Valentina Errante, il Messaggero 17/1/2014, 17 gennaio 2014
CACCIA ALLA TALPA IN TRIBUNALE, SPUNTA IL RISCHIO PRESCRIZIONE
IL GIALLO
ROMA Chi ha rubato la richiesta di arresto per Manlio Cerroni dall’armadio del giudice Massimo Battistini conosceva perfettamente i movimenti della procura e quelli dell’ufficio gip. Un giallo che non ha trovato risposta, ma sul quale nessuno nutre dubbi: il responsabile lavora negli uffici giudiziari. Il 9 gennaio, al momento degli arresti e delle perquisizioni, i pm speravano di trovare i settanta faldoni spariti in casa degli indagati. Invece i dischetti che raccontano la gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio non sono stati trovati nell’abitazione di Manlio Cerroni, né in quelle dei suoi uomini fidati. Di talpe nell’inchiesta sul ras dei rifiuti ne sono entrate in scena tante. Roma è solo il punto di arrivo. Per anni dagli uffici giudiziari di Velletri, dove è nata l’inchiesta, le notizie sono arrivate direttamente a Cerroni. Una circostanza che certamente ha rallentato l’inchiesta e che a molti degli indagati potrebbe garantire la prescrizione.
IL FURTO
E’ intorno a metà marzo che i pm Alberto Galanti e Simona Maisto inviano al gip la richiesta di arresto per Manlio Cerroni e altre otto persone (poi saranno in sette a finire ai domiciliari). I pm spiegano al collega che i tempi per la trasmissione degli allegati saranno più lunghi. Sono più di settanta i faldoni da scannerizzare. Migliaia di pagine, che devono essere trasferite su supporti informatici. Alla fine di giugno, Galanti informa Battistini: il fascicolo e completo, ma il giudice gli dice che sarà assente per alcuni giorni e comincerà ad esaminare gli atti al rientro. A luglio, quando torna in ufficio, Battistini cerca la richiesta e i dischetti. Non li trova. Chiede a cancellieri e impiegati, ma del fascicolo non si hanno notizie. Lo stesso gip non si rende conto immediatamente del furto. La prima ipotesi è che il fascicolo sia fuori posto. Alla fine non c’è un’altra spiegazione. Chi ha rubato sapeva che gli atti erano stati inviati e che Battistini non era in ufficio. Il gip si rivolge al suo capo, Fabrizio Gentili, viene informato il presidente del Tribunale. Parte la denuncia per furto aggravato e l’inchiesta viene assegnata a Galanti. Per competenza viene inviata a Perugia. Ma la procura umbra lo rimanda indietro: la parte danneggiata non è il magistrato che ha subito il furto ma il ministero della Giustizia. Adesso le indagini ripartono da Roma. Anzi dall’ufficio al sesto piano del Tribunale. Qualcuno anche da lì ha voluto aiutare “Il Supremo”.
LA PRESCRIZIONE
A rallentare le indagini a Velletri è stata la rete Cerroni. Una circostanza che a molti degli indagati potrebbe garantire la prescrizione. Sapevano tutto gli uomini del Ras: avevano scoperto le delle microspie piazzate alla Regione nel 2009 dalla procura di Velletri. Il funzionario Luca Fegatelli aveva appreso dai vigilantes notturni che i carabinieri erano entrati in piena notte negli uffici. Così aveva anche fatto fare una bonifica con esito positivo. Poi a Franco Marcoccia, sindacalista Uil, aveva chiesto di informarsi in procura a Velletri. «Il fidanzato di una mia amica è magistrato», gli aveva risposto quello e il giorno successivo con un sms l’aveva rassicurato: non c’è nulla. Ma Cerroni gli uomini li aveva dappertutto, anche all’Arpa. Come Fabio Ermolli, che avrebbe fornito dati falsi ai consulenti della procura di Roma chiamati a pronunciarsi sulla contaminazione delle falde acquifere sottostanti Malagrotta. Proprio per Ermolli, indagato per falso e abuso d’ufficio, la vicenda potrebbe chiudersi con la prescrizione. Identica situazione per l’ex presidente della Regione Piero Marrazzo, accusato d’abuso d’ufficio. E potrebbe andare bene anche a Mario Marotta, ex responsabile della Direzione generale attività produttive e rifiuti della Regione.
Valentina Errante