Giacomo Amadori, Libero 21/1/2014, 21 gennaio 2014
VIAGGIO TRA I NO-TAV CHE STUDIANO DA BR
Il regalo di Natale non è stato apprezzato. Lo scorso 9 dicembre gli specialisti dell’Ucigos e quelli della Digos di Torino sono entrati nelle case di quattro anarchici NoTav con un mandato d’arresto per terrorismo. Da allora il clima di questo strano inverno si è surriscaldato. Anche perché le accuse di eversione hanno resistito davanti al giudice delle indagini preliminari e al tribunale del riesame. Forse per questo i nemici dell’Altavelocità hanno iniziato a fibrillare. Prima pedinando e minacciando il cronista della Stampa Massimo Numa, reo di aver raccontato le indagini sul movimento; quindi il deputato del Pd Stefano Esposito (seguito passo passo come Numa); infine mettendo nel mirino i magistrati impegnati nelle inchieste. Un messaggio chiaro per tutti: possiamo entrare nelle vostre vite in qualsiasi momento. Un salto di qualità certamente apprezzato dalla commissione per il Soccorso rosso internazionale (Sri), con sede in Svizzera, un gruppo marxista-leninista e filobrigatista che ha subito pubblicato un post di solidarietà per i quattro giovani insurrezionalisti. Gesto che dimostra come tutta un’area di professionisti dell’eversione si stia interessando al nuovo corso della Val di Susa.
SOCCORSO ROSSO
Uno dei fondatori di Sri, Andrea Stauffacher, storica militante di estrema sinistra con amicizie brigatiste altolocate, è in questo momento incarcerata, ma ciò non ha impedito ai suoi compagni di intervenire nel dibattito: «È in atto un nuovo e violento attacco al movimento popolare di lotta NoTav: siamo in presenza di accuse di terrorismo nei confronti di chi lotta e si oppone al volere dello Stato. Dopo le manifestazioni e le azioni militanti del maggio scorso la macchina repressiva statale ha cominciato a lavorare a pieno ritmo(...). Le risposte a questi attacchi repressivi sono il rilancio della lotta di classe nei confronti degli inquisiti e di tutti coloro che vengono repressi. Esprimiamo la nostra solidarietà ai compagni arrestati. Esigiamo la liberazione immediata di Chiara, Mattia, Niccolò, Claudio! Contro il Tav con ogni mezzo necessario!». Non basta. Una rappresentanza di Sri, si apprende sul sito, «ha promosso la solidarietà ai compagni processati nell’ambito della lotta contro il Tav, partecipando il 25 febbraio 2012 con un proprio spezzone al corteo di 80 mila persone in Valsusa».
RIUNIONI OPERATIVE
Ma questo non è il primo segnale di fumo che il mondo brigatista invia agli aspiranti stregoni che pascolano la loro rabbia tra le montagne sopra a Susa. Dove, miracolosamente, hanno iniziato a dialogare due mondi un tempo separati da steccati insormontabili: quello dell’anarchia insurrezionalista e l’area dell’autonomia. In valle questi due recinti ideologici sembrano aver trovato una sintesi. Gli investigatori hanno accertato che a partire dal 2009, in diverse riunioni nelle frazioni di Cels e San Giuseppe di Chiomonte, le due anime si sono sedute allo stesso tavolo, individuando un punto d’accordo: la distruzione del cantiere della Tav. Poco importa che fossero cresciuti leggendo i testi Alfredo Maria Bonanno o quelli di Toni Negri, l’importante era il comune obiettivo. Così l’azione è diventata molto più mirata e militare. Le kermesse colorate con migliaia valligiani pronti a offrire vin brulè e salsicce sono diventate un lontano ricordo o un diversivo. Oramai la protesta è diventata un’attività notturna, da incappucciati armati di raggi ultravioletti. Persino lo storico leader autoctono Alberto Perino, classe 1946, è stato perquisito lo scorso settembre, dopo essere stato indagato per istigazione a delinquere. Lassù i valsusini più arrabbiati sono diventati un tutt’uno con gli autonomi torinesi, in particolare i duri del centro sociale Askatasuna, e con gli anarcoinsurrezionalisti. Alcuni di questi simpatizzano apertamente per i bombaroli della Federazione anarchica informale (Fai) e hanno presenziato in segno di solidarietà al processo contro Alfredo Cospito e Nicola Gai, i militanti torinesi della Fai condannati per la gambizzazione del dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi.
PLAUSO BRIGATISTA
Tre galassie sino a poco tempo fa lontanissime, ma ora con un unico sole: la scintilla della lotta NoTav. Una guerra che improvvisamente ha trovato tanti estimatori dell’ultima e della penultima ora. Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, esponenti di punta del Partito comunista politico- militare, arrestati nel 2007 e condannati in via definitiva, si sono rivolti dal carcere a quei compagni che stanno «resistendo» sulle Alpi: «Guardiamo bene proprio il caso NoTav con tutta la valenza “antagonista” assunta, e di portata generale le ultime misure sono drastiche: militarizzazione aggravata con conseguenti minacce penali, e fino a quella di imputazione terroristico-eversiva. Ci si trova appunto stretti in quel bivio: compiere un altro salto in avanti, politico-organizzativo, assumendone anche le conseguenze, o arretrare. Perciò apprezziamo molto la generale tenuta militante in sede processuale e, particolarmente, l’atto di revoca degli avvocati di alcuni/e compagni/e». Parole identiche sono state pubblicate sul sito Operaicontro, questa volta a firma di un sindacalista di base ed ex Carc. Per i cronisti questo messaggio in bottiglia era un invito ad agire, ma per gli analisti dell’antiterrorismo è qualcosa di più: è la presa di coscienza da parte dei vecchi br che lassù sta succedendo qualcosa di irripetibile e insperato. Che quei ragazzi si muovono già come veri brigatisti, si difendono senza avvocati oppure indicano quelli d’area.
AZIONE MILITARE
Sfogliando l’ordinanza del 9 dicembre scopriamo che i quattro arrestati hanno partecipato a un’azione da professionisti: 21 persone, tutte travisate e suddivise in tre gruppi, alle prime ore del mattino del 14 maggio hanno attaccato con bengala, bottiglie incendiarie e molotov tre diversi punti del cantiere della Tav a Chiomonte, a pochi chilometri da Susa. Due assalti sono serviti a impegnare le forze dell’ordine, il terzo a far entrare i presunti guerriglieri dentro al fortino e a lasciare sul campo 15 molotov. Niccolò e Claudio venivano identificati come coordinatori dei «gruppi d’assalto marmotte », Chiara come «coordinatrice degli autisti», Mattia come «coordinatore del gruppi d’assalto RC». I poliziotti hanno individuato anche «un gruppo d’assalto Trento» (sede di un’importante colonia di anarchici), un’«avanscoperta cantiere» e «una vedetta». Per comunicare gli aggressori hanno acquistato almeno otto telefonini e altrettante schede intestate a cittadini extracomunitari. La prima è stata attivata nel gennaio del 2013, le ultime due alla vigilia dell’attacco, il 13 maggio. Queste utenze hanno prodotto traffico solo prima e dopo il blitz, mentre tra l’una e le quattro del mattino del 14 maggio sono rimaste in silenzio radio. Il commando ha quindi utilizzato cellulari «puliti», comprati per comunicare tra loro e in vista di quell’unica azione, una rete di comunicazione a tenuta stagna.
Un’organizzazione capillare che ha impressionato gli stessi inquirenti e che ha portato alla contestazione dell’articolo 280 del codice penale (attentato con finalità terroristiche). Ma a tradire questa falange armata è stato un unico imprevisto. Infatti uno degli stranieri prescelti per l’intestazione di una delle sim era sotto indagine e la sua nuova utenza è stata messa subito sotto intercettazione. In questo modo la Digos ha potuto registrare in diretta le conversazioni di questi nuovi presunti terroristi durante l’attacco. Voci di ragazzi che avevano lo stesso timbro di David Patrick Kelly nel film Warriors: «Guerrieri, giochiamo a fare la guerra?».
(1.Continua)