Paolo Siepi, ItaliaOggi 16/1/2014, 16 gennaio 2014
PERISCOPIO
Il ministero della ricerca comunica di non aver trovato niente. Amurri & Verde, News. Mondadori.
Ancòra - Il governo è morto ma ancòra non lo sa. Jena. la Stampa.
Lo stato, l’informazione, la magistratura, la tassazione e pure Equitalia non agevolano gli imprenditori. Oscar Farinetti, patron di Eataly. Il Fatto quotidiano.
Il comando della Forestale. «Il ministro De Girolamo ha diritto a una scorta». Ma la sta esaurendo a furia di cazzate. Spinoza. Il Fatto.
Dal Cav un solo consiglio a Toti: stare Allegri. Maurizio Crippa. Il Foglio.
C’è chi soffia all’orecchio del Fatto che «è deciso, Toti sarà coordinatore unico di Forza Italia» (ed è vero) e chi invece suggerisce al Corriere della Sera che «è fatta, Toti è sconfitto. Sarà semplicemente il capolista delle europee» (ed è vero anche questo). Perché Berlusconi ha deciso già tutto, ma anche il contrario di tutto. Salvatore Merlo. Il Foglio.
La sua ossessione, caro ragionier Saccomanni è non sfondare il tetto del tre per cento; in compenso, tenta ogni giorno di sfondare il tetto degli italiani per calare in casa una bella tassa ardente. Di lui, i posteri diranno, come in una famosa poesia del Montale, «Lascio poco da ardere, ed è già troppo vivere in percentuale, vissi al tre per cento. Non aumentate la dose». La poesia si chiama Per finire ed è un buon auspicio per il Ministro Ipotetico con la pappagorgia. Marcello Veneziani, il Giornale.
«Il cardinalato non significa una promozione, né un onore, né una decorazione; semplicemente, è un servizio. Per questo, i prescelti ricevano la designazione con umiltà e stando ben lontani da qualsiasi espressione di mondanità e da qualsiasi festeggiamento estraneo allo spirito evangelico di austerità, sobrietà, povertà» dice Papa Francesco. Fra i nuovi cardinali c’è l’arcivescovo di Perugia, non i pastori di Venezia e Torino. Il messaggio di Francesco, anche nei fatti, non poteva essere più chiaro: è finito il tempo della divisione fra diocesi di serie A, ambite perché garantivano lo «scatto di carriera», il cappello cardinalizio; e quelle di serie B, utili ad accumulare esperienza o a espiare colpe in attesa della redenzione (o del cambio al Soglio pontificio). Matteo Matzuzzi. Il Foglio.
Nel 1940 avevamo vent’anni: che ragazzi eravamo, cosa sapevamo? Della vita poco, della politica direi niente, se non gli aspetti deteriori della propaganda, alla quale abbiamo partecipato, il più delle volte, per non andare a scuola. Nelle nostre sfilate premilitari non c’era niente di politico. Per me, il Duce era una specie di personaggio teatrale fra il tragico, il buffo e il dialettale. Io, triestino, lo comprendevo a fatica. Giorgio Strehler intervistato da Enzo Biagi a Linea diretta, Rai, 1989.
Cesare Cadeo, l’inossidabile della tv, vanta, come leggo in rete, una laurea in scienze politiche alla Pro Deo University di New York City (sic) ed è stato perfino assessore allo sport della Provincia di Milano sotto la presidenza di Ombretta Colli, ma chissà perché, o chissà come, ogniqualvolta c’è modo di notarlo non si può fare a meno di pensare che meritasse di più. Cadeo infatti è un senatore a vita della tv, al punto che potrebbe perfino comparire nella foto di gruppo accanto agli ultimi nominati da Napolitano: Abbado, Rubbia, Piano, Cadeo, Cattaneo... Dai, dimmi se il nostro sfigura lì in mezzo. Fulvio Abbate. Il Fatto.
Io sono uno degli innumerevoli figli delle nazioni europee che si commossero, nei passati settant’anni, all’angoscia di Paul Valèry sulle sorti d’Europa. Contemplandola nel 1919 esausta, coperta di ferite, Valèry interrogava il destino: «Diverrà, l’Europa, ciò che è nella realtà, un piccolo promontorio del continente asiatico? O riuscirà a restare ciò che sembra, la parte preziosa dell’Universo, la perla della sfera, il cervello di un vasto corpo?». La distinzione celebrava una riuscita secolare che la prima guerra mondiale rese pericolante e la seconda distrusse. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia.
Il sistema linguistico perverso che connota il nostro sistema politico avrebbe fatto inorridire Norberto Bobbio, di cui ricordo lo stupore di fronte a un partito, il Pci, socialista di fatto e comunista nel nome, e a due partiti, il Psi e il Psdi, socialisti nel nome e moderati nei fatti. Così come oggi, i veri moderati (il Nuovo Centrodestra di Alfano), si fingono più riformisti di quello che sono, mentre i veri radicali (la nuova Forza Italia di Berlusconi) occultano il loro radicalismo nell’illusione di attirare i moderati. E se provassimo ad essere quel che siamo? Luca Ricolfi. La Stampa.
Qualcuno una volta mi disse che i cinesi, per dire extracomunitari, dicono stracomunitari. Dovendo trovare un nome per il mio blog, «Stracomunitari» mi è sembrato perfetto. Mohamed Malih, un giovane che vive a Senigallia e da lì racconta la vita di un immigrato in Italia.
L’interesse morboso che mia nonna Imelde nutriva per me, nasceva dalla convinzione che io fossi «segnato da Dio» a causa dell’occhio sinistro menomato. Oggi sarei definito un bimbo ambliopico, mi metterebbero un paio di occhiali predisposti per oscurare l’occhio sano e migliorare, forzandolo, quello difettoso. Allora invece ero solo un bambino guercio dalla nascita. Mia nonna, che mi chiamava il «mio sguercino», sfruttava il mio handicap. Un giorno proclamò che, con quell’occhio sbìrolo, ero escluso da ogni mestiere che mettesse a repentaglio l’altro. Non il sarto, non il calzolaio, non il falegname. Secondo lei, potevo fare soltanto il sacrestano che non è un mestiere pericoloso per la vista. Guglielmo Zucconi, La divisa da balilla. Edizioni Paoline, 1987.
Il Cercueil calava sulle gambe col sassofono appeso al labbro inferiore e pareva dovesse venir meno da un momento all’altro. Era solo la vista dei carabinieri a tenerlo sveglio, per antica abitudine di ladro e di figlio di ladri. Il Pelitti, quasi nascosto dalla batteria, picchiava all’impazzata e faceva andare la gambetta come un arrotino, tempestando di mazzate sorde la grancassa che mandava i suoi rimbombi per la campagna circostante. Piero Chiara, Il balordo. Mondadori, 1967.
Nel prato davanti a casa ho piantato due gingko biloba, gli alberi sopravvissuti a Hiroshima, i primi a crescere dopo la bomba atomica. Gianfranco Baruchello, artista. il venerdì.
Ho pochi amici, ma cattivi. Ho pochi nemici, ma buoni. Roberto Gervaso. il Messaggero.