Filippo Ceccarelli, La Repubblica 18/01/2014, 18 gennaio 2014
DAI VIDEO DI SILVIO AI TWEET DI MATTEO VA IN SCENA LA SFIDA DELLE LEADERSHIP
PER dire il tipetto, e la voglia, le ambizioni, le prospettive e anche un certa spavalderia, quando Matteo Renzi fu sommerso dalle critiche per aver accettato una convocazione a pranzo a villa San Martino, ad Arcore, alzò le spalle e rispose che ci sarebbe ritornato.
Era il dicembre del 2010. Nelle foto appare paffutello, ha più capelli, forse un’ombra di gommina, portava camicie a strisce, ma già allora più che a innovare, verbo invero piuttosto generico, riuscì a occupare la scena e a massimizzare gli ascolti senza che di quel pranzo venisse fuori il senso più autentico e riposto, che trascendeva i problemi municipali fiorentini. Sarebbe bellissimo, oggi, sapere in che modo Renzi, che ha la battuta così pronta, abbia commentato quella specie di egotica moina che il Cavaliere gli aveva somministrato al momento del congedo: «Ti apprezzo perché mi assomigli».
Ieri sera, dalla Bignardi, ha riconosciuto di avere «una bella autostima». Ma una settimana fa aveva reso noto alla pubblica opinione ciò che gli diceva in gioventù il suo confessore: «Dio esiste, ma non sei tu, rilassati!».
Fra teologia e rottamazione qualche legame deve pur esistere. «Berlusconi - proclamò Renzi alla seconda Leopolda - ha l’età di mia nonna». Tra parentesi: come accadde a Mamma Rosa, la nonna di Renzi è già apparsa in tv e sulle copertine dei rotocalchi. Nel mondo del potere tutto è un po’ uguale e altrettanto diverso. Così c’è stato un tempo per la scrivania del «Contratto con gli italiani» e ora ce n’è uno per il programma Excel; e se nella lista delle abitudini che ieri occorreva deprecare c’erano i «teatrini» della politica, questi paiono oggi sostituiti dai «giochini», anzi dai «giohini», con l’aspirata fiorentina.
In altre parole: senza Berlusconi, non ci sarebbe Renzi. È l’evoluzione della specie. Per ragioni quasi più anagrafiche e antropologiche che di schieramento, Renzi ha introiettato la grande lezione del Cavaliere spostandola su un altro orizzonte che solo per convenzione si può definire di sinistra moderata, oppure, o anche (cfr Il Seduttore di Simona Poli e Massimo Vanni) rosè.
Non è solo il Cavaliere a riconoscere che Renzi gli assomiglia e in qualche modo, essendogli affine, lo imita. E’ proprio tale somiglianza, rivendicata ieri in un impressionante articolo di Alessandro Sallusti sul Giornale, che ha l’effetto di renderlo attraente a tutto un universo di Briatore, Signorini, Lele Mora, Barbara del Milan e Francesca Pascale.
Quando, un annetto fa, addirittura Dell’Utri l’ha definito «un nuovo Berlusconi», Renzi reagì con una delle sue: «Attendiamo l’endorsment di Jack lo squartatore».
La battuta, come tante altre, è pregevole, secca ed efficace nella sua energia evocativa. Ma sul tema il leader del Pd non riesce a essere convincente quando respinge «l’ennesimo accostamento superficiale privo di profondità politica». L’insegnamento berlusconiano è evidente nel prevalere in lui delle forme sui contenuti, della comunicazione sulla realtà, delle emozioni sul ragionamento, della seduzione sulla persuasione, della visione sulla sostanza. Nel primato del corpo, in ultimissima analisi, di un corpo giovane e incorrotto, sull’anima.
Renzi cammina sul palco con il microfono in mano, usa una lingua da convention, fa battute spiritose. Una volta è riuscito a smuovere il pubblico facendogli schioccare a ritmo le dita delle mani come in una sorta di danza tribale. Una prodigiosa affabilità narcisistica, altrimenti detta empatia, gli consente di prendere il sopravvento su un’intera sala piena di gente e di farsene un boccone. Adora i leggii trasparenti e altri ingegni di scena, corre, va in bici, mette il casco nella gru, con gli occhiali da sole fa lo stesso effetto del suo avo e attorno a lui tutto è sempre messo per essere guardato.
È un leader-format, non a caso nato in tv, sotto l’ala di Mike Bongiorno in un programma che si chiamava «La ruota della fortuna». Su quest’ultima, comunque, la fortuna, ha scritto un’eloquente pagina Nicolò Machiavelli. Lo psico-demoscopo Alessandro Amadori, che pure fu un campione di «SuperFlash» e poi molto si è occupato di Berlusconi, ha trovato in certi tratti di Renzi, la velocità, la sicurezza, l’iper-attivismo, la scuola dei telequiz. Là dove tanti anni fa ci furono le cassette vhs c’è oggi Twitter.
Fluviale nella parlantina come quell’altro, privilegia pure lui le foto con i bimbi, scambiare per ignoranza Churchill con de Gaulle, coltiva l’ideologia del sogno ed esalta i segni del consumo, Coca cola, Nutella, Moncler, Eataly, Apple. Signore del generico, alfiere del relativo, chiama gli ex partigiani «compagni» e sposta l’ordine delle foto alle sue spalle (La Pira, Napolitano, Mandela) durante le riprese, sempre frontali, in tv. È ossessionato anche lui dal calcio, è tifoso integrale, dagli orologi al polso alle più elaborate metafore, «la stele di Rosetta - l’ha definita Daniela Ranieri sul Fatto - dell’analfabetismo politico».
La sua scommessa non è tanto di azzerare Berlusconi e spazzare via per sempre il berlusconismo, ma di superarli, possibilmente senza traumi. Per certi versi è una via obbligata, ma ardua. Per altri versi, con l’ariaccia che tira, non è detto nemmeno che sia la peggiore - ma in questi casi vale in ogni caso di toccare ferro.