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 2014  gennaio 18 Sabato calendario

VISINTIN: «GIOCO A ROLLERBALL SULLA TAVOLA»

Il diavolo e l’acqua santa: «In pista mi scateno, divento un agonista pazzesco proprio come quando, da piccolo, lanciavo sfide su tutto: a chi lanciava il sasso più lontano o a chi arrivava per primo a scuola. A me piace vincere, ma nella vita, lontano dalle gare, sono un tipo tranquillo». Apollineo e dionisiaco. Omar Visintin da Lagundo, con natali meranesi, si racconta così in attesa che Sochi 2014 ci parli di lui — è una delle carte migliori della spedizione azzurra: tre podi, con due vittorie, nelle quattro gare iniziali della Coppa del Mondo — e delle mirabilie di acrobazia, tecnica e grinta che combina su una tavola con la quale galoppa sulla neve in una lotta tra curve, salti e saliscendi che inevitabilmente si fa selvaggia, gomito a gomito con i cinque avversari di ciascuna manche. «Vi ricordate quel film, Rollerball? Ecco, lo snowboard cross (detto anche Snowboarder X, SBX, Boardercross, Boarder-X o BX) lo ricorda: bisogna essere duri e coraggiosi, ma a differenza di quel gioco immaginario, noi dobbiamo saperci frenare. Al rivale si può andare addosso, però è vietato spingerlo o prenderlo per la maglia: aggressivi sì, ma con giudizio, anche perché non sempre il contatto fisico paga».
Si scopre allora che questi virtuosi dell’equilibrio devono essere anche precisi ragionieri («Occorre calcolare i rischi e i vantaggi di ogni azione» ), bravi scacchisti («La strategia ha il suo peso») e perfino un po’ piloti di F1: «In effetti — riprende Omar, 24 anni compiuti lo scorso ottobre — qualche punto di contatto c’è. Una gara si svolge in tre giorni: prove nel primo, poi qualifica e infine la corsa con 48 ammessi, manche a sei che eliminano di volta in volta i peggiori tre e un tabellone tennistico fino alla finale». Se nelle auto i più veloci in qualifica hanno i posti migliori sulla griglia, i «fulmini» del BX hanno diritto di scegliere la porta dalla quale scattare: le centrali danno vantaggio. Per il resto, posto che le diavolerie sono limitate («Non siamo come nello slittino, da noi basta avere una lamina liscia e non esagerata, altrimenti freni troppo»), occorre dosare testa e attributi «per andare a una guerra che, paradossalmente, deve essere leale».
A Omar la tavola del free ride è piaciuta subito, ben più dello sci, che peraltro non ha mai abbandonato, e pure dello snowboard dello slalom e del gigante. Ama balzi, paraboliche e incroci un po’ «perché regalano adrenalina pura», un po’ perché vede la specialità vicina alle discipline turbolente che l’hanno sempre affascinato e che pratica, dal kitesurf, allo skateboard, al kayak fluviale e a quel parapendio «che presto mi vedrà all’opera senza il maestro», un po’ perché «il nostro è anche uno stile di vita». Non è uno sport tradizionale, anzi è perfino di più: si socializza, si fa baldoria, si è amici dopo le gare. «L’idea dello snowboarder un po’ hippie resiste ancora, anche se oggi si è molto più professionali e, ad esempio, nell’anno olimpico mi sono ripromesso di non buttare giù una goccia di alcol. Però il nostro pianeta è fatto anche di comunità, feste. Negli altri sport si divertono come noi? Non penso».
Quindi, al diavolo la riflessione che non è una miniera di quattrini («Lo sport deve essere passione»), bando alle deconcentrazioni che distolgono da neve e salti («Ho cominciato studi di economia, ma per ora sono sospesi») e avanti con allenamenti senza sconti (due volte al giorno per cinque-sei volte alla settimana) dopo i quali «a volte mi va di prendere la chitarra e di suonare per gli amici». Anche Dominik Paris, il discesista conterraneo, ex compagno di Visintin alla scuola sportiva di Malles, la suona. «Ma Domme è un metallaro duro, io sono per motivi languidi, da falò sulla spiaggia». E se ai Giochi entrambi finissero sul podio, che bella storia sarebbe? «Paris per me è da medaglia: anzi se la meriterebbe proprio». Omar, invece, preferisce mettersi a lato del pronostico: «Conterà anche il fattore fortuna, per quanto, alla fine, vince sempre il migliore. La concorrenza è fitta, io farò la mia gara, cercando di stare davanti e di gestire il mio destino». La pressione coinciderà con l’onore di provarci: «Non andrò in Russia a fare il turista».