La Gazzetta dello Sport 16/1/2014, 16 gennaio 2014
ALLE RADICI DI BERARDI
C’è solo un posto dove Domenico Berardi, il ragazzo di Calabria capace di annientare Milan e Allegri con un poker di reti, si sente al sicuro: Bocchigliero. Su questa terrazza alta 900 metri con doppia vista spettacolare (da un parte il mare Ionio, dall’altra i boschi della Sila) l’attaccante che ha acceso la fantasia degli italiani in vista del Mondiale ha mosso i primi passi, inseguendo sogni e palloni. E’ il suo posto dell’anima, quello che non si rinnega mai, neppure quando diventi ricco e famoso, con i giornalisti in pressing costante, ma dribblati come difensori. Bocchigliero è l’incipit di una storia che sembra destinata al lieto fine, nonostante i tanti capitoli da scrivere. Bocchigliero è molto, ma non è tutto. Ci sono altri due luoghi speciali: Mirto Crosia e Longobucco. Se uniamo questi tre paesi, formiamo un triangolo: circa 50 chilometri in linea d’area. Il colore dominante è l’azzurro: come il cielo, come il mare. Anche in inverno. Ma l’azzurro nel calcio vuol dire Nazionale. Berardi appare un predestinato e il suo triangolo speciale ne è una prova: allargando i lati, sulla cartina i nomi dei paesi diventano Cerisano, Corigliano e Cutro. E allora, direte? Beh, lì sono cresciuti Simone Perrotta, Gennaro Gattuso e Vincenzo Iaquinta, i tre calabresi campioni del mondo nel 2006. Potrebbe essere un buon motivo per consegnare un biglietto a Berardi con destinazione Brasile. Se dovesse accadere, a Bocchigliero sarà Carnevale. Come domenica scorsa.
Palleggi infiniti Francesco Marra snocciola ricordi su un bimbo biondo nato per giocare a calcio. «Quando Domenico aveva 7-8 anni è entrato a far parte della squadra del paese, ero il direttore sportivo. A quell’età tutti sognano di diventare calciatori, lui pensava solo a divertirsi. Magari palleggiando per 20 minuti senza mai sbagliare. Un fenomeno». A Bocchigliero sono tutti orgogliosi di Berardi: «E’ nato a Cariati perché lì c’è l’ospedale, ma è di qui. Lui lo puntualizza sempre le poche volte che parla...». Già, perché questo carattere ombroso da far storcere il naso agli addetti ai lavori? «E’ soltanto timido e riservato - spiega Marra -. Non dimentichiamo che ha 19 anni: Bocchigliero è la sua isola». Dove è stato fondato il primo fan club Domenico Berardi: quando gioca il Sassuolo questo angolo nascosto di Calabria si trasforma nella via Emilia. Dopo il quarto gol al Milan la gente festeggiava in strada. E siccome gli iscritti sono in aumento (Bocchigliero ha 1.444 abitanti), a breve sarà inaugurata la nuova sede. «Sarebbe bello se venisse Domenico. E sarebbe ancora più bello se Prandelli lo convocasse per il Mondiale. Seguiremmo le partite in piazza...» sussurra Marra. Bocchigliero, dunque. Fino a 10 anni. Poi il lato del triangolo magico si sposta a Mirto Crosia, sulla costa. Dove il padre Luigi, dipendente Anas, e la mamma Maria vivono tuttora.
Gol e birichinate «Era il capitano, il più forte. Ma di allenarsi non aveva voglia. I compagni facevano giri di campo, mentre lui restava a palleggiare. E allora gli ho detto di andare via: non era un buon esempio. A testa china ha obbedito...». Paolo Conforti, ex portiere, è stato l’allenatore che ha capito in un amen le qualità di Berardi. «Talento puro, ma il carattere andava forgiato. Il giorno della sgridata è tornato indietro dopo 10 minuti, chiedendo scusa a tutti. E’ un po’ così, va instradato. Ma non in campo, i movimenti che ha fatto anche contro il Milan, quel suo andare da destra a sinistra per poi calciare all’improvviso, sono doti naturali. Lo fa d’istinto. Per questo è letale». Berardi nella stagione 2006-2007 gioca nel Castello segnando a ripetizione: calcio e calcetto. «Facevamo entrambi i campionati. E lui era fortissimo pure nel campo piccolo: una volta a Oriolo con un tiro dalla sua area mise k.o. la traversa. E lo fece calciando di destro... Non è un caso». Il piede naturale di Domenico sarebbe il sinistro. Sarebbe. Ancora Conforti: «Alla fine dell’allenamento lo mettevo a calciare con i portieri: dieci palloni per volta. Anche per mezz’ora di fila: sinistro e destro. Faceva caterve di gol». Troppi gol per la categoria Allievi provinciali. Ecco perché l’anno dopo è tesserato con l’A.C. Rossano che partecipa ai tornei regionali. L’allenatore resta sempre Conforti, ma oggi questo passaggio è tornato d’attualità per il premio preparazione (una sorta di riconoscimento per chi ha cresciuto un futuro giocatore professionista) che il Sassuolo deve versare. Circa 20 mila euro, una inezia considerando l’attuale volere del cartellino (più di 20 milioni) a metà tra neroverdi e Juve (a proposito: a 12 anni il ragazzo disse no a un possibile trasferimento a Torino, non voleva lasciare la Calabria). Ma da queste parti è una questione d’onore come spiegano Conforti e Riccardo Voltarelli (papà del cantautore Peppe, quello del Parto delle nuvole pesanti), preparatore atletico del Castello. «Quando nel 2009 il Sassuolo decise di tesserarlo, il dirigente Gianni Soli ci disse che se non rinunciavamo al premio preparazione lo avrebbero rispedito indietro. E noi abbiamo dato la nostra parola per il bene di Domenico. E intendiamo rispettarla». L’affare concluso dal Sassuolo è stato solo sfiorato da Napoli, Cosenza e Spal. I primi avevano messo nel mirino il giocatore con Pierpaolo Marino nel 2006, ma poi il d.s. cambiò aria. I secondi avevano un accordo con il Castello, diventata società satellite dei rossoblù. Berardi insieme con il compagno più fidato (Francesco Scervino, ovviamente di Bocchigliero) andarono con Voltarelli a parlare coi dirigenti. Ai due ragazzi fu pure mostrato da dentro lo stadio San Vito. Rimasero affascinati. Poteva essere il preludio al trasferimento, ma nulla. Con la Spal il provino andò bene, ma la risposta fu: «Grazie, davanti siamo coperti...». Il resto è storia nota: la partita di calcetto a Modena con gli amici del fratello, le solite meraviglie e il successivo test col Sassuolo. Che lo tessera nell’autunno 2009. Alla fine della nostra storia manca l’ultimo tassello: Longobucco.
In nome di Domenico Ritorniamo tra i monti della Sila per andare a scovare la casa dei nonni materni a due passi dalla piazza principale. La signora Caterina segue le imprese del nipote e ne discute col marito, Domenico. Già, l’attaccante porta il nome del nonno. Ecco perché Longobucco è il terzo lato del triangolo. La nonna ricorda: «Fingeva sempre mal di pancia per non andare a scuola, poi scampato il pericolo lo ritrovavi col pallone sotto braccio: correva a giocare e ritornava a casa felice. “Oggi ho fatto quattro gol, nonna” gridava». Beh, non è cambiato molto il mondo di Berardi, mal di pancia a parte.