Federico Fubini, la Repubblica 15/1/2014, 15 gennaio 2014
SVENDO ORO – [QUEI NEGOZI CHE NON LUCCICANO PIÙ]
La notte è scesa da un pezzo su via Mura dei francesi, all’estrema periferia sudest di Roma, ma il registro di Golden Island parla chiaro: oggi solo un ciondolo di oro giallo “a forma di nave”. Due grammi da 18 carati pagati quaranta euro, e nient’altro. Si è presentata una signora in mattinata, ha preso i suoi quattro biglietti da dieci per pagare una bolletta e poi non si è più visto nessuno.
David Campomaggiore, 31 anni, non si perde d’animo per questo e sta mettendo a punto nuove tecniche per incoraggiare la clientela. All’ingresso del suo Compro Oro a Ciampino un cartello promette un gratta e vinci in omaggio per chi venda anelli o bracciali in quantità congrua. La bigiotteria e gli orologi in saldo al 50%, esposti nelle vetrine, tolgono alla sua piccola catena di negozi quell’aria da banco dei pegni che a volte paralizza di pudore anche gli avventori più pressati dal bisogno. Ma neanche le strategie di marketing possono cancellare la realtà: sui Compro Oro che hanno trasformato il volto di centinaia di città in Italia e in Europa del Sud in questi anni è calata la recessione. Negli ultimi mesi il 30% nei negozi della categoria in Italia ha chiuso. Falliti, o piegati da un mercato avverso.
È stata una selezione brutale e inaspettata. Il numero dei Compro Oro si era moltiplicato per cinque in soli due anni, scrive la Guardia di Finanza in un recente rapporto dove ricorda di aver scoperto fra di essi l’11% di evasori totali in un’inchiesta a campione. Se ne contavano 20mila nel 2011 ma erano saliti a 38mila circa alla fine dell’inverno scorso, secondo le stime di Nunzio Ragno, il commercialista di Bari che presiede l’associazione nazionale “Tutela i Compro Oro”.
Alla fine del 2013 però, stima Ragno, il numero di esercizi in funzione era già sceso a 26mila con un crollo del 40% del giro d’affari. Solo nella scorsa primavera, ci sono stati certi fine settimana che ne hanno falcidiati a migliaia in tutto il Paese. Dalla chiusura di Wall Street del venerdì sera alla riapertura della Borsa di Tokyo il lunedì nelle prime ore del mattino, il prezzo dell’oro puro all’oncia aveva subito una tale débâcle non c’è stato neppure tempo di venderlo. Alcuni Compro Oro hanno perso 50 o 60mila euro nei week-end di primavera, solo per la differenza nel prezzo globale del metallo tra il momento in cui compravano monili o denti d’oro da anziani e padri di famiglia alle strette e quello in cui riuscivano a rivendere a una fonderia. E alcune fra queste, meglio nota agli addetti come “banchi metalli”, hanno subito perdite da 600mila o 700mila euro da quando prendevano la merce all’ingrosso dai Compro Oro e il momento in cui la trasformavano in lingotti in Svizzera, a Londra e a New York.
Un intero settore prodotto dalla grande recessione, animato spesso di macellai o calzolai che chiudevano per riaprire sotto un’altra insegna, conosce anch’esso la sua crisi. Fulminea come l’ascesa che l’aveva preceduta. Solo fra il 13 e il 15 aprile, la quotazione globale è crollata dell’8 per cento. All’inizio dell’anno scorso l’oro puro passava di mano a 44 euro al grammo, oggi viaggia a fatica attorno ai 29.
David Campomaggiore non immaginava una parabola del genere quando nel 2010 si licenziò da Alitalia, a 27 anni. Aveva un posto che allora sembrava più o meno fisso, da colletto bianco, ma voleva mettere alla prova la sua idea. Riempie un formulario in Questura a garanzia che la sua fedina penale è pulita, ottiene la licenza e nel giugno di quell’anno apre il suo primo Compro Oro, a Centocelle. È un investimento da 40 mila euro: bilancia, vetri blindati, la cassaforte, il banco, l’affitto di un piccolo fondo commerciale. La scelta di tempo è perfetta, perché proprio allora la Grecia e il falso senso di sicurezza del club dell’euro stanno andando tragicamente in pezzi. Sono anni buoni quasi solo per chi compra bracciali, anelli, orecchini e protesi dentarie. Sospinto dall’incendio finanziario che divampa in Europa e dal trauma di Lehman Brothers, l’oro è entrato nella fase più ripida della sua ascesa.
John Maynard Keynes lo definiva un cimelio barbarico; gli economisti di oggi, che si pretendono più asettici, lo chiamano bene rifugio. Nella fase iniziale della crisi bastava comprarlo dagli avventori e rivenderlo un paio di settimane dopo a una fonderia per guadagnare sulla differenza di prezzo. «Allora era facile andare bene e moltissimi si sono buttati in questo campo per trovare un impiego — dice Campomaggiore — . Pochi ci capivano davvero qualcosa».
In alcuni casi non è stata solo ignoranza, in realtà. Nunzio Ragno, il rappresentante della categoria, riconosce che almeno in un caso su cinque ci sono stati comportamenti apertamente criminali: truffa sul peso dell’oro, riciclaggio, esercizi abusivi, frode fiscale. Ma ancora più semplice diventa guadagnare con un Compro Oro nel 2011, quando il contagio finanziario raggiunge l’Italia, lo shock sui mercati spinge la quotazione del metallo sempre più in alto, sempre più in fretta, e la recessione inizia a schiacciare milioni di famiglie. Per pagare il mutuo o le cure mediche, o semplicemente per approfittare delle quotazioni elevate, milioni di italiani iniziano a disfarsi dei monili lasciati nei cassetti di famiglia per generazioni.
Un giorno nel Compro Oro di Campomaggiore a Centocelle si presenta un’anziana signora con talmente tanto oro da vendere che lui si fa prestare in poche ore tutti i soldi che può da familiari, amici e conoscenti. Non voleva perdere il cliente. Oggi mostra il registro di allora: a ogni pagina sono transazioni da 6mila euro, o 2.500, o moltissime da 990 perché chi vende vuole uscire dal negozio con il denaro contante in mano e il governo di Mario Monti lo ha appena limitato a mille euro.
Altri tempi. Gli ex negozianti in carne, giocattoli o sartoria, gli ex funzionari di Alitalia, gli ex impiegati licenziati che hanno reinvestito la liquidazione o i criminali in servizio permanente, grandi e piccoli, avevano aperto i Compro Oro nelle periferie d’Italia, ma hanno perso di vista i grandi spostamenti globali. Solo nel 2013, la Federal Reserve ha stampato e immesso sui mercati finanziari circa mille miliardi di dollari per favorire la ripresa e la Banca del Giappone l’ha imitata con l’equivalente di circa cinquecento miliardi. La liquidità delle banche centrali e gli accennidi rinascita negli Stati Uniti ha sospinto in forte rialzo le Borse di New York, Tokyo e di quasi tutti gli altri i centri finanziari. Persino Piazza Affari ha chiuso in progresso per la prima volta da anni. È per questo che le banche e i grandi fondi d’investimento hanno venduto l’oro che cercavano negli anni del panico, per reinvestire in Borsa, infliggendo al metallo giallo il crollo più drastico degli ultimi 32 anni.
È questo l’ingranaggio in cui decine di minuscoli Compro Oro in Italia, Spagna o Grecia sono rimasti stritolati. David Campomaggiore ha notato che molti dei suoi concorrenti di quartiere tardavano ad adeguare i prezzi al ribasso dopo ogni caduta delle quotazioni. «Non s’informavano sulle decisioni della Fed», constata. Alcuni da allora hanno chiuso anche perché la clientela ha iniziato a vendere meno oro possibile: giusto quanto basta per pagare una bol-letta, o una rata dell’auto. Di questi tempi, al Golden Island di Ciampino spesso gli avventori vendono un orecchino e si tengono il secondo sperando che i prezzi risalgano. Può essere un segno che la morsa della recessione si sta allentando sugli italiani ma, forse perché sono in conflitto d’interessi, gli uomini dei Compro Oro non ci credono. «Ci sono ancora tanti gioielli in Italia — dice Nunzio Ragno — ma ormai sono rimasti in gran parte in mano a chi non ha bisogno di venderli».
David Campomaggiore ormai certi giorni fa affari da 15 euro o da 80. Una scatola d’argento, un anello della comunione. Ha reinvestito i guadagni degli anni scorsi aprendo un negozio da gommista e un distributore automatico di oggetti erotici in due periferie romane. Ma non perde fiducia. «Spero che questa crisi — dice — allontani chi è poco onesto e lasci in piedi solo noi, i professionisti seri».