Anna Bandettini, la Repubblica 17/1/2014, 17 gennaio 2014
ALL’OSCAR! – [PARIGI, L’EMOZIONE DI SERVILLO: "CHE BOTTA, RAGAZZI"]
«Allora è vero?», dice serafico Toni Servillo mentre intorno c’è già subbuglio: gli abbracci, i baci, gli sms in arrivo dall’Italia, le pacche sulle spalle degli amici e dei collaboratori, Renato Rizzardi, Angelo Curti che smanetta da un sito all’altro per avere tutte le certezze e Fabio Conversi il produttore della Babe Film, nei cui uffici parigini alle 14.30 di ieri è arrivata la notizia, che ricorda l’emozione fino alle lacrime di quella notte sul set quando per la prima volta Toni uscì dalla roulotte vestito da Jep Gambardella. La grande bellezza di Paolo Sorrentino è tra i cinque film in lingua straniera selezionati per gli Oscar 2014: 16 anni dopo La vita è bella di Roberto Benigni che lo vinse, e a otto anni da La bestia nel cuore di Cristina Comencini. Se la vedrà con il belga Una storia d’amore di Felix Van Groeningen, il danese Il sospetto di Thomas Vinterberg, il cambogiano The missing picture di Rithy Panh, il palestinese Omar di Hany Abu-Assad.
Toni Servillo accoglie la notizia come sempre soavemente schivo, orrificato dagli esibizionismi, forse atterrito da questa proiezione nello scintillante universo hollywoodiano. Ma la nomination all’Oscar non è una notizia come le altre e in questo caso non festeggia solo il successo di un film ardito e unico, ma una discontinuità importante con l’immagine internazionale del nostro paese di questi ultimi anni, «il marchio di un’italianità nobile» come dice Servillo che di quel marchio è una delle certezze visto che proprio qui a Parigi ha presentato con esiti già entusiasti tra i critici Viva la libertà il film di Roberto Andò, ma soprattutto ha portato Le voci di dentro di Eduardo, lo spettacolo firmato con Teatri uniti e Piccolo Teatro da regista e protagonista, accanto al fratello Peppe e un’eccellente compagnia che sta trionfando al Théatre di Bobigny con tutti esauriti.
Due belle soddisfazioni che lo hanno tenuto al riparo dalle polemiche italiane per la parolaccia che gli è "scappata" durante un’intervista con RaiNews. «Non voglio commentare», dice col tono di chi come per magia vorrebbe cancellare dalla memoria una brutta cosa. «Forse tra sei mesi ne riparleremo...».
Come ci si sente da candidati all’Oscar?
«Come un ragazzino che vede rimpicciolire la distanza coni suoi sogni. Una botta enorme. E sono felice soprattutto per Paolo Sorrentino. È un premio al suo talento».
Ora però la scommessa su cui tutti giocano è: lei andrà o no a Los Angeles il2 marzo la notte degli Oscar?
«Ho terrore degli aerei. E c’è la tournée di Le voci di dentro, il rispetto per il pubblico. Prima di dire sì voglio parlare con Paolo. E lo farò appena sono solo».
Il vostro è un bel cammino fatto assieme.
«Sicuramente. Su sei film, quattro Paolo li ha fatti con me. La nostraè un’amicizia, con un affetto che va oltre la professione. C’è un episodio che non dimenticherò: quando accadde la disgrazia di Theo Angelopoulos nel 2012 sul set di L’altro mare, io stavo male perché l’incontro con Theo era stato importante, forte... La prima telefonata fu quella di Paolo che mi dava sostegno. Poi, neanche un mese dopo, tornato in Italia mi consegnò la sceneggiatura di La grande bellezza dicendo: "Nulla può risarcire un dolore, ma partire per la quarta avventura assieme chissà...". Fu la prima volta che sentii parlare di quel film. Tra noi le cose sono andate in progressione: tutti e due napoletani, la mia prima parte da protagonista nel cinema è stata col suo primo film, L’uomo in più ... Fino a oggi che ci stiamo mandando i messaggi, lui in America e io a Parigi».
C’è chi dice che il film è piaciuto all’estero e non Italia, non a tutti i critici, almeno.
«Non m’interessano queste cose e il film ha fatto oltre 7 milioni di incasso. Perché questa mania dei giornali di cercare sempre le polemiche, anche fasulle?».
Sembra che a Parigi abbiano coniato la "Jep attitude" per definire il suo stile nel film... La prima cosa che le piacque leggendo di Jep?
«La malinconia con cui dissipa il suo talento».
Un po’ triste, no?
«Ma è il centro del film: le occasioni mancate. E poi sono grato a Paolo non solo per avermi dato un personaggio così, ma con l’aggiunta di quei monologhi e battute che sono un nutrimento straordinario per un attore».
Più attore di teatro o di cinema?
«Innanzitutto di teatro, è lì che c’è una relazione intima, naturale con il mestiere d’attore, il luogo dove la menzogna racconta la verità. È il lavoro che faccio tutto l’anno, ogni giorno... Con Le voci di dentro siamo alla 130ª replica. A marzo saremo al Barbican di Londra, poi a Madrid, siamo stati a Chicago: con uno spettacolo in napoletano, un Eduardo che sollecita la tradizione in modo moderno... È il risultato di un percorso iniziato 36 anni fa, non una semplice fortuna».
È un consiglio per i giovani?
«Sì. Ai giovani dico: lavorate con passione, insieme agli altri e, come incoraggia a fare La grande bellezza, non percorrete strade convenzionali».