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 2014  gennaio 18 Sabato calendario

GILARDINO: «A PRANDELLI MANCA UNO COME ME»

Sopra la testa gli affreschi di Bernardo Castello, in testa il terzo Mondiale. Alberto Gilardino, 31 anni, bomber di lungo corso (167 gol in serie A, terzo più prolifico in attività dopo Totti e Di Natale, 8 in questa stagione) ha sempre volto e toni dell’attaccante perbene. Appartiene alla generazione dei trentenni che non mollano, come Toni e i suddetti. Vive, nella villa pegliese del Grifo, giorni tiepidi in equilibrio su logiche di mercato. Chiede di non parlarne e, nell’eventualità di un addio, un posto come questo per restare sopra la linea dell’orizzonte di Prandelli. Per ora è qui.
Alberto, come va il Genoa?
«Dobbiamo migliorare, abbiamo avuto grandi prestazioni e prove sottotono».
E lei, a 31 anni, come si sente?
«Ancora molto giovane, in forma, con la convinzione di poter vivere molti anni da protagonista».
Dieci anni fa, stagione 2003-2004, l’esplosione: 23 gol nel Parma. Ma il Trap non le fece il biglietto per gli Europei.
«C’è un tempo per ogni cosa, quello non era il mio. Ho avuto una crescita costante, tecnica e mentale. In nazionale ci sono arrivato».
C’è un sistema per stare a galla?
«Continuare ad allenarsi, essere sempre positivi. L’ottimismo fa bene».
Ha sempre dato molto alle squadre dove è stato.
«Questo mi ha tenuto vivo. Buono per l’autostima e per il ricordo dei tifosi».
Non si è mai sentito un po’ sottovalutato?
«Questa domanda me l’hanno fatta in tanti».
Allora cancelliamo.
«Ci mancherebbe. Penso solo che sia difficile rispondere. Un atleta deve sempre dare il massimo in modo che, qualunque cosa pensino gli altri, non abbia né rimpianti né rancori».
Nel 2005 preferì il Milan alla Juve.
«Il Milan mi aveva richiesto insistentemente. Della Juve non ho mai saputo nulla».
Nell’estate del 2013 però poteva andarci.
«Sì, in un giro di attaccanti, poi non si è fatto nulla».
Dispiaciuto?
«Si punta sempre in alto. La Juve è una delle grandi d’Europa. Però rimanere al Genoa vuol dire giocare con continuità».
E giocarsi il Mondiale. Faccia un auto-spot.
«Uno con le mie qualità in nazionale non c’è. Esistono grandissimi attaccanti, ma con caratteristiche diverse».
Il collega più ammirato?
«Batistuta».
Totti in azzurro?
«Francesco è un giocatore formidabile. L’età per lui non conta e i conti per il Mondiale si faranno a maggio».
Il difensore più temuto?
«Con Samuel e Nesta era sempre dura».
Domani c’è l’Inter. Gasperini non si è lasciato benissimo con i nerazzurri, vi ha spremuti?
«Abbiamo lavorato bene. Incontriamo una delle tre/quattro squadre più forti, al di là dei risultati. Avremo bisogno dell’appoggio del nostro pubblico».
Quando finisce qua, dove va?
«Ho una moglie, Alice, e tre figlie, Ginevra, Gemma, Giulia. Con quattro donne a casa non si scappa».
Che futuro s’immagina per le sue figlie?
«Guardando l’Italia è difficile programmare un futuro roseo. A volte penso che mi piacerebbe dare alle mie figlie la possibilità di vivere all’estero, per confrontarsi con un’altra realtà, per imparare le lingue. Però tutta la mia vita l’ho passata qui dove sono le mie radici e dico che bisogna valorizzare il nostro Paese».
I suoi obiettivi.
«Il terzo Mondiale. Poi, finché giocherò, arrivare a 200 gol in serie A. E naturalmente, la salvezza del Genoa».