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 2014  gennaio 15 Mercoledì calendario

IL MIO TOLSTOJ [ERMANNO OLMI UN RIVOLUZIONARIO COL CUORE BAMBINO]


Gli occhi di Ermanno Olmi ridono molto, e spesso. Allarga lo sguardo e sembra ti osservi con lo stupore di un bambino, come fosse lui stesso un personaggio tolstojano: è un saggio che non si vergogna del candore, come il protagonista di Guerra e pace, Pierre Bezuchov. «È che Tolstoj mi accompagna giorno e notte, da quando sono ragazzo», dice dolcemente mentre ti accoglie, vestito con una morbida tuta da ginnastica casalinga, in questa sua casa quasi perduta sull’Altopiano di Asiago. Il fatto è che Olmi ha accettato con entusiasmo, poco tempo fa, di scrivere una (peraltro straordinaria) prefazione alla nuova edizione de I quattro libri di lettura: che è un’opera ingiustamente considerata minore del grande scrittore russo. È una raccolta di favole, storielle, piccoli scritti didattici e parabole destinata ai bambini e ai ragazzi: pagine dotate di sostanza mitologica, quasi religiosa. «Le dico di più: I quattro libri di lettura sono tra le pagine più alte di tutta l’opera di Tolstoj. Ma attenzione. Per capirlo davvero, fino in fondo, bisogna prima toglierlo dal piedistallo sul quale è stato messo». Aggiunge che sono giornate molto pesanti, dato che ha appena iniziato le riprese del suo nuovo film, 14-18, dedicato al primo conflitto mondiale. Dettaglio non trascurabile, perché il regista dell’ Albero degli zoccoli ha oggi 82 anni e si muove con una certa fatica. «Sul film le dico solo questo: da un lato, la guerra offende tutto quel che c’è di umano nelle persone. Dall’altro, capisci che quel che perdi è soprattutto una cosa: l’opportunità di amare».
Maestro Olmi, cominciamo da questo libro "dimenticato" in cui c’è quasi tutto il mondo tolstojano: la vita, la morte, il conflitto, le condizioni sociali, la natura...
«Proprio così. Lui aveva già scritto molti articoli e saggi sul tema della scuola, sulla necessità dell’educazione, soprattutto per i contadini. Era un’ossessione. Per lui era cruciale far uscire la gente comune dall’ignoranza, in un mondo in cui si riteneva che i poveri dovessero rimanere degli "stupidi", nell’accezione borghese del termine. Non a caso fu Lenin a dire che l’inizio della grande rivoluzione russa è Tolstoj».
Curiosamente, I quattro libri hanno molti punti di contatto con le Confessioni, ripubblicato recentemente da Marietti, proibito fin dopo la sua morte. Dicevano che il suo fosse un cristianesimo anarcoide. È così?
«Ma il cristianesimo non può che essere anarchico!E il primo rivoluzionario è proprio Cristo, perché è il primo a dare all’uomo la libertà d’essere una creatura degna e non sottoposta, una creatura dotata di autonomia assoluta, non solo un servitore di Dio. C’è in questo una totale coerenza in Tolstoj: quando lui anima la scuola nella sua grande casa di Jasnaja Poljana, propone la liberazione della servitù della gleba.
Con il risultato paradossale che i contadini si chiedono esterrefatti: "Cosa ci sarà sotto?"».
«Per trovare la felicità bisogna amare la felicità degli altri»:è una frase tolstojana citata da Eugenio Scalfari, che individua molti punti di contatto tra Tolstoj e Bergoglio. Che ne pensa?
«Sì, la felicità degli altri è la mia felicità, proprio come in un rapporto d’amore, compreso quello omosessuale: l’avrebbe potuta dire anche papa Francesco. Una sensibilità viene dall’esser stato testimone vero del dolore umano, dello squallore, della sopraffazione, nelle quali ha visto l’immagine del Creatore offesa. Vediamo oggi le piazze e le chiese riempirsi per Bergoglio, e ci chiediamo che fenomeno sia. Semplice: è bisogno d’amore. È il conforto di chi ci dice che è l’amore il senso dell’esistenza. Al contrario, è criminale la società del consumo, è la bugia più grande. Consumare è il simulacro del piacere, il resto è solitudine.E per Tolstoj ci sono solo due modi per arrivare alla verità: o l’arte più alta del pensiero, o l’innocenza dei bambini. Sa cosa diceva? "Io sfido i più grandi scrittori a scrivere come scrivono i bambini". E, badate bene, lo dice da scrittore. Come Picasso, il cui più grande desiderio era quello di disegnare come i bambini. Tolstoj e Picasso, due ribelli. E nella nostra storia c’è un altro grande ribelle che voleva ritrovare la purezza dei bambini: San Francesco. Che, guarda caso, è il nome che si è scelto questo papa. Tutto torna, vede?».
L’impressione, leggendo I quattro libri di lettura, è che Tolstoj ci voglia dire che non c’è conoscenza senza poesia.
«Esatto. Tutto quel che accade non per amore è quantomeno un’occasione sprecata. I bambini - questa è la convinzione di Tolstoj ma anche la mia - sono soprattutto poesia. Poesia che non è intesa ad essere poesia, ma la poesia dell’innocenza. Il bambini fanno poesia senza saperlo. Lo sa cosa mi disse un giorno Pasolini?».
Cosa?
«C’era un festival in Svizzera dove ero andato a rivedermi Uccellacci e uccellini. Lì incontro Pasolini, che era a sua volta venuto per vedere un mio vecchio film su Giovanni XIII, E venne un uomo. Solo che la copia non era buona, era piena di difetti, righe, strisce, sporcizia. Mi dispiacque molto, ma Pier Paolo mi disse: "Non ti preoccupare, Ermanno. Ricordati che se c’è anche solo un frammento di poesia, quello è poesia". Mi è tornato in mente quando ho visto che questo libro è fatto anche di piccoli racconti, favole, storielle, parabole anche minuscole. È così, la poesia: ti lusinga,e tu cerchi di acchiapparla.E quando credi di riuscirci, ti ritrovi tra le mani un altro pezzo di poesia».
Attraverso queste favole, Tolstoj parlava ai ragazzi anche della morte. Paradossalmente, la sua stessa morte è uno degli episodi straordinari della sua vita, con quella incredibile fuga in treno fino alla sua fine, nella stazione ferroviaria di Astapovo. È vero che lei voleva fare un film sulla fuga e la morte di Tolstoj?
«Sì. Ma prima devo fare una premessa. Trai libri che io devo tenere sempre con me, ovunque vada, ci sono Tolstoj, i Vangeli e la Genesi. Ho bisogno di poter ricorrere a queste pagine in qualsiasi momento, è più forte di me, a cominciare dalla trilogia Infanzia, Adolescenza e Giovinezza, il suo esordio. Tutto nasce dall’idea che è necessario morire per rinascere: ogni volta che raggiunge il massimo della potenzialità espressiva in un certo senso deve morire, artisticamente parlando. Non ha scelta, perché se non muore ogni volta, la sua arte diverrà la sua gabbia. La moglie, Sofia Andre’evna, lo tormenta, il suo status di scrittore grande e celebrato lo soffoca. Gli fa orrore. Così quando lei gli chiede di frequentare la bella società, lui se ne sta ore a lustrare gli stivali. Alla fine, pur anziano, decide di fuggire. Fugge per morire, e vuole morire per non farsi mummificare».
E lei perché poi non lo fece, quel film?
«Sin dal 1978 volevo che il seguito dell’ Albero degli zoccoli fosse il film sulla morte di Tolstoj. Ci tenevo molto. Ho cominciato a indagare, ho preso contatto con gli eredi, ho provato a vedere se era possibile costruire una storia che fosse cinematograficamente coerente. Poi un giorno incontro Alberto Cavallari e gli racconto per filo e segno del mio progetto. Passa il tempo e io mi ammalo gravemente, sto tra la vita e la morte per sette mesi. Dopo un po’ scopro che Cavallari dà alle stampe un suo libro proprio sulla fuga di Tolstoj. In cuor mio considerai chiusa quella storia».
Al cinema e in televisione, Tolstoj troppo spesso viene schiacciato sugli stereotipi. Eppure nelle sue pagine c’è anche una carica ferocemente ironica...
«L’ultimo Anna Karenina della Rai non l’ho visto. Sa, io vado a letto alle otto di sera... Il Guerra e pace di qualche anno fa, quello sì, era tremendo. Ma attenzione: non è il mezzo a dannare Tolstoj. Molto spesso le sue più grandi pagine apparivano proprio sui cosiddetti feuilleton. Era il modo per non far essere la letteratura un privilegio di pochi. D’altronde, non dobbiamo noi stessi fare l’errore che rimproveriamo agli altri, ossia quello di farne un intoccabile. Per esempio leggendo i Diari- io li ho consultati in parallelo con quelli della moglie Sofia- ho scoperto che anche in età avanzata aveva questo problema, come dire, col sesso... insomma, proprio non riusciva a fermarsi, con queste contadinelle che affollavano i campi di Jasnaja Poljana. A un certo punto, per cercare di spegnere i bollenti spiriti, decide di spostare da solo nella notte un armadio pesantissimo, sudando come un pazzo. Ma gli ardori non riesce affatto a spegnerli! D’altronde, quello che per anni gli fece da cocchiere, beh, era proprio il suo ritratto».
L’altro grande tema dei Quattro libri di lettura è la natura. È quel panteismo che troviamo tante volte in Guerra e pace o Anna Karenina.
«La sensibilità di Tolstoj sulla natura è assolutamente attuale. Oggi utilizziamo la biologia per offende la natura, modificandone l’onestà. Ci dicono che con gli Ogm sfameranno il mondo, ma sappiamo bene che dietro ci sono solo motivi economici. Stiamo uccidendo la nostra madre. E la cosa peggiore sa qual è? Che non ci ribelliamo».