Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 18/01/2014, 18 gennaio 2014
L’AUSTERITÀ DEL GATTOPARDO
Mentre la Procura di Palermo e la Guardia di Finanza scrivevano gli avvisi di garanzia dell’indagine sulle spese disinvolte dei parlamentari dell’Assemblea siciliana, loro, i deputati di Palazzo dei Normanni, ratificavano il bilancio per il 2014 del parlamentino dell’isola. Una sorta di beffardo contrappasso. Con una mano i deputati, secondo le indagini dei magistrati, facevano largo uso personale dei fondi pubblici, con l’altra si apprestavano a dare un taglio secco alle spese. Ma la montagna ha partorito il topolino. L’austerity auto-imposta ha il sapore della barzelletta. Sotto inchiesta ci sono infatti esborsi illegittimi per almeno 10 milioni. E cosa fa il Parlamento? Approva una settimana fa un progetto di bilancio che alla fine vedrà un taglio reale alla spesa per quest’anno di soli 3,2 milioni di euro, cioè meno del 2% sul totale del costo dell’Assemblea regionale siciliana che nel 2014 sarà di 161 milioni di euro.
È qui la beffa. Tanti richiami alla spending review, al rigore pubblico e poi, a fronte di un’inchiesta che parla di 10 e più milioni di spese arbitrarie (e quindi non giustificate), i deputati dell’isola (tutti insieme senza distinzione di colore politico) non sono in grado di andare oltre un risparmio per le casse pubbliche di poco più di 3 milioni. Siamo in Sicilia e quindi a casa del Gattopardo, dove «tutto cambia per non cambiare nulla». Eccolo il redivivo Tommasi di Lampedusa all’opera. Il bilancio fresco di stampa dice che la riduzione della spesa è sulla carta di 9,8 milioni, con il capitolo più corposo cioè l’indennità e i rimborsi spese dei deputati che scendono da 20 milioni del 2013 a 16 milioni. Ma subito dopo si scrive che buona parte di questi 9 milioni serviranno a finanziare la spesa per pensioni che aumenta in virtù di 21 collocamenti a riposo. Un taglio virtuale. Quello reale è appunto di soli 3,2 milioni. La Regione cioè i contribuenti siciliani verseranno nelle casse del parlamentino "solo" 149 milioni quest’anno rispetto ai 152,2 milioni del 2013. Magra soddisfazione come si vede. Quest’austerity è un buffetto sulla guancia per un’assemblea legislativa che continua a costare ai siciliani tanto, troppo. Quei 160 milioni di costo all’anno valgono da soli un sesto dell’intera spesa della Camera dei deputati della Repubblica. Che ha 630 parlamentari conto i 90 deputati dell’assemblea isolana.
Non solo. C’è da chiedersi perché il Consiglio della Regione Lombardia costi meno della metà di quello siciliano. La Lombardia spende 68 milioni e ha 80 consiglieri. Ma soprattutto la Lombardia ha più del doppio degli abitanti della Sicilia. Il che vuol dire che in termini relativi il parlamento siciliano costa oltre 5 volte quello lombardo. Il confronto è perdente con tutti. Il Piemonte spende 62 milioni; il Consiglio veneto costa ai cittadini 52 milioni; l’Emilia addirittura solo 34 milioni. Si dirà siamo al Sud, in una regione a statuto speciale. Il paragone è fuorviante. E allora perché la Campania che certo non ha meno problemi della Sicilia riesce a gestire il proprio Consiglio con 66 milioni contro i 160 di Palermo? E anche la Puglia non va oltre i 52 milioni. Come si vede quel costo supera mediamente di quasi tre volte quello che ogni Regione italiana spende per i propri organi legislativi.
I 90 deputati costano 16,2 milioni (180mila euro all’anno ciascuno cioè 15 mila lordi al mese); poi ci sono gli ex deputati. Sono oltre 300 e si portano a casa 20 milioni. Una casta dorata a tutti gli effetti e che continuerà, nonostante l’austerity a rimanere tale. E poi c’è il costo esorbitante dei dipendenti. Sono ben 239 e valgono tutti insieme 35 milioni di euro di stipendi. Ognuno, dal vertice all’ultimo dei fattorini, costa ai siciliani quasi 150mila euro lordi all’anno. Qualche esempio della munificenza pubblica? Uno stenografo con 20 anni di servizio prende 5mila euro netti al mese. Una retribuzione da dirigente di una piccola media azienda privata. Un consigliere parlamentare arriva a fine carriera a 8.800 euro netti al mese. Un tecnico amministrativo porta a casa dopo 30 anni quasi 4mila euro netti al mese. Retribuzioni da Paese di Bengodi che non hanno nessun riscontro con il mondo reale. A Palazzo dei Normanni anche gli ex dipendenti in pensione non se la passano affatto male. Sono circa 280 e peseranno nel 2014 per la bellezza di 49 milioni di euro. Tre milioni e mezzo in più rispetto all’anno scorso. In media le loro pensioni valgono pro-capite la cifra record di 175mila euro l’anno. Vere e proprie pensioni d’oro. Di fatto il Consiglio regionale siciliano è un immenso luminoso stipendificio. Solo per pagare deputato, dipendenti ed ex tra parlamentari e dipendenti se ne vanno dal bilancio ogni anno almeno 130 milioni di euro. L’80% dell’intero bilancio che è di 160 milioni serve solo a pagare stipendi e pensioni lucrosissime a una pattuglia di poco più di 900 siciliani. Ciascuno di loro vale per le casse pubbliche quasi 180 mila euro l’anno. Una pattuglia di iper-privilegiati che si autotutelano. Ecco la casta. Indistruttibile.