Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 16/1/2014, 16 gennaio 2014
TELESE, LA NUOVA SFIDA DI MATRIX
Domani torna il Matrix versione Luca Telese. Un programma partito in autunno su Canale 5 in seconda serata e che, per alcune settimane, ha avuto «ascolti da calvario» con medie attorno al 6%. Poi la svolta, e le ultime 10 puntate del 2013 che salgono oltre il 10% di share. Telese è multitasking, con una mano chiama al cellulare, con l’altra trova le immagini per il finale di un servizio.
E poi c’è sempre la vicenda Pubblico che gli rimane sullo stomaco: un quotidiano aperto in due mesi e chiuso in tre, con tanto di strascichi da messa in liquidazione.
Domanda. Ma allora come la mettiamo con sta cosa che se Matrix parla di politica non lo vede nessuno, e se parla di cronaca o di spettacolo fa il boom?
Risposta. Tutte fregnacce. La tv è fatta di alte e basse maree, e so che questo è un momento di bassa marea. Non c’entra molto occuparsi di cronaca o di politica. C’entra quello che interessa alla gente e il momento di marea. Matrix era sparito, ed è difficile riavviare un programma spento da tempo. Quanto alla politica, l’ultima puntata del 15 dicembre era di politica, quella prima anche, quella ancora prima un mix. E quella di venerdì 17 si occuperà di politica.
D. Quindi? Leggende metropolitane?
R. Ci sono puntate di politica che vanno bene, altre che vanno male, altre che vanno male, ma andavano fatte comunque. E lo stesso vale per la cronaca. In bassa marea anche Chi l’ha visto, la Gabanelli, o un programma che io amo come quello di Zoro, fanno fatica.
D. Santoro, tuttavia, l’ha paragonata alla Battipagliese, in un ipotetico scontro calcistico col mostro sacro Vespa, paragonato, invece, all’Inter.
R. Un programma non si giudica guardando una sola puntata. Santoro mi ha dato della Battipagliese, e mi sta bene. Ma le trasmissioni entrano nel loro ciclo migliore nel terzo anno.
D. Nella vulgata, tuttavia, è passato il messaggio che a fine ottobre gli ascolti di Matrix erano scarsi, c’era troppa politica, e un po’ di autori sono stati tagliati_
R. È successo come nel calcio, dove un grande allenatore come Allegri diventa capro espiatorio. Dopo i primi risultati non brillanti di Matrix, e un martedì al minimo storico col 5%, la rete ci ha detto che non poteva accettare quell’audience, e doveva saltare la panchina. Una perdita, una ferita dolorosa.
D. Però non è saltato l’allenatore, Telese. Sono saltati i massaggiatori_
R. L’azienda ha valutato che la serie negativa era dovuta a un problema autoriale, e serviva più tranquillità nella squadra.
D. Perché, anche se ci ha messo 12 anni a diventare giornalista professionista, qualcuno in giro parla di lei come di un raccomandato?
R. Sono disposto a usare il bazooka contro chi dice queste cose. Io ho conosciuto mia moglie, Laura Berlinguer, quando già conducevo Tetris su La7. Professionalmente, devo molto a Maurizio Belpietro, che mi ha voluto al Giornale, ad Antonio Campo dall’Orto, che mi ha chiamato a La7. E a Urbano Cairo e Paolo Ruffini, che mi hanno affidato la striscia di Lilli Gruber su La7 la scorsa estate. Ho cominciato nel 1989 al Messaggero, sono diventato praticante nel 1996 all’Italia settimanale di Pietrangelo Buttafuoco, ma dopo quattro mesi il giornale ha chiuso. Ho potuto riprendere il praticantato solo nel 1999, e poi diventare professionista nel 2001. Peraltro, alla faccia del raccomandato, sono stato licenziato da portavoce di Rifondazione comunista, e pure da giornalista della agenzia Dire.
D. Si è pentito di aver lasciato Il Fatto quotidiano in contrasto con la linea filo-grillina? Lei aveva mollato Il Giornale, e uno stipendio sicuro, nel 2009 per andare al Fatto. Poi la storia è finita male.
R. Non sono pentito, era un errore di Travaglio, e mi sarebbe piaciuto fare un quotidiano di opinione diverso. Il Fatto, comunque, è un giornale importante, fondamentale nella mazzetta, la squadra di giornalisti è ottima e la stimo. Non condividevo e non condivido la linea. Nell’estate del 2012 ho fatto un salto nel buio, e sono caduto. Perché per Pubblico non c’era spazio, è stato bocciato dal mercato e abbiamo chiuso.
D. Pubblico però è crollato troppo presto, solo tre mesi di vita. Come si fa a mettere in piedi una avventura dal fiato così corto?
R. Il nostro progetto era dichiaratamente un giornale non populista, che non cavalcava l’antipolitica, che non chiedeva il sangue, non individuava sempre un nemico. Sarebbe andato in pareggio con 8-9 mila copie. E sin da subito abbiamo detto: nel caso non ce la facessimo, chiudiamo. Sono molto fiero della squadra che avevamo creato, 18 giornalisti uno più bravo dell’altro, molti dei quali hanno fatto belle carriere. Per esempio, i nostri tre commentatori politici ora lavorano al Corriere della Sera, a Repubblica e alla Stampa. La responsabile della parte Twitter è diventata la responsabile italiana della società Twitter. Non avevamo finanziamenti pubblici né finanziatori. Abbiamo chiuso subito, e proprio per questo siamo in liquidazione e non in fallimento.
D. Ora come è la situazione?
R. Pubblico è in liquidazione. Quando il liquidatore avrà contattato e raggiunto intese con tutti i creditori, noi azionisti cercheremo di liquidare.
D. Quanto ci ha rimesso?
R. Tutti i miei risparmi fino ad allora, 100 mila euro.
D. Ora scrive per Linkiesta_
R. Sì, un corsivetto al giorno. E poi tre-quattro pezzi al mese per l’Unione sarda.
D. E la tournée nei teatri?
R. Ho fatto solo quattro date, non sono una rockstar.
D. Perché Matrix cambia giorni, e dopo gli appuntamenti al martedì e al venerdì, passa ora al venerdì e alla domenica?
R. Con la partenza del Grande Fratello si sarebbe creato un ingorgo al martedì, e Matrix sarebbe andato in onda molto tardi, all’una di notte. Potevamo scegliere il giovedì, ma due giorni di seguito non si fa. E abbiamo deciso per la domenica.
D. Mi è stato fatto questo ragionamento: Porro e Telese fanno pochi ascolti su La7, Cairo li molla, e loro fanno carriera. Porro va a Rai Due con Virus, Telese a Canale 5 con Matrix. I due programmi non brillano. Ma, lo stesso, vengono confermati. Il motivo è che il loro agente, Beppe Caschetto, è molto bravo. Che ne pensa?
R. Beh, quando il 100% degli ascolti era sulle reti generaliste, il 10% poteva essere un risultato basso. Ora, con un 40% degli ascolti che invece va altrove, è una performance buona. Virus ha avuto contro Tale e quale show, programma con audience da Festival di Sanremo. Cairo ha rotto con Porro, ma a me ha affidato tutta la striscia estiva. Con buoni ascolti e un programma a costo basso. Perché anche il budget conta: se fai il 30% di audience ma la trasmissione costa 10 milioni di euro, non è un grande risultato.
D. Quindi Caschetto non vale niente?
R. Caschetto è un personaggio fantastico. Lo si vede raramente, poi arriva a Roma misteriosamente, ti porta a pranzo, pasteggia con un ottimo champagne millesimato, e ti spiega cinque cose fondamentali della tua vita. Rientra nella categoria dei guru. Ti aiuta ad avere una visione, è un allenatore. Ma in un campo difficile come la tv non entri, e soprattutto non resti solo perché hai l’agente. A Mediaset parlo io direttamente con Crippa o Giordano. Non c’è, per intenderci, il procuratore di Maradona che chiede di farlo o non farlo giocare.