Dino Martirano, Corriere della Sera 17/1/2014, 17 gennaio 2014
D’ALIMONTE E QUEI CONFRONTI CON VERDINI: È MOLTO PREPARATO
Il professor Roberto D’Alimonte — orgoglioso della sua terzietà, conquistata in tanti anni davanti agli studenti della Luiss e dalle pagine del Sole 24Ore — ora dice di «soffrire non poco» nella «nuova veste di ambasciatore di Renzi per la legge elettorale»: «A me sta a cuore rimanere una persona terza e infatti mi calo nei panni del controllore, del facilitatore, che deve evitare gli errori già visti con il Mattarellum e il Porcellum...». Eppure, nonostante l’imprinting decisamente accademico, il professore dice di essersi trovato bene anche con il più tosto e attrezzato degli interlocutori, il plenipotenziario del Cavaliere: «Denis Verdini l’ho incontrato in più occasioni e mi sono subito trovato a mio agio. È molto preparato, addirittura appassionato della materia e credo di aver ottenuto la sua stima... Quando si parte da una base comune di conoscenze non ci sono infingimenti né trucchi. Il confronto è franco e tutto è più facile». Il professore, tuttavia, sa che al tavolo dei «tecnici» dovrà sedersi prima o poi anche il rappresentante di Alfano «altrimenti le cose si complicheranno non poco: a mio avviso il nodo politico è tutto qui perché Alfano vuole il doppio turno mentre Forza Italia non ne vuole sentir parlare. Ma Renzi è un pragmatico e quindi, in prima battuta, sta cercando un accordo con Berlusconi...». Per cui, visto come si sono messe le cose, «il punto di caduta tecnico» della trattativa (a due) è ancora «il sistema spagnolo con un premio di maggioranza». Anche se, ammette D’Alimonte, «in politica la prima scelta potrebbe non essere quella definitiva...». Gli ambasciatori di Renzi e di Berlusconi hanno messo a punto un «modello spagnolo made in Italy» che non può certo piacere ad Alfano: 114 circoscrizioni elettorali con liste corte bloccate (da 6 o 4 candidati ciascuna) che, di fatto, innescano uno sbarramento sostanziale a un livello altissimo. Perché, con pochi seggi da assegnare in ogni circoscrizione, passerebbero solo i candidati dei grandi partiti (o di quelli fortemente radicati in un territorio). E solo chi supera il 35% dei voti prenderebbe il premio di maggioranza del 15%. Nel laboratorio Verdini-D’Alimonte questo equilibrio regge, eccome. Ma qual è la reazione nei gruppi parlamentari del Pd? «Lo so, un altro dei nodi politici è quello dei gruppi anche perché alla Camera ci saranno voti segreti sulla legge elettorale». D’Alimonte, allora, non esclude una «seconda scelta» (Mattarellum corretto con premio di maggioranza) o addirittura una «terza» (doppio turno di coalizione). Ci sarebbe comunque il problema di come l’elettore sceglie i suoi rappresentanti: listini, collegi uninominali o preferenze? «Le preferenze sono un pericolo perché così si può condizionare il voto». D’Alimonte ragiona anche sulla sentenza della Corte e sul potenziale divieto di innestare un premio su un impianto già maggioritario (spagnolo e Mattarellum): «Non sarebbe un vero premio ma una correzione...». Certo, conclude il professore che piace a Renzi, «la Consulta si è ficcata in un ginepraio. Mi chiedo, per esempio, chi stabilisce ora se un premio è troppo spinto o se il listino è abbastanza corto...?».
Dino Martirano