Fabio Monti, Corriere della Sera 17/1/2014, 17 gennaio 2014
QUARANT’ANNI FA IL MONDO SCOPRI’ L’ERESIA OLANDESE DEL CALCIO TOTALE
L’esordio di Clarence Seedorf da allenatore nel campionato italiano arriva a 40 anni dallo storico secondo posto dell’Olanda al Mondiale di Germania, la finale persa (2-1) contro la nazionale di Beckenbauer (7 luglio 1974). Quella coppa del mondo è stata l’epifania mediatica del «calcio totale», avvenuta per paradosso quando già si intravvedono i segnali del declino. L’Olanda arriva all’appuntamento in Germania, dopoché l’Ajax, battuta nella finale di Coppa dei campioni 1969 (4-1 con il Milan di Rocco), ha dominato l’Europa per tre anni, superando all’ultimo ostacolo Panathinaikos (1971), Inter (1972) e Juve (1973, senza Cruijff), ma è stata eliminata dal Cska Sofia negli ottavi dell’edizione 1974 (ai supplementari). Nel 1970 era stato il Feyenoord di Rotterdam, guidato dal grande Happel, a conquistare la coppa. Che sia l’Olanda e non l’Ajax a stupire il globo pallonaro è dovuto semplicemente al fatto che allora si vedevano in tv pochissime gare di Coppa dei campioni e tutto il Mondiale (e pure a colori), partita per partita. Gli arancioni che perdono il titolo mondiale, dopo aver meritato di vincerlo, giocano con Jongbloed in porta; Krol, Rijsberger, Suurbier e Jansen in difesa; Haan, Van Hanegem e Neeskens a centrocampo; Cruijff, Rensenbrink e Rep in attacco.
In realtà l’Olanda, con Rinus Michels c.t., classe 1928, stratega di eccezionale qualità (sarà proclamato «allenatore del secolo»), non fa altro che esaltare i principi che hanno fatto grande l’Ajax, allenata dallo stesso Michels (emigrato nel 1971 al Barcellona, con Kovacs al suo posto), che aveva giocato con i Lancieri sotto la guida di Jack Reynolds (1945-1947). Era stato lui a gettare le basi del calcio totale, che rappresenta la vera rivoluzione calcistica dell’ultimo mezzo secolo. Il «total voetbal» ha spostato la figura del giocatore da una dimensione tecnica ad una (quasi) essenzialmente dinamica, puntando su pressing, fuorigioco, incessante movimento, capacità di giocare sullo (e nello) spazio prima che sull’uomo, passaggi corti. Concetti non nuovi (il «taca la bala» di Helenio Herrera, il «movimiento» di Heriberto), ma studiati e applicati con rigore tattico e totale dedizione alla causa. La pietra angolare è rappresentata dalla spersonalizzazione dei ruoli, sempre più sfumati, per approdare all’idea di giocatore universale, eclettico, polivalente, con caratteristiche di interscambiabilità. In sintesi: «il centravanti che diventa spazio», secondo la suggestiva definizione di Roberto Beccantini. Un lavoro che nasce nei vivai (quello dell’Ajax ha fatto storia), dove i ragazzi si allenano, abituandosi a fare tutto, come dimostreranno più avanti i casi di Gullit (nato difensore) e dello stesso Seedorf. Un sistema di gioco che va molto oltre il vecchio catenaccio, senza rinnegare la fase difensiva.
La difesa a zona, che negli anni Settanta è giudicata un azzardo se non proprio un’eresia (chiedere a Vinicio che l’aveva esportata nel Napoli del 1975), giocatori (portiere compreso) bravi con i piedi, per cominciare l’azione dal basso, raddoppio di marcatura o marcatura plurima e dinamica sull’uomo in possesso della palla, pressione continua per recuperare il pallone (Aldo Giordani, grande commentatore di basket, la spiegherà nei dettagli e con le prime frecce in tv alla «Domenica sportiva» del 30 giugno 1974), squadra corta. A dar corpo alla rivoluzione (che non può mai essere permanente), come sempre nel calcio, sono i campioni, Cruijff prima e più di tutti, insieme con gli interpreti di una generazione, che in qualche modo riuscirà a resistere fino al Mondiale 1978 (senza Cruijff a Barcellona dal 1973 e fuori dalla nazionale per scelta nel 1977), altro secondo posto, finale persa contro l’Argentina.
Il «calcio totale» ha avuto molti ammiratori e tanti imitatori, ma anche grandi apostoli: il Milan di Sacchi; il Barcellona, nella continuità di allenatori olandesi (Michels, Cruijff, van Gaal, Rijkaard) fino al più olandese di tutti, pur essendo catalano (Guardiola); la nazionale spagnola di Del Bosque, che ha vinto il Mondiale 2010, battendo, con il tiki-taka, in finale l’Olanda di van Marwijk, che aveva molto corretto quel sistema. Ma la festa del calcio totale è stato l’Europeo del 1988, vinto dall’Olanda a Monaco, 14 anni dopo il Mondiale 1974, con Michels tornato sulla panchina della nazionale a «miracol mostrare».