Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 18 Sabato calendario

MA LA SPAGNA È LONTANA


Naturalmente, il sistema elettorale spagnolo non è affatto come ve l’hanno raccontato e, nella misura in cui esiste, il modello spagnolo si basa su strutture e meccanismi in parte inimitabili in parte raccomandabili. In Spagna, la maggioranza, non tutte, delle circoscrizioni eleggono da tre a sette deputati, ma Madrid, Barcellona e Valencia (qui, leggete, Roma, Milano, Napoli) ne eleggono quasi trenta.
Complessivamente, i deputati sono 350. Non c’è ovviamente, nessun premio di maggioranza. Le liste dei candidati sono bloccate, nessun voto di preferenza. Pensare di tradurre questo sistema in Italia aggiungendovi un premio di maggioranza già bocciato dalla Corte Costituzionale, a meno che venga previsto un secondo turno apposito, e le liste bloccate, anch’esse bocciate dalla Corte, non soltanto snatura il sistema, ma pone problemi per l’appunto costituzionali. Va subito aggiunto che la Spagna è una monarchia che non deve, quindi, eleggere un Presidente e che ha adottato dalla Germania il voto di sfiducia costruttivo. Il Presidente del Governo spagnolo viene eletto a maggioranza assoluta dai deputati (ha spesso avuto bisogno dei voti di alcuni partiti regionali, in particolare della Catalogna) e può essere sfiduciato a maggioranza assoluta purché quella stessa maggioranza o un’altra siano in grado di eleggere un sostituto. Il Senato non dà e non toglie la fiducia. Questo meccanismo che in Italia richiederebbe una ovvia modifica costituzionale, presumo appoggiata da tutti coloro che desiderano un capo del governo forte, è positivamente responsabile, insieme all’esistenza di due grandi partiti, della notevolissima e apprezzatissima stabilità di governo e politica. Insomma, chi vuole imitare un modello di governo, lo deve importare nella sua interezza o quasi, quantomeno nei suoi assi portanti. I sistemi istituzionali non sono supermercati dai quali si comprano i prodotti più luccicanti. Che cosa luccica agli occhi di Renzi e dei suoi disinvolti consiglieri elettorali? Che cosa attrae l’interesse di Berlusconi e dei suoi consiglieri che sanno fare qualche conto? Anzitutto, luccicantissime sono le liste bloccate grazie alle quali Berlusconi continuerà a nominare i suoi parlamentari e, dal canto suo, Renzi procederà a un repulisti complessivo la cui probabilità sta già producendo molte fibrillazioni nei ranghi dei deputati del Partito Democratico. Agli occhi di Berlusconi luccica anche e parecchio la possibilità di fare fuori Alfano e i deputati che lo hanno seguito. In circoscrizione di 3-5 seggi nessuno di loro può sognarsi di arrivare al 18 percento circa di voti necessari. La stessa sorte avrà SEL a meno che non accetti le condizioni sicuramente stringenti dettate da Renzi per una alleanza di governo. Berlusconi può assicurare la Lega che in alcuni collegi della Padania i voti là concentrati consentiranno reiezione di almeno una trentina di deputati. Assicurata la sparizione di Scelta civica e di Casini e scoraggiati eventuali piccoli partiti emergenti, il problema saranno le Cinque Stelle, forse in perdita di consenso. Qualcuno potrebbe anche pensare che c’è un altro serio problema. Il sistema spagnoleggiante non da affatto più potere agli elettori. Nessuno può credere alla favola che il vedere le facce dei quattro-cinque candidati e potere decidere di non votarli in blocco, operazione che già sappiamo sarà rarissima, equivalga al potere degli elettori nei collegi uninominali, di scegliere davvero il loro parlamentare. No, la trattativa spagnoleggiante con Berlusconi che, intanto, incasserebbe ancora una volta e subito il riconoscimento del «principale esponente del partito a noi avverso», non deve neanche cominciare. Si torni invece al Mattarellum, sistema votato dal 90 per cento degli elettori nel referendum dell’aprile del 1993. Non attaccandogli un premio di maggioranza» assurdo su un sistema già tre quarti maggioritario. Lo si faccia come suggerito da Pippo Civati abolendo la scheda proporzionale e adottando il sistema usato per il Senato con il recupero proporzionale dei migliori perdenti nei collegi che, comunque, avranno fatto la campagna elettorale. Pochissimi saranno i necessari ritocchi ai collegi e non ci sarà nessun bisogno di modifiche , costituzionali. Con il Mattarellum revisionato si può fare in fretta e bene.