Simona Caporilli, Il Tempo 18/01/2014, 18 gennaio 2014
GUERRITORE: «A CIASCUNO IL SUO LIBRO PER AMARE DI PIÙ LA VITA»
Monica Guerritore, lei è presidente della giuria dei letterati del Premio Campiello, 52^ Edizione. Il 30 maggio a Padova la selezione della cinquina finalista e a settembre a Venezia la proclamazione del vincitore. Senza entrare nei particolari dei libri che forse andranno a comporre la nuova edizione del Premio Campiello lei, tra i grandi classici , quali sceglie?
«Tra i tanti? "Furore" di Steinbeck, e "Menzogna e sortilegio" di Elsa Morante».
Parliamo di emozioni e testi teatrali. Per i periodi bui lei cosa consiglia, Beckett o Tennessee Williams?
«Nessuno dei due. Direi che, la depressione, il periodo più buio della vita, è talmente personale che non ci può essere un testo per ogni essere umano. Per ogni ferita c’è una medicina letteraria che potrà dare sollievo».
Testi comici tra cinema e letteratura. Ha letto l’ultimo lavoro di Gigi Proietti o ne ha parlato con lui? Cosa ne pensa?
«No, no, non l’ho ancora letto ma la leggerò. Ora sto lavorando al mio spettacolo e in questo momento sono impegnata nella lettura di "Furore", con la traduzione di Perroni».
Ha visto anche il film?
«No, ma questa traduzione rianima il romanzo con molta lucidità».
Secondo lei, "Furore", può rispecchiare i tempi di oggi?
«Il grande capolavoro è il grande capolavoro perché continua a parlarci. È il tema della separazione tra l’uomo e la terra. L’uomo e la casa, l’uomo e il suo luogo. E la cacciata della famiglia Joad è un qualcosa che tocca intimamente. È la perdita del rapporto diretto tra la tua mano e tuo lavoro. È l’avvento del profitto, del terzo, della banca, di quel qualcuno che gestisce le cose e, quindi, anche il tuo lavoro non è più tuo ma dipende da qualcun altro. È l’allontanarsi dalle proprie memorie. E segna proprio l’epoca moderna, l’avvento dell’epoca industriale. È il racconto di questa epopea dall’Ovest all’Est , verso la California».
Uno studio dimostra che i libri molto spesso condizionano la vita. Secondo lei a un adolescente va consigliato "Delitto e castigo" o piuttosto "Madame Bovary", così passionale?
«Io penso che ad un’adolescente vada trasmessa la forza dell’avventura che diventa avventura fisica e avventura dell’anima. È un qualcosa che aiuta nell’adolescenza. Le biografie che trattano di avventure, rispecchiano quel momento dell’adolescenza, e sono fortemente in cammino e in trasformazione. C’è bisogno di racconti che non siano statici e introspettivi ma epici. Che abbiano un racconto che cammina, che diventi una trasformazione dell’eroe, di formazione. "Furore", di cui parlavamo, può essere dato un giovane adolescente, ti accompagna su questa strada. Per una donna forse va consigliata Jane Austen. O "Menzogna e sortilegio". Una storia che muove».
Il grande e intramontabile classico della letteratura, secondo lei, quale è?
«Dunque, un classico intramontabile... Forse direi "Delitto e castigo"».
Secondo lei, andando all’estero, chi meriterebbe il Premio Nobel?
«Ce ne sono tanti, sarei ingiusta».
I grandi del passato sono un’eredità troppo pesante per gli autori contemporanei, oppure dobbiamo continuarli a considerare un tesoro?
«I poeti e gli artisti sono un tesoro, sono un grande tesoro. Bisogna conoscerli e leggerli. Bisogna saper fare una scelta. Non tutto quello che è passato è un tesoro se sono dei capolavori è proprio peché ci parlano ancora. Se io leggo un libro che ancora mi parla e mi sussurra qualcosa dentro il cuore, quell’autore è un autore immortale. Che non muore più. E che vivrà nel tempo perché ha attraversato le epoche, non è un mero specchio del suo tempo. Un’opera ci parla con il linguaggio muto, quello dell’arte. Ecco, forse un premio postumo lo darei a John Williams, che ha scritto un libro dal titolo "Stoner"».
Lei a cosa sta lavorando, in questo momento?
«Io sto portando in giro "End of the raimbow", sugli ultimi concerti di Judy Garland prima di morire per overdose da barbiturici. E poi un concerto di Nuti con testi di Alda Merini».
Un augurio agli scrittori del Campiello.
«Allora a tutti gli scrittori italiani!».
È vero, prima della cinquina lo spettro è molto ampio.
«Però, l’augurio che posso fare a noi tutti è quello di avere uno sguardo aperto, libero per riuscire a individuare il talento, e questo richiede attenzione e cura».