Ilaria Bernardini, CQ gennaio 2014, 15 gennaio 2014
THOR BJORGOLFSSON
Thor Bjorgolfsson è un imprenditore islandese. Nominato primo miliardario del suo Paese quando aveva quarant’anni, aveva una fortuna calcolata in 2 miliardi di sterline. In seguito alla crisi ha perso molto. Ora è ancora molto ricco ma di certo meno di prima. Lo incontro in un palazzo di vetro, a Londra. Fuori vento, nuvole. Mentre Bjorgolfsson parla, dietro le sue spalle passa un aereo al secondo. Si vedono le finestre dell’Hilton e del Four Season’s.
«Sono cresciuto in Islanda. Ero libero, l’ultimo di cinque figli. Tirato su con la certezza che dovevo riuscire a fare da me, una società libertaria, “ogni cosa è possibile” era il mantra. Da sempre ho pensato: voglio andare via, meglio essere un pesce piccolo in uno stagno grande che essere un pesce grande in uno stagno piccolo. Sono andato in Russia. Sono diventato ricco e senza seguire il mio istinto sono tornato in Islanda. Ero, a quel punto, un pesce davvero grande per un Paese di 250 mila persone.
«Sono caduto. Ero un addict. Sulla strada di un addict c’è sempre qualcosa che lo fa fermare. Anche sulla mia: è come se avessi avuto un incidente per il quale sarei potuto morire. Mi sono schiantato a mille all’ora. All’inizio, in quella che chiamo la prima fase, ero anestetizzato. Nella seconda fase ho cominciato ad arrabbiarmi con tutti: “Perché mi avete fatto questo?” Poi mi sono arrabbiato con me stesso: “Cosa diavolo stavi pensando, Thor?”. Però dovevo capire, cambiare. Altrimenti cosa siamo qui a fare? «Ieri sono stato a un pranzo di amici. Tutti sui 45 anni. Tutti abbiamo avuto una grande crisi esistenziale e spesso anche finanziaria. È stato un pranzo malinconico e però ottimista. Siamo meglio adesso. Ma se dicessi ora ai miei figli: “State attenti alla ambizione sfrenata”, non capirebbero.
«Oggi sono meno ricco e più felice. Pensavo di comandare perché chiudevo così tanti deal. I soldi li so fare. Posso rifarli sempre. A un certo punto puoi entrare in quelle liste dei più ricchi della Terra, per esempio. Pensi che ti basterà, e invece ti chiedi perché non sei più in alto in quella lista? Pensi che ci sarà un sogno che realizzerai e a quel punto sarai felice. Puoi dire: “Voglio uno yacht” o “Voglio andare in vacanza in quella baia”. Poi sei in quella baia e ti sale il bisogno di avere di più. Hai bisogno di deal. Dell’approvazione che ti muoveva a cinque anni, a undici, a sedici.
«Quello che per me è seducente è l’idea. Fare lavorare due, poi quattro, poi cento persone. Ero seduto su questo stesso divano, tempo fa. Eravamo in una riunione. Guardavamo il balcone di una stanza dell’Hilton. Un uomo minacciava di suicidarsi. La fidanzata dietro di lui, la polizia sotto. Dopo tre ore si è buttato. Era un banchiere di Crédit Suisse. Quel giorno abbiamo smesso di lavorare. Siamo andati al pub. Il signore di fianco a noi ha avuto un infarto. Queste sono metafore semplici ma evidenti. Invece quando sei un addict neanche queste sono evidenti. Il tempo che sprechi. Svegliarsi ogni giorno in un albergo lontano da casa. «Le banche hanno creduto in me, mi hanno dato 5 anni per rimborsare il debito. Per ora sono più veloce del previsto. Spero di perdere tutto prima che i miei figli abbiano 21 anni. A parte gli scherzi, darò via i soldi se li avrò. Non c’è niente di peggio dei soldi ereditati. Mio padre è stato ricco, è andato in prigione, poi di nuovo ricco e la mia vita è stata una lotta continua. Non auguro ai miei figli picchi così intensi. Però credo che da qui, dove siamo ora, vediamo meglio.
«Insomma, quanto veloce devi voler andare per decidere di non guardare? Quindi corro ancora, ma mi godo i figli, che sono diventati tre e mi rendono felice. Detto il ritmo. Vado in palestra cinque volte alla settimana. Mi tengo alla giusta distanza per continuare ad avere intuizioni. Voglio meno deal, e meno in generale. Porto i bambini a scuola, li riprendo quando posso, adesso loro mi vogliono, mentre tra dieci anni potranno anche non volermi. Devo capitalizzare su questo ora che penso che essere ricchi sia avere una casa, dei figli, pagare le scuole, mangiare, avere tempo. Tutto il resto è in eccesso.