Francesca Schianchi, La Stampa 18/1/2014, 18 gennaio 2014
SUL PIATTO LO SPAGNOLO ALLA FIORENTINA
Il segretario del Pd Matteo Renzi non fa che ripeterlo: l’obiettivo deve essere una legge elettorale in cui chi vince governa per cinque anni, «senza strani giochi», e si prende la responsabilità di successi e fallimenti. Oggi pomeriggio dovrebbe discuterne con Berlusconi. I modelli che il leader democratico ha proposto, da cui avviare una discussione, sono tre: lo spagnolo, ma rivisto; il Mattarella, ma rivisto pure lui; il doppio turno di coalizione. Ma la discussione col leader di Forza Italia sembra concentrarsi soprattutto sui primi due. Ecco in cosa consistono.
Il modello spagnolo
Quella spagnola è una legge proporzionale, ma molto corretta, che nei fatti ha effetti bipartitici. Il territorio è suddiviso in un elevato numero di circoscrizioni, tante quante sono le province: solo dentro ciascuna di esse si applica la proporzionale (non si mettono in comune i resti). Le liste di candidati sono bloccate ma molto corte. «È un sistema che sembra proporzionale, ma siccome spacchetta il territorio in circoscrizioni indipendenti tra loro, ha una soglia implicita molto elevata», spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex senatore del Pd, esperto di sistemi elettorali. «In Spagna questo sistema venne scelto per indebolire i medi e piccoli partiti nazionali, portando sostanzialmente al bipartitismo, senza però penalizzare le formazioni regionali».
Spagnolo in «salsa fiorentina»
Nella proposta del segretario Pd, le correzioni apportate al modello spagnolo sono sostanzialmente due: una soglia di sbarramento del 5% e il premio di maggioranza, «visto che da noi i partiti grandi sono tre, e si correrebbe altrimenti il rischio di un sostanziale pareggio», spiega Ceccanti. L’idea sarebbe di suddividere il territorio nazionale in 118 circoscrizioni: alla lista vincente va un premio di maggioranza del 15%, pari a 92 seggi. Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Il dubbio che aleggiava prima della sentenza della Consulta era sull’ammissibilità della lista bloccata: ma le motivazioni distinguono tra le lunghissime liste del Porcellum, non accettabili, e quelle invece «che prevedono un numero di candidati talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi».
Chi avvantaggia
Come in Spagna, dove avvantaggia i partiti grandi, anche qui «un sistema come questo avvantaggerebbe i primi tre partiti del Paese. I piccoli partiti nazionali o non entrerebbero in Parlamento, o prenderebbero pochi seggi. Mentre la Lega, fortemente radicata in una parte del territorio, potrebbe farcela», valuta ancora Stefano Ceccanti.
Il «Mattarella»
Approvato sulla spinta del referendum del ’93 che segnò una svolta verso il maggioritario, il cosiddetto Mattarellum è rimasto in vigore da quell’anno fino al 2005, quando venne sostituito dal Porcellum. Il territorio era suddiviso in 475 collegi uninominali alla Camera e 232 al Senato: il 75% dei seggi veniva assegnato secondo un maggioritario a turno unico, mentre il restante 25% era assegnato con sistema proporzionale diverso tra Camera e Senato. Per Montecitorio l’elettore aveva a disposizione un’altra scheda, con lista bloccata, e riusciva a entrare solo chi superava la soglia di sbarramento del 4%; a Palazzo Madama si procedeva con un recupero proporzionale dei più votati tra i non eletti su base regionale. Il tutto attribuito con il meccanismo dello scorporo, che prevedeva di scorporare dal conteggio i voti serviti al partito di maggioranza per fare eleggere il candidato della quota uninominale: l’obiettivo, spesso aggirato dalle liste civetta, era di favorire le forze minori.
Il Mattarella «rivisto»
Anche in questo caso la correzione sostanziale apportata dalla proposta del segretario Pd riguarda il premio di maggioranza: il 25% dei seggi, in passato attribuito su base proporzionale, dovrebbe invece diventare per il 15% un premio di maggioranza, e per il restante 10% costituire diritto di tribuna.
Chi avvantaggia
«Anche questo sistema – giudica Ceccanti – avvantaggia i partiti grandi, ma in misura minore rispetto allo spagnolo, perché comunque i candidati nei collegi sono tendenzialmente di coalizione».
Doppio turno «dei sindaci»
Chi vince prende il 60% dei seggi, e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti, anche se è prevista una soglia di sbarramento del 5%. Questo sistema avvantaggia i piccoli partiti, ma difficilmente oggi Renzi e Berlusconi ne parleranno: tra tutte e tre, questa è la proposta che vede più contraria Forza Italia.