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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

IL SORRISO RITROVATO DI FLAVIA

Era il 1999 e, come faccio spesso, mi aggiravo tra i campi del Roland Garros a metà fan, a metà pedofilo. Quel che mi aveva affascinato era una ragazzina italiana, uno splendido esemplare di mediterranea, corpo dolcissimo e insieme flessuoso, occhi penetranti, sorriso smagliante: Flavia Pennetta.
Insieme a lei un’altra italiana, Roberta Vinci e, come lessi sul programma, di origini non meno meridionali, la prima di Brindisi, la seconda di
Taranto. Di laggiù non era mai giunta una buona tennista, e mentre già mi preparavo a qualche riga sull’emancipazione finalmente conqui-stata, uno spettatore passò a spiegarmi che la nascita di una delle due ragazze era quella di una predestinata, considerato l’amore per il Tennis di suo papà Oronzo, presidente del locale Tennis club.
Le piccole vinsero, le complimentai da vecchio zio e mi accertai, in seguito, che proseguissero la carriera, come non sempre accade agli juniores,
spesso vittime di crolli psichici, o di diversi indirizzi umani. Nulla di simile sarebbe accaduto nel loro caso, nonostante Flavia, di cui mi occupo oggi in seguito alla vittoria sulla Kerber, non certo facile, dopo un’altra mancata contro la tedesca allo US Open del 2011, guarda caso nei quarti, abbia sofferto più di una avversità. Quel che ammiro di Flavia, e che qui accenno, non è soltanto la silhouette che certo non la fa passare inosservata. Non
meno ammirevole è il suo carattere, dopo una vita sportiva che avrebbe spinto altre all’abbandono.
Poco dopo esser diventata professionista, Flavia si imbatte In un avversario insidioso, quale un’infezione tifica, nel torneo di Doha. «E’ stato un calvario - mi disse - ma in fondo mi è servito. Mi ha davvero motivato a continuare ». La vita dell’emigrata impermanente, a Roma e Milano tanto diversa dalla ben nata giovinetta di casa, mi
permise di suggerirle il film Rocco e i suoi Fratelli. Doveva però, giungere l’amore con la A maiuscola, per un incontro nel torneo che più le piaceva, Bogotà. Un torneo in cui Carlos Moya vinse, e con Flavia iniziò una vita prematrimoniale, terminata nel modo scoraggiante in cui si è visto esibirsi in questi giorni il presidente Hollande. Si era nel frattempo trasferita in Spagna, Flavia, e decise di restarvi, per profittare di quel centro d’allenamento che, oggi,
ha sostituito la Florida. Ma, terminate le malattie contagiose, e crollata nei dintorni del numero Cento, seppe riprendersi, sino al giorno in cui, ritornata vicina alle First Ten, il braccialetto di muscoli del polso destro avrebbe iniziato a cedere, sino all’intervento chirurgico della scorsa estate. Ma possiede un carattere non inferiore al fascino, Flavia. Ed eccola pronta a ritornare su in classifica, lei che raccoglie ora il suo quinto accesso alle Prime Otto, seconda solo ai sette della Leonessa nella nostra storia. Contro Li Na. Ma chissà che gli Dei non considerino questa sorta di elenco di mille sfortune.