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 2014  gennaio 12 Domenica calendario

«I bond, presentati come rendimenti privi di rischi, ora sono rischi privi di rendimento». Basta una battuta al finanziere Warren Buffett per spiegare, con la consueta sagacia, la paradossale situazione dei mercati finanziari: la spasmodica ricerca di rendimenti da parte degli investitori di tutto il mondo ha avuto l’effetto di ridurre i tassi d’interesse anche su titoli più rischiosi

«I bond, presentati come rendimenti privi di rischi, ora sono rischi privi di rendimento». Basta una battuta al finanziere Warren Buffett per spiegare, con la consueta sagacia, la paradossale situazione dei mercati finanziari: la spasmodica ricerca di rendimenti da parte degli investitori di tutto il mondo ha avuto l’effetto di ridurre i tassi d’interesse anche su titoli più rischiosi. Questo ha indotto gli investitori ad assumersi ancora più rischi, a fronte di rendimenti sempre minori. Ormai vanno a ruba anche i Cdo, quelle obbligazioni "salsiccia" che fino a pochi anni fa tutti chiamavano titoli «tossici»: negli Stati Uniti nell’ultimo anno i loro prezzi sono infatti raddoppiati, arrivando al 40% del valore nominale. Insomma: gli investitori danno l’impressione di raschiare il fondo del barile. Per un motivo banale: hanno troppi soldi, ma non sanno più dove investirli per garantirsi guadagni accettabili. Il motivo è noto: la liquidità sui mercati è iper-abbondante. Solo nel 2013 le banche centrali di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone hanno iniettato sui mercati finanziari 1.700 miliardi di dollari nuovi di zecca. Nel 2012 ne avevano immessi mille miliardi. Dalla fine del 2006 ad oggi – secondo i dati Bloomberg – le principali banche centrali del mondo hanno aumentato la quantità di moneta in circolazione di 27mila miliardi di dollari: l’aggregato M2 è praticamente raddoppiato in sette anni. Questo ha avuto l’effetto di ridurre oltremodo i rendimenti su tanti (non più tutti in realtà) mercati obbligazionari. Quelli dei titoli di Stato dei Paesi più sicuri negli ultimi mesi sono risaliti un po’, come quelli dei Paesi emergenti. Ma in generale i tassi d’interesse restano bassissimi. Questo mette nei guai gli investitori: perché hanno tanti soldi, ma non riescono a farli fruttare. Ad alcuni di loro può importare meno, perché il calo dell’inflazione – per esempio in Europa – potrebbe mantenere a galla i rendimenti reali dei bond. Per la maggior parte degli investitori il problema è gigantesco. Per esempio per le assicurazioni: negli anni passati hanno infatti emesso polizze-vita (con durate lunghissime) garantendo rendimenti oggi introvabili sui mercati. Quelle tedesche – secondo i dati McKinsey – mediamente garantiscono nelle polizze rendimenti del 3,19%: come possono pagare interessi così elevati, in un mondo di tassi ultra-bassi? A lungo andare questo può minare le loro stesse fondamenta. Prima o poi saranno forse costrette a ristrutturare le polizze. Problemi simili li hanno i fondi pensione. Anche per le banche le difficoltà non mancano: i tassi bassi hanno infatti ridotto i loro margini. Morale: tanti investitori sono costretti ad aumentare i rischi per mantenere guadagni accettabili. E dato che un po’ tutti si comportano così, in tutto il mondo, i rendimenti dei titoli ad alto rischio continuano a scendere. Morale: come dice Warren Buffet, ormai si comprano «rischi senza rendimenti». Tutti lo sanno, ma nessuno può farne a meno.