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 2014  gennaio 16 Giovedì calendario

BASTA CIE IDENTIFICARE GLI IMMIGRATI NELLE CARCERI


Negli ultimi mesi i Centri di identificazione ed espulsione hanno spesso fatto notizia e l’occasione per parlare dei Cie è solitamente data da proteste o rivolte che accadono al loro interno. Che i Cie siano privi di efficacia rispetto al fine previsto dal legislatore lo dicono i dati: solo il 46% dei trattenuti in quei centri viene rimpatriato e questi rappresentano solo l’1% degli immigrati irregolari nel nostro Paese.
Un sistema dispendioso e inutile ma, prima di questo, un sistema disumano che ci porta a dire, ormai da tempo, che quei centri andrebbero semplicemente e definitivamente chiusi. Purtroppo questo non avverrà a breve, ma c’è almeno una questione su cui si può intervenire subito. La popolazione che transita all’interno dei Cie è composta, per la maggior parte, da persone che provengono dal carcere. Finito di scontare la pena, cioè, uomini e donne che hanno ricevuto provvedimenti di espulsione amministrativi, giudiziari, o entrambe le cose, vengono portate nei centri per essere identificate ed espulse. La domanda che può venire in mente anche a un non esperto in materia è: una persona che è stata in carcere come può avere bisogno di essere ancora identificata? Il problema, per l’identificazione ai fini dell’espulsione, è la collaborazione del consolato del Paese di cui la persona è cittadina. Dopo il riconoscimento del console, questi prepara il documento di viaggio necessario per effettuare il rimpatrio. Per questa procedura può volerci molto tempo, e nel nostro Paese è contemplato il trattenimento per 18 mesi, mesi che in questo caso si sommano a una pena detentiva già scontata, dando l’impressione allo straniero di essere punito due volte. È per questo che all’interno del cosiddetto decreto «svuota carceri» il governo ha proposto delle modifiche al Testo unico sull’immigrazione, proprio per ovviare al problema della «doppia detenzione». Secondo l’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, la proposta del governo potrebbe essere più efficace. Nel decreto, come nota l’Asgi nelle sue osservazioni, l’identificazione dello straniero in carcere viene proposta solo per chi è destinatario di espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, mentre per gli altri – coloro i quali hanno un’espulsione amministrativa o giudiziale per motivi di sicurezza – continuerebbero a transitare nei Cie. È inutile, poi, gravare di decreti di espulsione persone che si fa fatica a rimpatriare, in quel caso sarebbe meglio sospendere l’espulsione momentaneamente ineseguibile e, nel caso di pericolosità sociale, convenirla con una differente misura di sicurezza. In concreto, ciò che prima era di competenza del ministero dell’Interno, cioè gli accordi con i vari consolati per l’identificazione, adesso deve essere condiviso con il ministero della Giustizia, così da agevolare il riconoscimento per tutti durante il periodo di detenzione in carcere. Se ciò avvenisse, non sarebbe cosa da poco: gli stranieri ex detenuti rinchiusi nei Cie sono quasi il 70%.



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