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 2014  gennaio 16 Giovedì calendario

CLANDESTINI E GALEOTTI IL BUSINESS DELL’ERA OBAMA



Tra i molti paradossi di Barack Obama, uno dei maggiori è probabilmente il suo rapporto con i clandestini. Da una parte, infatti, è il presidente che ha promesso di regolarizzarne il più possibile: almeno 11 milioni, che secondo la nuova legge sull’immigrazione da lui voluta potrebbero definitivamente essere ammessi al “Sogno Americano” attraverso un percorso amministrativo di otto anni. Nel frattempo, però, con nessun altro presidente nella storia degli Stati Uniti ne sono stati arrestati ed espulsi quanto con lui. Non è un caso unico, di un leader progressista con fama di multietnico e multiculturale che però veglia poi sulle frontiere in modo draconiano: Zapatero in Spagna fece sparare sui sub-sahariani che cercavano di varcare le barriere di Ceuta e Mellila e ordinava rimpatri aerei ammanettati; con Hollande in Francia il ministro Valls ha portato il numero dei rom espulsi da ministro dell’Interno il numero dei rom espulsi dagli 8455 nel 2011 e 9404 nel 2012 ai 19380 nel 2013. Ma qui siamo su cifre che sono oltre 20 volte tanto: 1,9 milioni di clandestini arrestati e espulsi da quando Obama è presidente, e 368.000 nel solo 2013. Più che negli otto anni di George W. Bush. E la particolarità è che c’è addirittura una specie di “quota di produzione” che impone di tenere ogni giorno dentro almeno 34.000 stranieri, per via di una legge tra l’altro voluta da un democratico, che si inserisce nella tendenza di fondo alla privatizzazione delle carceri americane. Non necessariamente clandestini. La direttiva era rivolta a loro, ma poiché ormai gli immigrati dal Messico sono a livelli minimi per raggiungere il livello si aggiungono ai clandestini arrestati per aver commesso reati non solo i senza documenti presi per strada in vere e proprie retate, ma anche stranieri regolari che avendo violato la legge diventano in linea di principio espellibili.
Sono state le leggi sulla tolleranza zero che hanno riempito i penitenziari, infatti, a imporre anche una razionalizzazione dei costi che sempre più si sta cercando di ottenere dando le strutture in appalto. Aumentate dal 1990 di ben il 1660%, ormai le carceri private gestiscono il 10% dei 2,3 milioni di detenuti, per un giro di affari pari a 2 miliardi di dollari all’anno. Corrections Corp. of America e il gruppo Geo sono i due leader del mercato che si spartiscono la torta. Jerry Brown, governatore peraltro anche lui progressista di quello Stato della California che ha il record di clandestini a ottobre ha firmato con Corrections Corp. of America a ottobre un contratto da 28 milioni di dollari, che si aggiunge all’altro da 30 milioni già stipulato con il Gruppo Geo.
Ma perché il business funzioni bisogna che le strutture non siano sottoutilizzate, e i contratti spesso prevedono precise penali nel caso. In Arizona l’obbligo è addirittura del 100% di utilizzo, ma anche in Oklahoma e in Virginia ci sono aliquote piuttosto alte. Per ogni detenuto le autorità pagano un tot: nel caso dei clandestini 120 dollari al giorno, versati dall’amministrazione delle dogane e dell’immigrazione (U.S. Immigration and Customs Enforcement, Ice). In più i gestori possono arrotondare affittando il lavoro dei detenuti, a un prezzo inferiore a quello del mercato. Per ovviare, il novantenne senatore democratico del West Virginia Robert Byrd nel 2009 poco prima di morire riuscì a far approvare quella legge che provvede appunto a assicurare questo tetto minimo, il bed mandate, utilizzando proprio gli stranieri. Janet Napolitano, segretaria fino allo scorso 30 settembre in quel Dipartimento alla Sicurezza Interna da cui la Ice dipende, ha per la verità arricciato il naso rispetto a quell’obbligo “artificiale” di avere un numero minimo di detenuti, ma se la cosa suscita polemiche è soprattutto perché gli eletti ne vorrebbero ancora più: lo scorso febbraio il rappresentante texano Michael Mc Cault fece battaglia perché secondo lui i 30.000 del momento erano troppo pochi. Non bisogna infatti dimenticare che le carceri private creano un indotto di posti d lavoro che specie nelle circoscrizioni elettorali più povere può essere particolarmente gradito.