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 2014  gennaio 15 Mercoledì calendario

PERCHÉ NON VOTARE PER LETTERA?


Ho sentito in ritardo (via internet) l’intervista data da Emma Bonino al telegiornale di La7 a fine anno. E mi sento esposto al fuoco amico. Come nella prima guerra mondiale, vai all’attacco e ti sparano alle spalle quelli che dovrebbero essere i tuoi amici. In questi ultimi tempi, i colpi peggiori in politica arrivano da quella che, in teoria, dovrebbe essere la tua parte. Il nostro ministro degli Esteri propone di abolire il voto per gli italiani all’estero perché la legge voluta da Tremaglia nel 2006 è un gran pasticcio. Su questo punto, ha ragione. Il sistema escogitato per gli «esuli» è semplicemente orripilante. Ma Frau Emma continua: deve votare chi paga le tasse in Italia. Me lo disse una decina d’anni fa anche Walter Veltroni, che era mio vicino di pianerottolo a Roma.
Veltroni, come tutta la sinistra, da sempre, aveva paura della nostalgia degli immigrati. Erano convinti che avrebbero votato in massa per la destra. Si è dimostrato il contrario: fu grazie a loro che Prodi conquistò, a suo tempo, una risicata maggioranza. Gli italiani all’estero votano, grosso modo, come i connazionali che non hanno lasciato il loro paese. E, ne sono sicuro, sono, in media, più informati di quelli che sono rimasti in Italia. Non tutti si limitano a guardare la nostra tv via satellite. Seguono i telegiornali locali e i giornali del paese in cui si trovano. Perfino quelli che non leggono, sono confrontati con altri sistemi sociali che funzionano meglio del nostro, e si pongono delle domande.

Mi dispiace per la Bonino, che anch’essa, oggi, abita nel mio quartiere a Roma, ma parlare di tasse ci fa ripiombare nell’Ottocento, quando si votava per censo. E, da qualche parte, anche in base all’istruzione ricevuta. Nullatenenti e analfabeti non avevano il diritto di far sentire la loro voce. Qualcuno ne è convinto ancor oggi, ma non dovrebbe trovarsi a sinistra, sempre che questa definizione abbia ancora un senso.

Poi, purtroppo, le tasse le paghiamo, almeno quelli che hanno una casa in Italia. E, dato che si vive all’estero, si paga l’Imu come seconda casa. Non parlo per me, ma si ritiene equo punire i calabresi o i siciliani costretti a trovare lavoro da queste parti? Paghiamo anche per i servizi, in genere scadenti o insufficienti, e comunque che utilizziamo ben poco. Grazie a Monti, si paga anche sulle case all’estero, il che viola le regole europee e italiane, perché si tratta in realtà di una patrimoniale. E i servizi li ho da Berlino, Gott sei dank, grazie a Dio, e non da Roma, qualunque sia il sindaco.

I gelatai nostrani, che per amor di patria anche dopo mezzo secolo non si sono iscritti all’Aire (il registro degli italiani all’estero), dovrebbero pagare sui loro Eis Café sperduti nella Foresta Nera o sulle spiagge del Baltico. Hanno fatto ricorso a Bruxelles, e minacciano di chiedere la cittadinanza teutonica. In compenso, sempre la Bonino ci taglia i servizi: oltre l’Istituto di cultura di Francoforte, di cui avevamo già parlato, chiudono anche quelli di Stoccarda e di Wolfsburg, e gli uffici consolari di Norimberga e Saarbrücken.

La proposta della Bonino viola infine la Costituzione: finché si ha la cittadinanza italiana si ha il diritto di votare. Il problema è sul come: fino a pochi anni fa si doveva tornare a casa, e non esistevano i voli low cost. La patria rimborsava il viaggio in treno in seconda classe. Scrissi su Il Giorno un appello a non andare a votare: trovavo ingiusto che io potessi esercitare il mio diritto dato che non era un gran sacrificio pagarmi il biglietto, e altri no. Sempre un voto per censo. Il mio invito era un reato, perché il voto sarebbe un dovere. Ma nessuno mi denunciò, e ormai la cosa è caduta in prescrizione.

Ora si vota anche a Berlino, o a Sydney, ma nella nostra circoscrizione estera: il mio candidato rappresenta una zona che va da Bruxelles a Vladivostock. Chi lo conosce? E se lo conosco, di solito non lo stimo. Perché non votare per lettera come già si fa per le europee? E come fanno tutti i paesi civili, europei e no? All’ultima elezione vinta da Frau Angela il 22 settembre, un quarto dei tedeschi aveva già inviato la scheda per posta settimane prima, perché era in vacanza, o perché non aveva voglia di andare al seggio. Ma in Prussia non si vuol tornare all’Ottocento.