anche investigatori e giornalisti. Lavoro a questo obiettivo con alcune organizzazioni internazionali che lottano contro l’opacità finanziaria e la corruzione.
Pensa che la prossima firma dell’accordo tra Italia e Svizzera sullo scambio automatico di informazioni possa aiutare il contrasto all’evasione fiscale?
Gli accordi sullo scambio automatico di informazioni possono essere facilmente aggirati come avvenne con la Direttiva europea sul risparmio. Chi avrà bisogno di opacità continuerà ad andare in Svizzera e si rivolgerà sempre agli stessi gestori e alle stesse banche, che faranno in modo di scavalcare l’accordo spostando tutto in altri paesi.
Un’ultima domanda. In Spagna lei ha aderito al Partido X, nato da una costola del movimento degli Indignados. È vicino a qualche movimento in Italia?
Sono vicino ai movimenti che si battono per una vera democrazia, non ideologici e che portano avanti battaglie concrete per il cambiamento. In Italia questi elementi li ritrovo nel Movimento 5 Stelle.