Massimo Vanni, la Repubblica 19/1/2014, 19 gennaio 2014
Alle 7.30 in punto monta di corsa sul taxi davanti al Nazareno. Solo che cinque minuti non bastano per arrivare a Termini e prendere il treno delle 19
Alle 7.30 in punto monta di corsa sul taxi davanti al Nazareno. Solo che cinque minuti non bastano per arrivare a Termini e prendere il treno delle 19.35: «Qui non c’è, ho controllato», dice del resto il capotreno. Resta il treno delle 19.50, l’ultimo collegamento veloce con Firenze e il segretario Matteo Renzi arriva al binario numero 4 perfino con qualche minuto di scarto. Sale subito sulla carrozza 1 di prima classe, deserta: getta il cappotto nero sul sedile anteriore e si lascia cadere sul 15c, lato corridoio. Stanco, provato, ma con l’aria di chi sa di aver giocato una buona finale di campionato. Niente portavoce, nessun assistente. Il segretario del Pd viaggia accompagnato solo dalla sua 24 ore nera, che contiene sempre una camicia bianca di ricambio. E quella di giornata è ancora intonsa. Condivide la carrozza con due altri passeggeri, uno in cima e uno in fondo. E tra tante poltroncine vuote Renzi appare perfino solo. I cronisti lo inseguono: «Spero che sia la volta buona, ma adesso lasciatemi lavorare». Perché il passaggio è troppo delicato, troppo importante, per dire altro. E la smettano di accusarlo di aver fretta: niente voto anticipato a maggio, l’accordo discusso con Berlusconi riguarda anche le riforme costituzionali. E per quelle ci vuole tempo. Renzi allontana i cronisti e s’attacca al telefono. Scambia sms con il premier Enrico Letta. Scrive una email informativa anche al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Per tutto il viaggio, circa un’ora e mezzo, non si concede neppure un pisolino: scrive sms usando i due pollici delle mani, telefona e ritelefona nonostante le difficoltà di connessione dovute alle gallerie. Quindi ancora con il capo basso, con gli occhi rivolti sull’ennesimo sms. Non mangia neppure qualche snack: alla hostess chiede solo un bicchiere di Coca-cola che trangugia d’un fiato. Un’ora e mezzo da Termini alla stazione di Santa Maria Novella che vola via tra colloqui e messaggini. Perché solo in prossimità del capoluogo toscano Renzi si lascia andare ad uno sbadiglio e per un po’ guarda fuori dal finestrino. Si alza che il treno è quasi fermo. Sono le 21.20. Nessuno che lo aspetti al binario: «In bocca al lupo Matteo», gli grida un ferroviere. Lui ringrazia, stringe le mani degli agenti di polizia che passano di ronda. Poi Giulia, una bella ragazza accompagnata dalla madre, lo blocca chiedendogli una foto ricordo: «E’ per mio babbo, è un suo fan, ha tutti i suoi libri». Ancora saluti, ancora uno scatto souvenir col sindaco-segretario. Renzi s’incammina verso l’uscita a passi veloci. Nessuno al binario e nessuno che lo aspetti all’uscita: «Ho lasciato la macchina a Palazzo Vecchio, faccio due passi, è tanto che non guardo la città a quest’ora». Uno sguardo alle nuove aiuole della stazione appena realizzate: «Qui abbiamo fatto un buon lavoro». E quasi riflettendo con se stesso: «Se tutta questa storia va in porto mi prendo qualche giorno. No, non di vacanza. Devo sbrigare un po’ di cose da sindaco di Firenze ». Ma la passeggiata verso Palazzo Vecchio la farà un’altra volta: appena sotto la stazione trova un passaggio col motorino. S’infila il casco e sale a cavalcioni.