Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 15/1/2014, 15 gennaio 2014
ECCO LA PROVA, DI TASSE SI MUORE
Sul consuntivo dei conti pubblici a fine 2013 è ancora suspense. Se a novembre è stato raggiunto un nuovo record per il debito pubblico, che secondo l’ultimo bollettino della Banca d’Italia è arrivato a 2.104 miliardi di euro (+18,7 miliardi rispetto ad ottobre), tutto dipende da come sono andati i versamenti dell’Irpef e dell’Irap a dicembre, visto che quest’anno la scadenza è stata spostata al 2 dicembre poiché il 30 novembre è capitato di sabato. Anche per l’Ires la scadenza è stata rinviata, al 10 dicembre.
Per quanto riguarda l’andamento del debito pubblico nel mese di dicembre, Banca d’Italia ha fatto presente che è molto probabile che il debito si sia fortemente ridotto, riflettendo un consistente avanzo e il netto calo delle disponibilità liquide del Tesoro, tornate a fine anno poco al di sopra del livello di fine 2012. L’incremento dello stock nei primi undici mesi dell’anno (114,6 miliardi) ha riflesso principalmente il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (90,2 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (24,6 miliardi). Sul fabbisogno ha inciso per 12,8 miliardi il sostegno finanziario ai paesi dell’area dell’euro, in particolare, la quota di competenza dell’European Financial Stability Facility (Efsf) di 6,7 miliardi e la terza e quarta tranche dell’European Stability Mechanism (Esm), complessivamente pari a 5,7 miliardi.
Per quanto riguarda l’inflazione, sempre ieri, l’Istat ha confermato che il tasso medio annuo per il 2013 è stato dell’1,2%, in decisa frenata rispetto al 3% registrato nel 2012, il livello più basso dal 2009. Sul rallentamento hanno influito «principalmente gli effetti della debolezza delle pressioni dal lato dei costi, in particolare degli input energetici, e quelli dell’intensa e prolungata contrazione della spesa per consumi delle famiglie».
Arriviamo al punto cruciale: l’andamento delle entrate fiscali è insoddisfacente. I dati contabilizzati dalla Bankitalia fino a novembre indicano incassi per 339,1 miliardi, rispetto ai 341 del corrispondente periodo del 2012. Gli accertamenti a fine ottobre di cui ha dato conto il Bollettino statistico del Dipartimento delle entrate indicavano già nel complesso una stasi completa: -848 milioni di euro, pari al -0,3%. Un risultato che tiene conto per un verso del peggioramento del pil, che a fine d’anno dovrebbe essere calato dell’1,8%, e del fatto che nei diversi comparti tributari sono stati registrati andamenti molto differenziati tra di loro.
Dei dati cumulati a fine novembre, solo le imposte sui redditi da capitale hanno dato soddisfazioni all’Erario. Per tutto il resto è un pianto: dalle imposte di registro (-220 milioni) all’IVA (-3.320 milioni), con un crollo ulteriore di quella riferita alle importazioni (-18,7%). Prendendo come base il 2011, quando gli accertamenti Iva a novembre erano arrivati nel complesso a 101 miliardi, nel 2013 si è arrivati appena a 96 miliardi: sono stati persi 5 miliardi tondi di entrate. Gli aumenti delle aliquote riescono a far galleggiare a malapena il raffronto con il 2012, registrando comunque un calo di 3,3 miliardi, pari al 3,2%. Tra il rallentamento dell’inflazione ed il calo dei consumi, inasprire le aliquote non basta neppure a mantenere inalterato il prelievo.
I dati dei versamenti di dicembre ci diranno com’è andata per le entrate del 2013 e che ne è stato del livello del debito pubblico. Di sorprese ne avremo sicuramente poche, perché abbiamo già una sola certezza: il risanamento non c’è stato. L’avanzo primario è insufficiente già rispetto all’obiettivo di stabilizzare il debito, mentre il deficit annuo è rimasto inchiodato al 3% del pil. Anche la politica di rigore, che ha aumentato le tasse e le imposte con ferocia rivoluzionaria, ha perso la sua spinta propulsiva.