Lara Crinò, Il Venerdì 17/1/2014, 17 gennaio 2014
LE RICETTE BORGHESI DI UNA SCANDALOSA SIGNORA DELLE LETTERE
La donna oggi lavora. Quando ha tempo di pranzare a casa, si tiene lontana dalla griglia e dalla piastra come da un incubo, e l’insalatiera sostituisce la casseruola. Succede che ritrovi il piacere di cucinare in vacanza, all’aria aperta, anche solo grazie al fuoco da campeggio». Non è l’incipit di un libro di ricette facili&veloci né la presentazione di un reality culinario. È un brano di un delizioso articolo che Colette, celeberrima scrittrice e giornalista francese, scrisse per il neonato Marie Claire nel 1939. Insieme ad altri interventi per la stessa rivista, scritti fra il ‘38 e il ’40, compare nel volumetto Mi piace essere golosa (Voland, pp. 104, euro 12) che riprende il titolo di una delle più gustose digressioni dell’autrice de La vagabonda a beneficio delle lettrici del mensile. Sono briose ed eleganti incursioni della scandalosa signora delle lettere parigine nel reame della domesticità. E comprendono, con dignità di soggetti letterari, la cucina di casa e i ristoranti, la vita di quartiere e l’arredamento degli appartamenti (12 in 45 anni, tutti in affitto).
Leggerli è un piacere: perché sono straordinariamente moderni e perché vi si scopre che la donna capace di recitare seminuda al Moulin Rouge all’inizio del ‘900 e di stupire Parigi suoi amori, era un’orgogliosa «borghese buongustaia e golosa ». Amava quello che ora chiama slow food e un tempo definivano i semplici sapori della terra. E sapeva «dare divertenti consigli di gastronomia illuminata ». Per lei il vero gourmet quello «che si delizia di una tartina col burro come di un gambero arrostito». Nelle sue pagine, trovano posto la ricetta di caffelatte «speciale», i consigli per cucinare la carne alla griglia o un gustoso croque-monsieur. La frutta «si accorda alla sete del pomeriggio» e dopo una passeggiata al freddo non c’è di meglio che una zuppa al vino con castagne.
Il tutto senza alcun anelito rivoluzionario, perché «la cucina francese, quella vera, si attiene a cinque o sei grandi principi che io venero».
Da audace saggia qual Colette applicava a tavola quel che non aveva voluto applicare alla sua esistenza. «In materia cucina, l’ispirazione non è valsa granché, e io mi tengo salda solo alla tradizione. Un buon piatto è, prima di tutto, questione moderazione e classicità».