Giuditta Avellina, CQ gennaio 2014, 15 gennaio 2014
FRANCESCO SCIANNA
Se sei nato in Sicilia, per di più in primavera, difficilmente ti troverai a tuo agio sulla neve. Francesco Scianna lo ammette: «Quando abbiamo realizzato lo shooting fotografico ad alta quota per GQ indossavo abiti leggeri. Confesso di aver pensato: “Sono siciliano, ma dove mi avete portato?».
L’attore 31enne, protagonista del film Baarìa di Tornatore (2009), presto sarà un fedifrago nel nuovo lavoro di Ozpetek (Allacciate le cinture, in uscita a marzo), un camorrista pentito in I Milionari di Alessandro Piva, un architetto bulgaro in The Price of Desire di Mary McGuckian, sulla vita di Le Corbusier. Quel che si dice una carriera decollata.
Francesco Scianna ha viaggiato molto. Per anni ha fatto la spola tra Roma e New York – nella prima ci vive, nella seconda è stato per studio e per lavoro – ma ci sono cose che per lui ancora «restano un evento». Come la neve, appunto. «La prima volta che l’ho vista avevo otto anni», racconta. «Era meravigliosa, surreale. Ho continuato per giorni a interrogare mia madre: speravo che nevicasse ancora». Ma la montagna sarebbe rimasta per sempre un luogo quasi esotico: «Amo il mare, vado a pescare al lago. Sciare proprio no».
Dopo mesi passati sul set, Francesco si è concesso una pausa. Attualmente se ne sta a Parigi, dove studia il francese per aprirsi nuove frontiere professionali. Ma ha in programma anche di passare un po’ di tempo a Londra e negli Stati Uniti.
«L’Italia mi manca», chiarisce subito. «Di base vivo sempre a Roma, ma ora che ho due o tre mesi liberi voglio girare, vedere altri posti, seminare». Tra un film e un viaggio, l’attore palermitano si è prestato al servizio fotografico pubblicato in queste pagine, un po’ in stile James Bond. Un personaggio con cui condivide la passione . per l’avventura. «Non si tratta solo delle esperienze che fai girando il mondo. A me piace essere spericolato anche sul lavoro. Mentre studiavo la parte di Francis Turatello per Vallanzasca di Michele Placido, per esempio, sono finito in un certo night club di Milano. Volevo documentarmi, cosi ho fatto un sacco di domande. Troppe. Lì per lì non me ne rendevo conto, ma ho rischiato di brutto». Con l’agente speciale 007 Scianna condivide in realtà anche un’altra passione... «Ah, le donne. Una di loro, in particolare, mi ha fatto perdere la testa: era più giovane di me, bellissima e molto corteggiata. Ho imparato allora che, se non sei pronto a sopportare l’attenzione che una donna può suscitare negli altri, rischi di distruggerti».
La vita insegna. Anche a proteggersi, a piacersi. E a volersi bene. «Da ragazzo ero davvero brutto», prosegue. «Avevo un naso importante, una chioma riccia che detestavo, un ciuffo che mi ostinavo a lisciare. E poi coltivavo strane manie: facevo impacchi , d’olio d’oliva per nutrire i capelli e, fino ai 18 anni, li tagliavo ogni 21 giorni esatti. Poi sono cresciuto, per fortuna, e ho lasciato tutte le mie fissazioni in Sicilia». Ma la famiglia l’ha portata sempre dentro di sé.
«I miei genitori sono sempre stati la mia forza. A volte qualcuno ha detto che sono “insopportabilmente un bravo ragazzo”: be’, che se la prendano con i miei. Lo confesso, praticamente non ho vizi: non mi piace l’azzardo, non gioco a poker, non amo la velocità, le macchine. Reggo pure poco l’alcol. Mi ritengo una persona onesta. E, soprattutto, mi fanno incazzare profondamente le bugie non necessarie».
Francesco Scianna è diventato un uomo con le idee chiare, sui grandi principi come sui dettagli della propria vita. «Fino ai 24 anni mi ostinavo a comprare orribili magliette con le scritte. Non capivo molto di moda», ricorda. «Oggi mi piace lo stile di Volontè e di Mastroianni, ammiro quello senza tempo di Armani e di Dolce & Gabbana. Apprezzo l’eleganza di Louis Vuitton e, più in generale, dei francesi. Ma se nelle occasioni importanti tengo molto alla scelta di un abito, nel quotidiano preferisco girare in maglietta e giubbotto di pelle».
Lontano anni luce dalle passate ossessioni e insicurezze, oggi Scianna è un uomo, a suo dire, decisamente felice. «Crescere, personalmente e professionalmente, fa sempre un po’ paura. È inevitabile. Ma credo che sia proprio il timore di non essere ancora arrivato, di non arrivare mai, a darti una spinta in più. C’è una frase del poeta William Ernest Henley che amo molto e che credo riassuma appieno l’uomo che sono adesso: “Sono io il padrone del mio destino, il capitano della mia anima”. Non la trovi bellissima?».