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 2014  gennaio 17 Venerdì calendario

C’ERA UNA VOLTA L’ORCO COMUNISTA

Una discreta quantità di care­stia sovietica anni Venti e Trenta. La vicenda dei trenta­mila minori spagnoli fatti espatriare per salvarli dalla guerra civi­le di Franco. Una bella quantità di lot­ta ideologica, tanto per insaporire. I bombardamenti alleati sull’Italia e le loro vittime bambine: solo un pizzico. E così, tanto per gradire, il mito dell’e­roe socialista adolescente che denun­cia i suoi genitori perché «nemici del popolo». Frullare bene, avvolgere con manifesti elettorali del 1948 e conser­vare in frigo reparto «guerra fredda».
Ecco servita la ricetta preferita da ol­tre mezzo secolo di propaganda poli­tica italiana (e non solo): quella suc­culenta de I comunisti mangiano i bambini. Una «leggenda» – la defini­sce già in copertina lo storico Stefano Pivato, che ne ha inseguito le origini curiose; ma non si direbbe, visto che ancora oggi su Internet (d’altronde è l’antro domestico di ogni leggenda metropolitana) qualcuno si domanda se l’antropofagia bolscevica ha davve­ro una radice storica. E si risponde di sì...
Il mito fondatore sta in una copertina della Domenica del Corriere di fine 1943, una di quelle celebrate di Walter Molino: «Sta per partire dal porto di Si­racusa il primo scaglione di bimbi ita­liani dai 4 ai 15 anni, prelevati dalle ter­re invase e destinati ai cosiddetti isti­tuti di educazione della Russia senza Dio». Notizia falsa, falsissima, diffusa ad arte dai giornali di Salò appena pri­ma del Natale (il saggio documenta peraltro che né il Corriere della Sera né l’ Osservatore romano abboccarono al­l’amo) come elemento della «guerra psicologica» scatenata dai nazifascisti per dipingere gli Alleati da «mostri» e insistere così sul topos del comunismo che minacciava la Penisola, qualora Mussolini avesse perso la guerra.
Ma l’episodio è corroborato da una congerie di elementi, storici e no, ca­paci di influire sull’immaginario po­polare e che Pivato enumera con ab­bondanza. Si comincia dalle terribili carestie nell’Urss lenin-stalinista, quando il cannibalismo anche su bambini non era solo una metafora (pure i reduci italiani dal Don narrano di antropofagia nei gulag). Si prosegue coi cosiddetti niños de Rusia , ovvero i minori spagnoli mandati all’estero tra 1937 e 1938 per sfuggire alle truppe franchiste: su 30.000 solo un decimo finì davvero in Urss, ma bastò perché Pio XII li citasse quali deportati «con pericolo talvolta di apostasia e per­vertimento ». Passando al dopoguerra, i manifesti per la propaganda elettorale del 1947 e soprattutto 1948 – «Madre! Salva i tuoi figli dal bolscevismo! Vota Dc» – hanno un precedente nei fogli repub­blichini coi cosacchi che strappano neonati dalle braccia delle madri. Nel medesimo clima si incastona la voce che avessero il capolinea addirittura in Siberia i treni organizzati tra 1945 e 1951 da associazioni di sinistra per of­frire soggiorni gratuiti a 70 mila bam­bini poveri delle regioni meridionali presso famiglie del Nord... Una fola tal­mente diffusa che l’Unità deve, a smentita, pubblicare foto di quei fan­ciulli paffuti e sorridenti; e d’altronde, la leggenda non sarebbe compiuta senza l’orco.