Tim Small, CQ gennaio 2014, 15 gennaio 2014
METTI UNA SERA AL CASINO’ DI SANREMO A GIOCARE A POKER (PURE ONLINE) CON RONALDO
Arrivo a Sanremo e la giornata è inaspettatamente splendida, il sole è caldo ma l’aria è fresca e tre ore prima, a Milano, pioveva e faceva freddo. M’ero fatto l’immagine di una Sanremo decadente, le palme fuori luogo sullo sfondo grigio, il casinò mezzo vuoto perché la gente ormai gioca solo a poker online e alle slot machine.
Sono qui per incontrare Ronaldo Luis Nazario De Lima in arte Ronaldo, quello che è stato l’attaccante più forte del mondo, quello che ora è cicciotto e se lo cerchi su Google appare in seconda posizione dopo l’altro Ronaldo, Cristiano. È il nuovo testimonial di Pokerstars.it, la poker room online che conta più di 50 milioni di utenti al mondo, 100 mila tornei quotidiani per quattro milioni di euro di premio al mese. E che ha organizzato una parte dell’Italian Poker Tour a Sanremo, che ha portato i suoi fedelissimi online a giocare dal vivo.
Quando arrivo al casinò c’è l’aria di mare e le palme non sono tristi ma rigogliose, serene. Lo dice anche Ronaldo, «è un piacere essere qui a Sanremo, un posto bello, sereno, e giocare a poker è una delle mie passioni». Sono lì con altri 15 giornalisti, forse quello che di carte ne sa meno di tutti. Ce n’è pure uno che viene da una testata specialistica, quindi provo a ricordare se vale di più il colore o la scala per non fare figure di merda.
Sono seduto con gli altri da una parte, Ronaldo e la brand manager di Pokerstars.it in centro. Sembra un pranzo di matrimonio con i microfoni al posto dei tortelli, lui è simpatico, quasi tenero. Non pare l’archetipo dell’ex calciatore triste, anzi, più lo guardo e più mi sembra contento, sereno, felice di aver messo su qualche chilo perché vuol dire mangiare e non allenarsi tutti i giorni. Lo conferma quando domando cosa rimpianga della vita precedente. «Mi mancano le partite, le grandi partite. Non l’allenamento, certo non il ritiro».
Più tardi, quando uno di Libero gli chiede se gli piacerebbe lavorare nella nuova Inter di Thohir e Moratti, risponde: «A fare che?». «L’allenatore, il dirigente, l’uomo immagine», e di nuovo fa capire che si può smettere ed essere felici. «Non farò mai l’allenatore. La routine da giocatore è stata durissima per 20 anni e tornare da allenatore sarebbe tornare nella stessa routine. Fare il dirigente si, mi piace, ora ho un grande ruolo nel comitato organizzatore del Mondiale. Poi non so cosa farò». La risposta viene ripresa da tutti i quotidiani d’Italia con titoli del tipo «Ronaldo: “Moratti, voglio tornare da te”». Misteri del giornalismo.
Sono milanista, ma a Ronaldo voglio bene: è riuscito a trascendere le squadre per cui ha giocato, è diventato beniamino di tutti. Ed è simpatico, genuino. La brand manager di Pokerstars, più tardi, mi conferma: «Piace a tutti». Oggi abita a Londra «per migliorare l’inglese», dice. «Ho sempre fatto tanta pubblicità e continuo a farla, mi piaceva e mi piace ancora. Adesso ho messo su una mia agenzia di comunicazione con un grosso gruppo in Brasile, funziona molto bene». La sua è partner della Wpp, la più grande agenzia al mondo.
Vago per il casinò, noto stanze vuote (quelle del blackjack), stanze semipiene (con le slot machine). Poi arrivo nella stanza principale, forse 400 persone dove dovrebbero starcene 70, ed è quella del torneo Itp-Pokerstars.it: 700 chip che battono l’una contro l’altra, suona come una valanga.
Passo in albergo a prepararmi a riparlare con Ronaldo, stavolta uno contro uno, e penso che in realtà l’oggetto dell’incontro è la storia di cosa fanno i calciatori quando smettono di giocare. Uomini che hanno dedicato la vita a un gioco, spesso a discapito dello studio, inseriti in un sistema in cui tutti i loro amici sono miliardari e vivono da miliardari, a 22 o a 25 o a 28 anni. Poi magari ti salta il crociato e non sai fare nient’altro.
Torno al casinò e gli faccio le domande sui calciatori dopo il calcio. Lui si ferma, abbassa il mento e in tono pacato dice: «Io ci avevo pensato prima di smettere, avevo programmato la mia vita. È raro. Quelli che vedi in tv, che allenano, che fanno gli opinionisti, sono una minoranza. La maggioranza smette e non sa cosa fare. Anche quelli che hanno preso tanti soldi: quando smettono vorrebbero mantenere lo stesso standard di vita ma lo stipendio non arriva più e continuano a spendere. Nel giro di un decennio sono li, a 45 anni, senza saper cosa fare, senza soldi. Uomini distrutti. I club dovrebbero proporre ai giocatori a fine carriera dei corsi di approfondimento, per far loro vedere il mondo dopo il calcio. Le Federazioni dovrebbero obbligare le società a offrire un corso in ogni ritiro. Tanto i giocatori sono lì, su Internet o alla Playstation. Sto finendo un progetto per i club, proprio per insegnare ai giocatori come vivere dopo il calcio. È importante seguire la vita».
Forse è un’espressione brasiliana, ma ha senso. Seguire la vita. Ci penso su, lo guardo e aggiunge: «La devi seguire nel modo giusto».