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 2014  gennaio 16 Giovedì calendario

IO DICO: IL FUTURO C’È

[Linda Laura Sabbadini]
La conosco da una vita. Oggi dirige il Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell’Istat, che monitora nascite, matrimoni, divorzi, scuola, vacanze di noi italiani. Da 30 anni all’Istat, Linda Laura Sabbadini ha un chiodo fisso: «Sapere chi siamo e come cambiamo». È lei che ha dato un numero alla fatica delle donne dentro casa (il 72% del lavoro di cura), illuminato il sorpasso delle ragazze sui maschi a scuola, svelato il sommerso nella violenza di genere (10 milioni le italiane che hanno subito una forma di abuso), raccontato chi e quanti sono anziani, immigrati, omosessuali, homeless, disabili. Per questa rivoluzione nei temi e nelle metodologie delle statistiche, nel 2006 Ciampi l’ha nominata Commendatore. Non esagero a definirla Nostra Signora dei Numeri. Ho collaborato con lei quando ero addetto stampa del ministro per le Pari opportunità, Anna Finocchiaro: è una tosta, precisa, positiva. Mi fido. Quindi, eccomi a casa sua, Roma zona Ardeatina, tra composizioni di fiori freschi (suo passatempo), mentre Yara, la figlia 18enne, prepara il tiramisù (Sharon, 20, è all’accademia di costume e moda) e il marito, l’imprenditore Bernard Journo, ci offre un caffè. Siamo qui per ragionare su come si può ripartire dopo questo quinto annus horribilis di crisi.
Diamo i numeri. Più 110mila dal 2008 a oggi. Tra alti e bassi, quindi, le donne sul lavoro tengono?
«Il saldo positivo lo fanno le ultra50enni che, con la riforma pensionistica, restano di più sul mercato del lavoro, e le immigrate, impiegate nei servizi alla famiglia. La quantità tiene, ma peggiora la qualità: meno professioni tecniche e più mansioni non qualificate. Non va bene. Al sud crescono le breadwinner: con un marito cassaintegrato o licenziato accettano qualunque lavoro. Un segno di disperazione, ma anche di forza: sanno rimboccarsi le maniche».
Perché a me pare che abbiamo fatto solo passi indietro?
«Perché la situazione generale è critica, pero usciamo dal mito che sia la crisi peggiore di tutti i tempi. È stata lunga e dura, i poveri assoluti sono raddoppiati (4 milioni e 800 mila), ma ne usciremo. Gli esperti indicano i primi segni di ripresa già dal 2014, anche se la crisi sociale ha tempi più lunghi per essere riassorbita. Però succederà. Il futuro c’è».
Vale per tutte?
«Sì, e le giovani sono le più colpite. La precarietà è alta (29,1% per le under 35) e anche la disoccupazione, le laureate hanno lavori non adeguati al titolo di studio (più dei maschi): uno spreco che c’è da sempre, con la crisi di più. A loro dico: più facoltà scientifiche (30% in ingegneria, ma serve salire) e fare esperienze di lavoro, pur se precario. Non state ferme».
Ora faccio come mia nonna, che alza gli occhi al cielo. Ma in questo caso, mi sa che vedo pure il soffitto di cristallo.
«Ottimo esempio. Siamo al 17,4% di donne nei board, più 7 punti percentuali in un anno. Merito della legge Golfo Mosca, che impone le quote nei consigli di amministrazione (20% ora, 30% entro il 2015). Un tempo ero scettica, ora dico: chiediamole dappertutto. Sono un volano di talento e competenze. In più, risparmiamo tanta fatica ingiusta alle donne. È una posizione strettamente personale, ovvio».
Mia impressione: adesso i giovani fanno famiglia anche senza sicurezze. Come cambiano le vite dentro casa?
«Aumentano le convivenze, oltre il milione, anche quelle pre matrimonio, che sono il nuovo fidanzamento. Le italiane hanno tagliato più di un’ora al giorno di lavoro familiare: meno pulizia, più cura dei figli. I partner, specie i più giovani, giocano di più con i bambini, ma non fanno le pulizie».
Suo marito invece?
«L’eccezione che conferma la regola. Essere solidali e paritari, il più possibile, ci ha consentito di realizzarci sia nella vita pubblica sia in quella privata. Sono privilegiata, lo so». Intanto è pronto il pranzo, preparato da lui: uova al tegamino e cicoria. Così buono che mi mancano le battute per dirlo.